Riflessioni e contributi
della Polizia Criminale
per un clima organizzativo
favorevole all’innovazione
della Pubblica amministrazione
Notevole interesse ha riscosso l’iniziativa promossa dalla Direzione Centrale della Polizia Criminale presso l’ampia e moderna Sala Conferenze della Direzione Centrale dei Servizi Antidroga dove lo scorso 28 maggio si è svolta la 2^ Conferenza sul “Benessere Organizzativo”, in cui si è discusso sui temi della salute e della qualità della vita negli ambienti di lavoro, argomento di sempre maggiore centralità ed interesse nei contesti organizzativi.
All’iniziativa hanno partecipato numerosi rappresentanti di tutte le Forze di polizia e funzionari dell’Amministrazione civile dell’Interno in servizio presso il Polo Investigativo del Compendio Anagnina di Roma. Moderatore dell’evento è stato il dr Fabrizio Ciprani, medico competente per il Dipartimento della Pubblica Sicurezza, il quale ha messo in forte risalto la sensibilità che la Direzione sta dimostrando nei confronti delle problematiche legate alla sicurezza, alla salute e al benessere organizzativo negli ambienti di lavoro, in piena attuazione di quanto previsto in merito ai rischi psicologici nel Testo Unico n. 81 del 2008.
Il vice prefetto dr. Claudio Vaccaro, Direttore dell’Ufficio Affari Generali, a cui va il merito di aver favorito l’organizzazione dell’evento, dopo aver portato agli intervenuti i saluti del prefetto Francesco Cirillo, vice Capo della Polizia e Direttore centrale della Polizia Criminale, ha ringraziato tutti i partecipanti alla Conferenza e, in particolare, i relatori per essersi resi disponibili ad apportare il loro contributo a titolo gratuito su argomenti di così grande rilevanza a livello sociale, soprattutto all’interno di un contesto speciale quale è quello della Pubblica amministrazione e del Comparto Sicurezza in particolare.
Il dr Vaccaro ha esordito ricordando che questa 2^ Conferenza vuole essere una risposta e un momento di riflessione più approfondito rispetto alla prima esperienza del 2008 sullo stesso argomento, che ha avuto notevole successo e gradimento. Di fatto, il benessere organizzativo è un tema che va affrontato tenendo conto della realtà di ogni singola Amministrazione, non considerandola come oggetto astratto, ma come entità formata da persone inserite nelle varie articolazioni e servizi di cui essa è composta, nei campi più disparati. In particolare, di questo va tenuto conto in una Amministrazione pubblica dove sono rappresentate tutte le diverse Forze di polizia, alle quali sono richiesti risultati chiari e concreti in merito ai servizi specifici che sono chiamati a svolgere in qualità di operatori della sicurezza.
Quello attuale è un momento di particolare complessità e contraddizione. Da un lato si osservano forme di presa di coscienza e consapevolezza finalizzate all’aumento della produttività e dell’efficienza, come quello espresso dalla Conferenza in atto, dall’altro i dipendenti richiedono all’Amministrazione di affrontare e risolvere le criticità vissute quotidianamente sia nella veste di utenti e cittadini, che come operatori. In merito a quest’ultimo aspetto, è stato osservato che ogni operatore si sente in uno stato di benessere quando si rende conto di effettuare un servizio di pubblica utilità e che il proprio lavoro porta risultati concreti.
Sull’argomento dello stress lavorativo si è soffermato anche il primo dirigente medico della Polizia di Stato dr Armando Angelucci, attualmente in servizio presso la Direzione Centrale di Sanità, facendo rilevare come la nuova legge introduca il concetto di rischio psicosociale, mettendo in evidenza la rilevanza dell’ambito psicofisico nei rapporti lavorativi, fino ad oggi trascurato. “E’ importante percepire all’interno di sé stessi un senso di tranquillità che consenta di lavorare in modo adeguato. In particolare, quando nei rapporti lavorativi oltre alla componente fisica entrano le emozioni, tali rapporti si trasformano in relazioni. L’armonia di questi due aspetti porta benessere.”
“Lo stress”, ha osservato il dr Angelucci, “fa riferimento a due precisi parametri: uno è legato alla persona e alla sua capacità di sopportare il peso del compito che deve svolgere; l’altro è legato all’entità del compito. C’è sempre un incontro fra questi due aspetti”. Si entra, dunque, in una situazione di stress psicofisico nel momento in cui il compito che deve essere assolto da una persona sovrasta la normale situazione di resistenza della persona stessa.
Un prezioso contributo ai lavori è giunto dal dr Pierluigi Ventura, esperto di formazione presso la società Prateo S.r.l. di Roma. Nel suo intervento egli ha sottolineato il fatto che quando le persone stanno bene producono di più: si riduce la micro conflittualità interna, si è maggiormente disponibili nei confronti dei colleghi, ci si focalizza sulle cose da fare e non sulle mancanze. Anche le teorie della Qualità Totale (nello specifico il Cwqc Company Wide Quality Control, il modello giapponese di approccio alla qualità) parlano delle persone come l'asse portante delle aziende. “Nella società della conoscenza, come qualche sociologo ha definito l'era nella quale stiamo vivendo, l'importanza che le ‘Risorse Umane’ assumono è sempre maggiore. Si va sempre più riducendo il confine fra lavoro e tempo libero: con il PcC portatile, il telefonino sul quale si possono leggere le e-mail e lo sviluppo della tecnologia in generale, viene chiesta alle persone un’attenzione maggiore al momento lavorativo. Tanto più esse sono motivate, soddisfatte, contente di ciò che fanno, tanto meglio risponderanno a queste sollecitazioni.”
Il prof. Riccardo Fenici, direttore europeo della “Society for Police & Criminal Psychology” e professore di cardiologia presso il Policlinico A. Gemelli, si è molto soffermato sulla questione dello stress, definendolo “sinonimo di disagio o sofferenza, stimolo nocivo spesso di alterata interazione tra l’individuo e situazioni ambientali che superano la sua capacità di reazione appropriata ed efficace”. In particolare, il prof. Fenici ha descritto le situazioni di stress dell’operatore di Polizia che spesso è chiamato a lavorare nell’emergenza e, non infrequentemente, a rischio della propria incolumità. E’ importante riconoscere i segnali di stress nell’operatore di Polizia, così come è fondamentale evitare di sovra o sottostimarne il significato, entrambi atteggiamenti potenzialmente dannosi. “E’ necessario – ha affermato il prof. Fenici - saper riconoscere la comparsa della reazione da stress tanto in sé stessi quanto negli altri. I sintomi possono essere dovuti a disfunzione a diversi livelli: di personalità, fisico e della modalità di espletare il proprio lavoro”.
“Sicuramente l’operatore di Polizia è soggetto a stimoli stressanti nettamente superiori alla media ed è, pertanto, a maggior rischio di sviluppare disturbi psicologici, specie a seguito di eventi traumatici. Da qui la necessità di predisporre, come già fatto in altri Paesi, misure preventive atte a minimizzare potenziali effetti patogeni da stress professionale”.
Per quanto attiene l’organizzazione del lavoro, le moderne teorie di management favoriscono il coinvolgimento, ovviamente nell’ambito e nel rispetto dei vari livelli gerarchici, dell’individuo nel processo decisionale riguardante il lavoro che è chiamato a svolgere, identificando gli obiettivi e le risorse appropriate e favorendo il lavoro di squadra.
Non è possibile entrare ulteriormente nel merito dell’intervento del prof. Fenici, ampio ed esaustivo sull’argomento dello stress con speciale riferimento agli operatori di Polizia, tenuto conto del limitato spazio a disposizione. Ci auguriamo di poter riprendere il discorso in una successiva conferenza che dia l’occasione di approfondire ulteriormente tali contenuti.
Ma da cosa è scaturita l’idea di discutere e riflettere sull’argomento del benessere organizzativo, attraverso una conferenza che riunisse diverse esperienze e diversi punti di vista sull’argomento, con un focus particolare sullo specifico contesto in cui la Direzione Centrale si trova ad operare? Lo spunto è derivato dalla osservazione dei profondi cambiamenti, anche di tipo organizzativo, che negli ultimi anni la Pubblica amministrazione si è trovata ad affrontare.
Un primo approccio al tema della centralità delle risorse umane si è avuto nel 2001 ad opera della Funzione Pubblica con la cosiddetta “Direttiva Frattini” sulla formazione e la valorizzazione del personale delle Pubbliche amministrazioni, su impulso delle direttive europee al riguardo. Precedentemente, la quasi totalità degli studi inerenti la salute sui luoghi di lavoro per lungo tempo è stata indirizzata essenzialmente al tema della sicurezza, concentrandosi sulla salute fisica del lavoratore. Quando è stato preso in considerazione l’aspetto relativo alla salute psichica, l’indagine era stata rivolta principalmente agli aspetti correlati allo stress piuttosto che agli aspetti positivi legati al benessere: vale a dire che era stato esaminato e considerato l’individuo stressato piuttosto che la sua salute e quella dell’organizzazione.
Solo nella seconda metà degli anni ’80 si è iniziato a considerare, per la salute nelle organizzazioni, l’importanza di aspetti quali il clima e la cultura organizzativa. La Direttiva Frattini, nel definire la formazione all’art. 1 come una “dimensione costante e fondamentale del lavoro e uno strumento essenziale nella gestione delle risorse umane”, ha affermato che “i processi di riorganizzazione delle Pubbliche Amministrazioni, la riforma dei ministeri, [...] e il conseguente nuovo orizzonte delle missioni delle Amministrazioni possono realizzarsi solo attraverso il pieno coinvolgimento del personale e la sua riqualificazione”.
L’obiettivo primario della Direttiva è stato quello di dare impulso alla programmazione delle attività formative in tutte le Amministrazioni, a seguito di efficaci analisi dei fabbisogni, al fine di “assicurare il diritto individuale alla formazione permanente in coerenza con gli obiettivi istituzionali delle singole Amministrazioni”.
In merito a questo aspetto, a fianco delle attività formative e di aggiornamento professionale poste in essere dalle strutture centrali del ministero dell’Interno si sono poste le iniziative direttamente attuate dalla Direzione Centrale della Polizia Criminale che negli ultimi quattro anni, completamente senza oneri aggiuntivi per l’Amministrazione, ha promosso innumerevoli proposte formative e seminariali a favore di oltre 1.300 dipendenti, su materie eterogenee, dall’informatica alle lingue straniere, dalla comunicazione alla sicurezza sul lavoro, a materie di specifica tipologia amministrativo-contabile e giuridica.
Successivamente alla Direttiva Frattini, la cosiddetta “Direttiva Mazzella” del 24 marzo 2004 sul benessere organizzativo è andata oltre il concetto già affermato ed ha enunciato come obiettivo “offrire agli operatori la possibilità di lavorare in contesti organizzativi che favoriscano gli scambi, la trasparenza e la visibilità dei risultati del lavoro, in ambienti dove esista un’adeguata attenzione agli spazi architettonici, ai rapporti tra le persone e allo sviluppo professionale” (art. 1, c. 3), nella consapevolezza che il benessere organizzativo risiede nella qualità della relazione esistente tra le persone e il contesto lavorativo.
Gli elementi necessari ad una sana convivenza organizzativa, infatti, non sono più riconducibili esclusivamente ad un punto di vista gerarchico e procedurale, ma vanno ricercati nelle relazioni e nelle percezioni delle persone coinvolte nel processo lavorativo. Gli elementi su cui le Amministrazioni debbono fondare il perseguimento del benessere organizzativo al proprio interno possono essere ricondotte ad una serie di variabili, tra le quali:
• chiarezza degli obiettivi organizzativi e coerenza tra enunciati e pratiche organizzative;
• riconoscimento e valorizzazione delle competenze e degli apporti dei dipendenti, con l’incentivo alle nuove potenzialità e “pianificando adeguati interventi di formazione”;
• comunicazione intraorganizzativa circolare, con lo stimolo del senso di utilità sociale del lavoro svolto dai propri dipendenti;
• circolazione delle informazioni inerenti i processi lavorativi;
• prevenzione degli infortuni e dei rischi professionali, con l’adozione di ogni azione caratteristiche dell’ambiente nel quale il lavoro si svolge, con la previsione di ambienti di lavoro salubri, confortevoli e accoglienti;
• clima relazionale franco e collaborativo oltre che comunicativo;
• scorrevolezza operativa e supporto verso gli obiettivi, con l’adozione tempestiva delle decisioni necessarie;
• apertura all’innovazione, sia tecnologica che culturale;
• stress, con il controllo dei livelli di fatica fisica e mentale percepiti;
• conflittualità, con la gestione di eventuali situazioni conflittuali esplicite o implicite.
La Direttiva del 24 marzo 2004 del Dipartimento della Funzione pubblica, nel fissare questi obiettivi, indica la necessità che debbano essere perseguiti anche attraverso la responsabilizzazione della dirigenza chiamata ad un’efficace gestione delle risorse umane.
Infatti, se è vero che il cambiamento, l’innovazione della Pubblica amministrazione, passa attraverso la trasformazione del rapporto con le risorse umane impiegate, è altrettanto vero che in questo progetto il ruolo dei dirigenti, identificazione “fisica” dell’autorità astratta, è di fondamentale importanza.
Un dirigente preparato ad esprimere positivamente la sua leadership nel gruppo può rappresentare la leva per acquisire una diversa visione del proprio ruolo all’interno della Pubblica amministrazione, attraverso la costruzione del senso di appartenenza all’organizzazione, la promozione di valori ed obiettivi condivisi, l’incentivazione attraverso meccanismi di coinvolgimento emotivo e di partecipazione attiva che promuovano l’accettazione di impegni oltre l’interpretazione letterale del profilo professionale.
Uno degli itinerari percorribili è quello della promozione di azioni positive finalizzate ad incoraggiare l’abbandono della cultura dell’adempimento, tipica dell’impiegato pubblico, in cui la procedura è applicata a prescindere dai risultati attesi e soprattutto in conformità a prescrizioni provenienti dall’alto senza alcuno spirito di iniziativa, senza porsi domande sul senso del proprio ruolo.
Tanto più una persona sente di appartenere all'organizzazione, perché ne condivide i valori, le pratiche, i linguaggi, tanto più trova motivazione e significato nel suo lavoro. Parallelamente, è opportuno agire su una diversa organizzazione del lavoro, spostando l’attenzione da un’impostazione meramente esecutiva delle attività ad una visione più partecipativa e di responsabilità, attraverso la valorizzazione delle competenze professionali e dello sviluppo delle conoscenze.
Oltre l’obiettivo dell’innovazione tecnologica diventa necessario tenere conto delle differenti esigenze dei dipendenti e dell’evoluzione dei loro bisogni, e, oltre le competenze tecniche, è opportuno curare lo sviluppo delle competenze legate alla dimensione emozionale, ovvero al modo in cui le persone vivono e rappresentano l'organizzazione e, soprattutto, tenere conto dell’ambiente, del clima in cui i dipendenti si trovano a dover lavorare ogni giorno.
Il moderno concetto di salute, dunque, cerca di superare la separazione tra individuo e organizzazione, mettendo in evidenza come entrambi ne siano protagonisti e responsabili. Il miglioramento del clima interno e delle relazioni interpersonali, e più in generale la valorizzazione delle risorse umane, può significare infatti un concreto salto di qualità nell’efficienza dell’intero sistema, secondo un modello ormai da tempo affermatosi nel settore privato. Da questo presupposto deriva la convinzione che le organizzazioni potrebbero progredire e trovare beneficio nel tutelare la relazione con le persone che vi lavorano.
Dagli interventi che si sono susseguiti è emerso con chiarezza che la Pubblica amministrazione non è un mondo astratto e immateriale. E’ piuttosto un’organizzazione di risorse materiali e, soprattutto, umane che ogni giorno contribuiscono al raggiungimento di un obiettivo comune: il pubblico interesse.
Il progresso e l’utilizzo delle nuove tecnologie sono senz’altro necessari per giungere a risultati apprezzabili, ma la vera sfida, quella che fa la differenza, si gioca sul piano dello sviluppo della conoscenza e della valorizzazione del capitale umano: l’obiettivo è far sentire le persone parte importante di quel comune progetto affinché si concretizzi la capacità di crescere e competere che la società attuale richiede anche alla Pubblica amministrazione.
Cooperazione, creatività, benessere individuale, clima organizzativo, ambiente di lavoro, percezione della sicurezza, capacità di comunicare e di affrontare gli elementi critici e i conflitti interni: questi sono alcuni degli aspetti a cui una buona organizzazione dovrà dedicare sempre maggiore attenzione, per il raggiungimento dei propri obiettivi e, quindi, dell’eccellenza.
Si tratta di affrontare una sorta di riconversione di tipo culturale, ponendo le risorse umane al centro dell’interesse dell’organizzazione. Ciò è possibile anche in un contesto organizzativo quale quello del Dipartimento della Pubblica Sicurezza, ed in particolare della Polizia Criminale quale luogo in cui ci troviamo ad operare ed in cui la peculiarità della rappresentanza interforze rappresenta un elemento di complessità, ma, nello stesso tempo, di ricchezza di esperienze da cui può originarsi una pluralità di spunti di riflessione e di successive soluzioni alle problematiche legate alla sicurezza.
La Conferenza è il contributo che la nostra Direzione Centrale ha inteso offrire alla ricerca di quel clima organizzativo favorevole alla promozione dell’innovazione della Pubblica amministrazione attraverso la valorizzazione del capitale umano di cui essa dispone.
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