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Agosto-Settembre/2009 - Articoli e Inchieste
Indagini
“Cominciamo a cercare le impronte digitali”
di Silvestro Marascio

Sono da tempo l’inizio classico di ogni
“caso” poliziesco. Ma oggi gli studi compiuti
sulle impronte papillari e l’immancabile
innovazione tecnologica sopraggiunta
hanno portato a complessi data-base
per l’archiviazione e la ricerca automatizzata


La biometria non è una tecnologia nuova, come non è nuovo il suo utilizzo ai fini della sicurezza. In Francia, verso la fine dell’800, venne adottato un complesso sistema di misurazioni anatomiche per identificare i recidivi e nei decenni successivi alcuni britannici individuarono nelle impronte digitali un disegno immutabile nel tempo, facile da reperire (bastava inchiostrare il polpastrello del reo ed imprimerlo su di un cartellino) e classificare. Oggi gli studi compiuti sulle impronte papillari e l’immancabile innovazione tecnologica sopraggiunta hanno portato alla creazione di complessi database per l’archiviazione e la ricerca automatizzata dei cartellini segnaletici prodotti dalle Forze dell’ordine a carico di soggetti fermati/arrestati, nonché dei frammenti papillari repertati sulla scena del reato(1).
L’elemento scriminante in un confronto dattiloscopico non si limita alla sola figura generale - suddivisa in quattro classificazioni, in relazione alla presenza di elementi focali quali centro di figura e delta, in adelta, monodelta, concentrica e composta - ma continua nelle particolarità del dermatoglifo: le minuzie, punti dove la cresta papillare subisce delle variazioni nel suo naturale decorso, elementi che - unitamente alla figura generale, alla frastagliatura delle creste ed all’esame dei pori ivi presenti - contribuiscono all’unicità del dermatoglifo.
L’unico problema che si pone nel settore dattiloscopico è la mancanza di univocità sull’attribuzione di un giudizio d’identità, spaziando - nei vari sistemi giuridici - da criteri qualitativi espressi sui punti caratteristici a valutazioni meramente quantitative sui medesimi.

Basi giurisprudenziali:
la realtà Italiana
L’identificazione dattiloscopica in Italia fonda le proprie basi giurisprudenziali nella sentenza 2559 del 14 novembre 1959 della Corte di Cassazione: “Invero, dopo talune oscillazioni, questa Corte Suprema ha affermato il principio che le emergenze delle indagini dattiloscopiche offrono senz’altro piena garanzia di attendibilità, anche quando esse concernino solo una porzione di dito, sempre che dalle dette indagini risulti la sicurezza dell’identificazione dell’impronta attraverso l’esistenza di almeno 16-17 punti caratteristici uguali per forma e posizione”; proseguendo: “... conformemente ai risultati delle più moderne ricerche scientifiche, l’indagine identificativa di una persona attraverso le impronte digitali dà piena garanzia di attendibilità senza bisogno di elementi sussidiari di certezza, quando si riscontri l’esistenza di almeno 16-17 punti caratteristici uguali per forma e posizione, anche se le impronte appartengono solo alla porzione di un dito”.
Il dispositivo appena citato trae origine da una formula empirica di tipo esponenziale creata dal matematico francese Balthasard - inizi del ’900 - il quale ipotizzava la presenza di 100 punti caratteristici sul polpastrello consideranti le 4 tipologie maggiormente ricorrenti. Da ciò ne conseguiva una potenza base 4 con 100 quale esponente, con la formula 1/4n - dove n individuava il numero di corrispondenze tra due impronte. In questo modo si otteneva la probabilità di reperire figure con egual numero di punti caratteristici: due punti uguali possono essere reperite su 16 impronte, 4 punti su 256 dermatoglifi, 10 punti su 1.048.576 figure, 16-17 minuzie invece si riscontravano, rispettivamente, su un totale di 4.294.967.296 ovvero 17.179.869.184 impronte. La formula in questione evidenzia come al maggior numero di punti necessari per ottenere un’identità corrispondano minori possibilità di ottenere un falso positivo, ma la stessa non considera alcuni elementi quali: presenza di accidentalità - ad esempio le cicatrici o “stimmate professionali”(2) - che facilitano la lettura del dermatoglifo aumentando la convinzione dell’esperto circa un eventuale identità da attribuire tra due termini posti a confronto; la presenza di figure rare - ad esempio la “tridelta”, ma non solo, poiché varie sono le figure generali che non vengono classificate nelle 4 “classiche tipologie” a causa di un particolare sviluppo/ involuzione del centro di figura -, non venendo considerati i vari punti caratteristici ma solo le tipologie maggiormente ricorrenti.
Con il passare del tempo si susseguono ricerche statistiche e sentenze sullo specifico argomento: la letteratura di settore annovera teorie che cercano d’individuare la corrispondenza dito/dermatoglifo - relativamente alla maggiore possibilità che una data figura ricorra sul polpastrello considerato -; la ricorrenza di alcune figure nei gruppi etnici; si cerca d’individuare - sempre in termini statistici, quindi relativi - la maggiore/minore presenza di talune tipologie di minuzie. Quanto appena detto è strettamente correlato alle sentenze pronunciate, giacché la prova scientifica per essere considerata tale deve essere innanzitutto avvalorata dalla comunità di riferimento. Tale massima viene annoverata nella sentenza 4837 pronunciata dalla I° Sez. della Cassazione il 06.10.1998 “deve ovviamente trattarsi di applicazioni tecniche accreditate e rese pienamente attendibili dal livello del sapere acquisito dalla comunità scientifica, dato che soltanto tale condizione conferisce affidabilità ai risultati della nuova indagine...” e analoga considerazione era stata espressa dalla Corte Suprema statunitense già nel 1923, Frye test - relativamente all utilizzo dei primi poligrafi (o lie detector, macchina della verità) - “...i dati su cui si basa la deduzione devono aver raggiunto un tale giudizio di consenso da essere generalmente accettati nello specifico campo scientifico...”
A tal proposito ricordo come il Reparto Dattiloscopia preventiva dell’Arma dei Carabinieri abbia condotto una ricerca statistica sulla variabilità dei dermatoglifi in relazione all’area geografica di provenienza del soggetto titolare del cartellino segnaletico - Algeria, Marocco, Egitto, Albania, Romania, Polonia, Cina, Russia ed India -, attività alla quale ho preso parte, nel periodo gennaio/giugno 2007, su un campione di 4.800 soggetti di ambo i sessi. I risultati ottenuti rappresentano una conferma dei dati già presenti in letteratura: il disegno più ricorrente è il tipo monodelta, seguito dalle figure concentrica e composta, mentre l’ultimo è l’adelta; la figura concentrica è maggiormente presente nei cinesi mentre la figura a racchetta non è molto ricorrente o comunque è presente con percentuali inferiori rispetto alla monodelta e doppia ansa nell’intero campione considerato. In questo contesto si è osservato anche un associazione dermatoglifo-dito: sul pollice ricorre sovente la figura a doppia ansa , mentre sull’indice prevale l’adelta, sul mignolo la monodelta e sull’anulare le figure concentriche ed a racchetta(3).
Alla sentenza madre del 1959 seguirono altre massime di cui le più interessanti vengono di seguito stralciate:
1) Sentenza 01155 del 03.02.1971, Pres. Mosillo, Rel. Germano: “L’indagine dattiloscopica può essere assunta dal giudice come prova dell’identificazione della persona cui essa si riferisce se non vi siano dubbi sulla correttezza dei metodi di rilevazione, se la rivelazione stessa e il confronto siano stati eseguiti con criteri scientifici e se sia stata rivelata una corrispondenza di almeno quattordici, quindici punti d identità”.
2) Sentenza 13771 del 09.11.1978, Pres. Pratis, Rel. Galterio: “Le impronte papillari non subiscono nel tempo modificazioni nella specie i giudici di merito avevano fondato il loro convincimento, in relazione ad un furto in un’abitazione, sulle impronte papillari lasciate sul luogo dall’imputato, in considerazione dei punti di coincidenza fra le impronte stesse e della presenza di un identico segno di cicatrice”.
3) Sentenza 09051 del 13.10.1982, Pres. Loverre, Rel. Florio: “I risultati di un’indagine dattiloscopica possono essere assunti come prova dell’identificazione della persona cui l’indagine si riferisce se sia stata rilevata una corrispondenza di almeno quattordici-quindici punti d’identità”.
4) Sentenza 10567 del 13.11.1985, Pres. Savina, Rel Della Penna: “Le risultanze delle indagini dattiloscopiche offrono piena garanzia di attendibilità, senza bisogno di ulteriori elementi sussidiari di conferma purché evidenziano la sussistenza di almeno sedici punti caratteristici uguali per forma e posizione”.
Sono stati considerati solo alcuni dispositivi che evidenziano come nel corso degli anni si sia riscontrato un abbassamento della soglia quantitativa dei punti richiesti e come in almeno un’occasione il collegio abbia optato per una commistione quali-quantitativa grazie alla presenza di un identico segno di cicatrice sui contatti papillari a confronto, ma successive sentenze hanno abbandonato questa fugace parentesi per ricorrere nuovamente al termine delle 16-17 minuzie necessarie oppure attestandosi meramente sulle 16 unità.

La realtà internazionale
È difficile inquadrare la realtà giuridica di un Paese limitatamente ad un singolo elemento - quale ad esempio la dattiloscopia - senza contestualizzare lo stesso con l’evoluzione del sistema in cui è inserito, la prima sostanziale differenza che si nota tra l’Italia ed il sistema anglosassone, maggiore sistema di riferimento poiché è in quel contesto che la dattiloscopia nasce(4) e si sviluppa costituendo anche associazioni di settore (IAI International Association for Identification), è lo “scontro” civil law/common law. Nel primo caso il legislatore è forte delle caratteristiche della norma - generalità, astrattezza ed imperatività - crea delle fattispecie in astratto che verranno poi qualificate nel contesto concreto effettuando, laddove lo si ritenga opportuno, un combinato disposto tra le norme concorrenti al fatto in questione; nel common law -tipico degli Usa, Canada, Regno Unito, Cipro- non abbiamo una vera e propria produzione legislativa che abbraccia e regolamenta tutti i settori bensì vige il principio dello stare decis ossia il rifarsi alle sentenze pronunciate dai Tribunali -anche applicando criteri analogici -, maggiore è il rango della Corte più rilevante sarà la valenza della sentenza espressa. In Italia l ordinamento giudiziario indica nella Corte Suprema di Cassazione l’organo con il compito di assicurare l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione delle leggi nonché di dirimere i conflitti di competenza. Essa è principalmente giudice del diritto e in tale veste esercita il controllo di legittimità sulle sentenze pronunciate dai giudici di merito. Nella dattiloscopia si è potuto osservare come la Corte si sia pronunciata più volte e in alcune occasioni la sezione giudicante si sia scostata dalla direttrice originaria, perché? La Corte solitamente giudica a sezione semplici con il numero invariabile di cinque votanti ma nel caso in cui vi siano contrasti interpretativi insorti tra le sezioni, o per questioni di particolare rilevanza, giudica a sezioni unite - nove votanti - questa, di fatto, rappresenterebbe l’unica sentenza realmente vincolante pro-futuro, una sorta di “stare decis” italiana.
Osservando i dati della tabella si noterà come in alcuni Paesi non venga richiesto alcuno standard numerico per l’attribuzione dell’identità ma basti semplicemente il convincimento dell’esperto; nella maggior parte dei Paesi del vecchio continente si osserva invece uno standard decisamente più basso rispetto a quello italiano: la media si attesta infatti sulle 12 minuzie richieste.
Anche in questo caso alla base di tali convincimenti vi sono studi statistici - o quantomeno giudizi espressi da tecnici di settore - che ben argomentano le proprie convinzioni: lo IAI statunitense nel 1973, dopo uno studio triennale, rilevava che nessuna base valida esiste per richiedere un numero predeterminato di caratteristiche fra due impressioni d’impronta digitale per stabilire un’identità positiva indicando il processo identificativo come un insieme di circostanze che esulano da un standard numerico(5); anche la vicina Svizzera - che in tema d’identificazione dattiloscopica applica un’ordinanza del tutto simile alle leggi vigenti nel nostro ordinamento - protenderebbe per tale affermazione anche se il commissario capo Emilio Scossa Baggi - Polizia Scientifica del Canton Ticino - sostiene che bastano 8 punti corrispondenti per identificare un soggetto oppure collocare lo stesso sulla scena di un crimine(6). Anche in Italia vari sono i tecnici del settore che strizzano l occhio positivamente verso una nuova visione del criterio identificativo vigente: il dott. Silio Bozzi e l’isp. capo Giuseppe Trani - Gabinetto Interregionale di Polizia Scientifica di Ancona - nelle “Nuove prospettive in tema di identificazione dattiloscopica e valenza probatoria”, ben argomentano la possibilità di arrivare ad una compiuta identificazione personale mediante 8 punti uguali per forma e posizione sollevando dubbi sull efficacia della formula di Balthasard, e lo stesso Sorrentino - capostipite nelle investigazioni scientifiche nostrane - affermava la norma che fissa il numero di particolarità ha disorientato gli esperti(7).

Criteri di scientificità della prova,
breve cenno
Come rilevato in precedenza la prova scientifica per essere considerata tale deve trovare un fondamento nella comunità di riferimento, si considera la Daubert - sentenza della Suprema Corte statunitense del 1993 relativamente alle imputazioni mosse contro una casa farmaceutica - l’esempio cui ricondurre i criteri di accettabilità della prova:
- valide le teorie che ricevano un notevole grado di apprezzamento, resistendo a tentativi di falsificazione, da parte della comunità scientifica;
- peer review, dev’essere possibile una revisione dell’accertamento compiuto(8).
Se continuassimo a fare riferimento alla sentenza madre del 1959 i parametri dettati quarant’anni dopo verrebbero pienamente rispettati: si ricorda che 17 minuzie identificative si risconterebbero su una serie di oltre 17 Mld di dermatoglifi, quindi l’errore sarebbe di molto limitato o alquanto improbabile in relazione alla popolazione mondiale attuale. La possibilità di revisione dell accertamento già era accennata da alcune sentenze della Cassazione negli anni ’60, ’70 ed ’80(9) mediante l’ausilio di tecnici delegati dal giudice e la legislazione attuale, con l’entrata in vigore della legge 397/2000 sulle indagini difensive, rende ancora più certo il rispetto di tale dettato, senza considerare i criteri di ammissibilità indicati negli artt. 189-190 C.p.p.(10)

Conclusioni
Avviandoci verso la conclusione è necessario riassumere quanto detto finora: la giurisprudenza nazionale indica in 16-17 il numero minimo di minuzie identificative necessarie per un accertamento tecnico dattiloscopico - è ovvio che in sede di stesura della relazione e del fascicolo dimostrativo l’operatore cerchi di superare tale soglia per meglio argomentare le proprie convinzioni; l’orientamento internazionale vede invece alcuni Paesi considerare una minore soglia numerica ed altri adottare criteri estranei a standard quantitativi, ma adottati in relazione al singolo caso, attribuendo notevole importanza all’esperienza dell’operatore ed al suo personale convincimento.
In questo contesto la prova scientifica, per essere considerata tale nelle aule di Giustizia, deve dimostrare un solido back round presso la comunità originaria, la sua affidabilità probatoria è influenzata dal tasso di errore riscontrabile e dalla possibilità di essere sottoposta a revisione: tali principi - frutto dell interpretazione giurisprudenziale - vengono enucleati in varie sentenze nazionali e non. Tutto ciò evidenzia come allo stato attuale non vi sia un comune orientamento in materia, e ciò interessa anche i Paesi appartenenti alla Comunità Europea in seno alla quale - negli ultimi anni - sono stati creati importanti strumenti giuridici/ investigativi: il mandato d’arresto Europeo, la Convenzione di Dublino per l’attivazione del sistema Eurodac e la gestione dell’asilo politico, Europol ed Eurojust, il trattato di Prum(11), gruppi di lavoro e ricerca Enfsi.
Il trattato di Prum - definito Schengen 2 - mira a rafforzare la cooperazione transfrontaliera nei fenomeni di immigrazione clandestina, terrorismo e criminalità organizzata permettendo lo scambio di informazioni tra le quali rientrano anche impronte digitali e profili di Dna. Relativamente alla dattiloscopia è onere dei Paesi interessati dall’accertamento attivare i relativi canali per validare le tracce d’interesse, potendo ciò avvenire anche tra Paesi che utilizzano parametri differenti facendo potenzialmente sorgere dei contrasti interpretativi sulla traccia relativamente all’utilità ai confronti.
La soluzione ideale, per dirimere la questione qualità/quantità, risiederebbe in una maggiore cooperazione giuridica/investigativa nel settore, prendente atto sia delle sentenze espresse dai Tribunali dei singoli Paesi sia della possibilità di adottare la valutazione eterogenea richiamata dallo IAI statunitense. Un concorso del criterio quantitativo e qualitativo otterrebbe un risultato accettabile dalla comunità scientifica con un basso tasso di errore e quindi una piena efficacia probatoria; l’indagine qualitativa trarrebbe spunto dalla particolarità delle figura generale, dalla minore frequenza di un certo tipo di minuzia rinvenuta sul tracciato papillare e dalla sua posizione rispetto al dermatoglifo: minore è la frequenza di questo punto identificativo maggiore sarà il suo peso per l’attribuzione dell’identità.
A questo proposito richiamo una statistica effettuata in tal senso, e pubblicata su ScienceDirect nel febbraio 2007, portata avanti dall università spagnola di Alcala(12) la quale ha evidenziato come le minuzie maggiormente ricorrenti siano nell’ordine: il termine di linea, la biforcazione, il tratto, l’isola, la linea interrotta, il ponte, l’uncino, il lago, la doppia biforcazione e la triforcazione, confermando ampiamente quanto già presente in letteratura. Se a questi dati vengono assommati altri, quali ad esempio la ricerca precedentemente richiamata del Reparto Dattiloscopia preventiva dei CC, si condividerà che davanti ad una figura rara - magari presentante accidentalità radicate nel derma ovvero minuzie poco frequenti - sulla quale sono state già individuate una decina di punti coincidenti con un frammento papillare oggetto d’indagine tecnica, non sia necessario giungere ad una soglia minima di minuzie per attribuire la paternità del contatto stesso.
Per quanto concerne la situazione Italiana si potrebbero rispolverare le sentenze del ’71 e dell’82 sui 14-15 punti identificativi le stesse permetterebbero un maggiore avvicinamento agli standard europei: la maggior parte dei paesi si attesta infatti sulle 12 minuzie senza compromettere la veridicità della prova. Relativamente alla formula di Balthasard 15 punti sono riscontrabili su un campione di 1.073.741.824 figure: naturalmente anche in questo caso la commistione con un giudizio qualitativo, magari evidenziato in una ben argomentata relazione, non incontrerebbe giudizi particolarmente negativi nelle aule di Giustizia.
____________________________________________________
NOTE:
Note:
1) La fase descrittiva della scena del crimine spetta alla Polizia giudiziaria ed interessa non solo il luogo dove il crimine si è compiuto ma tutte le pertinenze annesse ai sensi della circolare n° 1667 del 24.07.1910 del ministero di Giusitizia: sono da considerare impronte tutte quelle tracce che si possono riscontrare nel cadavere, nel pavimento, nelle pareti, nei vetri, negli usci, negli oggetti, sulla strada lasciate dalle mani, dai piedi - nudi o calzati - dai denti, dagli strumenti adoperati Armando Palmeggiani - Esperti Ricerca Tracce del D.A.C. - Polizia Scientifica - indica la scena del crimine come il punto di congiunzione tra la criminalistica e la criminologia qui vi sono 3 differenti zone: la scena del cimine primaria, dov è avvenuto il fatto delittuoso, la scena del crimine secondaria, in prossimità della precedente, e la zona d interesse investigativo poiché l autore vi è sicuramente transitato. Napoli, 26.01.08, seminario di approfondimento serial killerfenomenologia dell omicidio seriale ed il caso del mostro di Firenze. www.criminiseriali.it
2) Giuliano, Dieci e tutte diverse , Torino, ed. Tirrenia Stampatori, 2004, pag 222 tra le cause che cagionano segni permanenti vanno anche citate quelle che provocano stimmate professionali operazioni eseguite ripetutamente possono comportare danni permanenti ai dermatoglifi. Linspessimento della cute può provocare dopo alcuni anni vere e proprie callosità
3) Capasso, Cordedda, De Fulvio, Hauser, Marascio La dattiloscopia tra realtà biometrica ed indagine statistica , Roma, ed. Rassegna dell Arma dei Carabinieri n. 1/2009.
4) Interessante a tal proposito il libro di Colin Beaven Impronte digitali. Scotland Yard e la nascita della criminolo giamoderna, ed. Oscar Mondadori, 2002.
5) http://www.theiai.org/history/
6) Giuliano, Dieci e tutte diverse, Torino, ed. Tirrenia Stampatori, 2004, pag 111. L’ordinanza Svizzera sui rilievi dattiloscopici è reperibile al sito http://www.admin.ch/ch/i/rs/3/3613.it.pdf; i motivi del fotosegnalamento descritti all art. 8 non presentano particolari discrasie rispetto alla normativa vigente in Italia. Da ricordare che il riferimento alla Polizia cantonale Ticinese non è una caso, essa rappresenta il punto di contatto più vicino con la Confederazione la quale il 10.09.98 ha stipulato con la Repubblica Italiana 3 accordi: cooperazione tra autorità di polizia e doganali, riammissione dei soggetti in posizione irregolari, assistenza giudiziaria e penale -completando la convenzione Europea del 59- in questo contesto ben s inserisce il centro comune di Cooperazione di Polizia e Doganale di Chiasso ed il posto di Polizia di frontiera di Cantello (VA) dotato di postazione per il fotosegnalamento.
7) http://www.detcrime.com/Che%20anno%20sar%C3%A0.pdf, il criminologo Lavorino, relativamente al delitto di Arce, indica come utile un impronta con 12 minuzie -quantomeno ai fini investigativi- contestualizzando la traccia con la popolazione locale: su cinquemila persone del circondario al massimo tre o quattro avranno la propria impronta digitale con dodici punti coincidenti con quella dell assassino..
8) http://users.unimi.it/biotecnologie/public_html/appunti_bioetica_Piga/Piccinini.PDF sent. 00888 del 14.10.66 il giudice è tenuto a controllare di volta in volta le indagini compiute, per stabilire se nel corso di queste siano intervenute manchevolezze tecniche tali da poter infirmare il risultato; sent.01011 del 31.12.66 il magistrato non può limitarsi a trascrivere o adottare senza controllo le considerazioni trasmesse dal servizio di polizia scientifica ma ha il dovere di procedere alla valutazione del materiale a tal fine potrà avvalersi di un perito anche in sede di giudizio sent. 000006 del 29.01.71 l obbligo della motivazione, che si concreta nel dovere del giudice di esporre le argomentazioni che sorreggono le proprie conclusioni di un proprio procedimento logico non trova eccezioni nella valutazione delle indagini dattiloscopiche della polizia, giacché nel sistema processuale vigente non è concepibile che un accertamento tecnico, anche se sia fondato su canoni scientifici di sicuro fondamento e sia attuato attraverso un particolare servizio di polizia, non consenta alcun controllo nell ambito del processo. Sent. 00171 del 13.01.1982 la valutazione delle indagini dattiloscopiche è riservata al giudice del merito, il quale, nel caso di contrasto o di dubbio sul metodo di rilevamento . può avvalersi di un perito.
9) Da ricordare che è frutto dell elaborazione giurisprudenziale il tentativo di delineare i vari istituti qui richiamati: rilievo tecnico ed accertamento, con il primo s intende un operazione di mera osservazione e raccolta di dati, con il secondo invece uno studio critico su reperti che saranno poi oggetto di relazione da parte dell esperto incaricato, Cassazione, V sez, sentenza del 20.11.2000. Ercole Aprile, prof. Diritto processuale penale comparato e internazionale Università di Salerno, master gestione sicurezza Isiaf. Consuelenza e perizia, le differenze: la consulenza è richiesta, laddove lo si ritenga necessario, dal P.M. -359 c.p.p.- per eseguire operazioni, o per assistere la P.G., in cui sono richieste specifiche competenze durante la fase delle indagini; la perizia è richiesta dal giudice al fine di rendere fruibili conoscenze delle quali si è oggettivamente estranei.
10) http://www.governo.it/GovernoInforma/Dossier/pacchetto_sicurezza/trattato_prum.pdf
11) E. Guitierrez, V. Galera, J. M. Martines, C. Alonso Biological variability of the minutiae in the fingerprints of the Spanish population, ed. Elsevier Ireland Ltd
12) Interessante l’articolo del magg. CC. Davide Zavattaro l identificazione ed il problema dell’interpretazione del dato scientifico. Riflessi dibattimentali Roma, Rassegna dell’Arma dei Carabinieri n. 4/2001

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