Orgoglioso di essere stato in Polizia
Pubblichiamo una lettera pervenutaci
da Vincenzo Di Maria, che dopo 41 anni
lascia la Polizia di Stato. La lettera è indirizzata
ad Antonio Manganelli, Capo della Polizia.
“Tra qualche giorno lascerò la Polizia per raggiunti limiti di età, il mio pensiero è rivolto a Lei, dott. Manganelli, che rappresenta la Polizia di Stato e ai tanti colleghi che ho conosciuto in questi entusiasmanti 41 anni di servizio.
Sono entrato infatti nel Corpo delle Guardie di Ps nel dicembre del 1967, frequentando il corso di Allievo Guardia di Ps presso la Scuola di Caserta, e terminando la mia carriera in un’altra Scuola, quella di Peschiera, che non potrò cancellare dal mio cuore.
Sono orgoglioso di avere trascorso la mia vita in Polizia, e se potessi ripeteri questa esperienza umana e professionale che mi ha regalato tante emozioni e gratificazioni. Sono ancora grato alla Polizia di Stato che mi ha permesso di essere utile alla società, e mi conforta sapere dai miei colleghi e dai miei superiori che resterò per lungo tempo nei loro pensieri.
Negli anni particolarmente difficili della mia carriera, che vanno dal 1969 al 1980, ho avuto incarichi assai delicati per il contrasto al terrorismo, ma grandi sono state le gratificazioni che ho ricevuto.
Ho conosciuto dei funzionari che mi piace ricordare: il dr Gallotti, il dr Reccia, l’attuale direttore della Scuola di Peschiera la dr.ssa Ivana Petricca, che hanno ulteriormente stimolato il mio entusiasmo per la Polizia, ed infine il dr Rossano Signoretti, un dirigente assai preparato con un grande spessore culturale, dal quale ho imparato tantissimo e lo ringrazio per la fiducia che mi ha accordato, per avermi concesso di frequentare il Master sulla formazione nelle Scuole di Polizia che si è svolto presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, e che si è concluso con un project work che è stato apprezzato dalla Commissione d’esami (introduzione della Psicologia della coppia e familiare, per le liti in famiglia).
Vorrei ricordare infine l’ispettore capo Filippo Montefusco, mio grande amico e validissimo collega, che presta servizio presso l’Ufficio Immigrazione della questura di Roma, il sost. comm. Elio Pacilio, la dr.ssa Rachele Schettini dalla quale ho imparato molto, infine i miei più stretti collaboratori all’Ufficio Studi della Scuola Allievi di Peschiera: sost. comm. Anna Palmisano, sov.te Sciammanna e assistente capo Pasquale De Sisto ai quali devo moltissimo per il loro impegno e la collaborazione che mi hanno dato nella conduzione dell’Ufficio Studi.
Concludo dicendo che lascio la Polizia con qualche sofferenza, è veramente doloroso questo distacco, mi mancherà tanto ma troverò conforto ricordando le belle esperienze e emozioni vissute in questi 41 anni di servizio.
Le lascio la sincera testimonianza del mio amore ed attaccamento alla Polizia di Stato. Un caloroso saluto a Lei e a tutto il personale della Polizia di Stato.
Grazie ancora.
Vincenzo Di Maria
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Carissimo,
ho ricevuto la Sua cortese e gradita lettera di saluto del 26 giugno u.s. con la quale mi ha partecipato che a breve lascerà l’Amministrazione della Pubblica Sicurezza per raggiunti limiti di età.
Sono certo che anche i suoi Superiori ed i diretti collaboratori, con i quali ha sempre mantenuto ottimi rapporti, la ricorderanno con piacere.
Nella consapevolezza che la Sua particolare sensibilità nonché l’alta professionalità, profusa con il massimo impegno nei vari incarichi ricoperti, costituiranno per chi sarà chiamato ad assolvere tali gravosi compiti, un cammino da proseguire, desidero formularLe i miei più sinceri auguri per un sereno avvenire, colmo di ulteriori gratificazioni, unitamente ai miei più cordiali saluti
Antonio Manganelli
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Difendiamo l’art. 27 della Costituzione
Gentile Direttore,
attraverso le pagine della vostra rivista vorrei lanciare un appello per porre l’attenzione di tutti i cittadini italiani su un argomento troppo spesso ignorato.
Educhereste i vostri figli al rispetto della legalità facendoli crescere in un ambiente dove è impossibile rispettare la legge?
Nelle carceri italiane ci sono 43.117 posti regolamentari e quasi 64.000 detenuti. Stipati uno sull’altro. Il personale sotto organico è costretto a lavorare in condizioni di pesante disagio e tensione.
In questa situazione viene meno anche la dignità e l’umanità delle persone detenute.
Nelle sovraffollate carceri italiane, le persone che dovrebbero iniziare un percorso graduale di reinserimento nella società, sono invece sempre più spesso rinchiuse nelle celle a non far niente.
I cittadini italiani chiedono sicurezza. Hanno diritto alla sicurezza. Ma in che modo parcheggiare in celle invivibili i detenuti in attesa di nulla contribuisce alla sicurezza?
Non conviene a nessuno che una persona che ha commesso un reato esca di galera forse peggiore di come ci è entrata.
Se i cittadini liberi ci riflettessero più spesso, forse smetterebbero di pensare che la soluzione a ogni problema sia prevedere sempre più galera per chi viola la legge.
Oggi abbiamo superato non solo la capienza regolamentare delle carceri, ma anche quella ritenuta dal ministero della Giustizia “tollerabile”. E le previsioni parlano di aumento esponenziale di “tempo inutile”, perché manca il personale, mancano attività lavorative, mancano spazi.
Ci serve davvero più carcere, o ci serve un carcere diverso?
Il carcere ci serve e ci rassicura quando è previsto: per chi costituisce realmente un pericolo per la società.
Il carcere non ci serve e non ci rassicura quando è previsto per chi sta male e avrebbe bisogno di essere curato; per chi ha problemi con la droga; per chi è giovane e potrebbe essere aiutato con pene diverse dalla detenzione, piuttosto che parcheggiato in un luogo “intollerabile” come le attuali galere.
Forse non serve più neppure per parecchi di quei 20.000 detenuti che stanno dentro con meno di tre anni di pena ancora da scontare (di cui quasi 9.000 ne hanno meno di uno) e ci farebbero sentire tutti più sicuri se invece potessero scontare l’ultima parte della loro pena in misura alternativa, lavorando per costruirsi un futuro decente.
L’articolo 27 della Costituzione italiana dice: “La responsabilità penale è personale. L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva. Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. Non è ammessa la pena di morte”.
Ci fornisce la più moderna soluzione ai problemi della sicurezza: una pena che abbia un senso e che dia speranza.
Teniamocelo stretto!
Lettera dal carcere
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