Dodici lunghi anni di attesa per una causa
al Tar, una legge «che prevede sanzioni per l’ingiusta
durata del processo» e un giusto risarcimento
che non arriva mai. Alla fine la risposta
del Ministero, quasi una beffa, ricorda che «per quanto
di competenza, considerata la moltitudine dei decreti
pervenuti dalle varie Corti d’Appello e l’esiguità delle risorse
economiche disponibili, non si possono, allo stato, fornire
previsioni in merito ai tempi di liquidazione delle somme spettanti»
Se qualcuno di voi deve al fisco anche soli 50 euro statene certi che le diffide, le messe in mora, ed i pignoramenti sono in agguato. Ricordo ancora quando comunicai all’Inpad che mio figlio aveva trovato un lavoretto saltuario, mal retribuito, ma che per questo non lo avevo più a carico (quei pochi spiccioli di assegni familiari). Orbene, i funzionari dell’Ente, pur essendo stati avvisati per tempo, ricordarono di avere ricevuto la mia comunicazione solo a fine anno, così, nel mese di febbraio, recuperarono tutto in una volta ed io mi vidi attribuire circa 440 euro di pensione a fronte di 1.200 che ne avrei dovuti percepire. Un salasso! Perché racconto tutto questo? Lo spiego subito.
Prima di congedarmi, per ragioni di salute, dalla Guardia di Finanza trascorsi quasi due anni in convalescenza ed aspettativa per patologie dipendenti da causa di servizio e per due di queste in corso di riconoscimento. Siccome i miei ex superiori in grado mi volevano molto bene a causa delle mie idee di riforma del Corpo, giudicarono prevalenti le due malattie in corso di riconoscimento rispetto a tutte le altre. Ciò comportò una decurtazione del mio stipendio pari al 50% per sei lunghi mesi e l’azzeramento per altri due, un piccolo regalo che mi fecero i miei comandanti di allora e qualche burocrate dell’ospedale Militare prima della pensione.
Destino volle che, successivamente, ben due commissioni medico legali militari mi riconobbero quelle patologie ma, quando feci istanza per recuperare i miei stipendi, qualche “zelante” ufficiale rispose negativamente, costringendomi a porre in essere un ricorso al Tribunale amministrativo del Friuli Venezia Giulia. Mi sarebbe piaciuto vedere, prima o poi, quell’ufficiale nelle mie stesse condizioni di salute ma purtroppo, andando in pensione, questo piacere è venuto a mancarmi.
Per ben 10 anni e mezzo il Tar del Friuli Venezia Giulia ha tenuto in cassetto il mio ricorso, ignorando il mio stato di bisogno ed il mio diritto a vedere recuperate quelle somme, forse privilegiando altri ricorsi di ben altra portata economica. Ma siccome il diavolo fa le pentole ma non i coperchi, nel 2001 il parlamentare Pinto riuscì a fare approvare la legge che porta il suo nome, per la precisione la n. 89 del 24 marzo 2001, quella che prevede delle sanzioni per l’ingiusta durata del processo o, nel caso in specie, del ricorso amministrativo. Così mi attivo e, tramite lo studio legale Fabiani di Bologna, cito in Corte d’Appello il ministero dell’Economia e delle Finanze. I Giudici bolognesi fanno finalmente giustizia e condannano il Ministero di Giulio Tremonti al risarcimento delle somme dovute per i ritardi del Tar ed agli interessi legali dalla data della mia domanda fino a quella del pagamento.
Non sapevo però di essere entrato nel noto girone dantesco dove capeggiava la scritta “Perdete ogni speranza o voi che entrate”, credevo fosse finita e solo la mia prudenza volle che non impegnai prima di incassarlo quel denaro. E’ già trascorso quasi un anno dal pronunciamento inequivocabile della Corte d’Appello di Bologna ed i debitori non si sono neppure degnati di scrivermi sebbene la sentenza gli sia stata regolarmente notificata ed è anche passata in giudicato, cioè è inappellabile. Avrei potuto sollecitare io ma per sicurezza mi sono rivolto nuovamente allo studio legale che aveva curato il ricorso in base alla cosiddetta legge Pinto, ma con una sfacciataggine che non ha precedenti il direttore dell’ufficio ‘X’ (perché poi l’avranno denominato proprio così, forse per nascondersi meglio davanti ai creditori?) del ministero dell’Economia e delle Finanze asserisce che ci sarebbe «una esiguità di risorse economiche» e, quindi, dovrei portare pazienza. Ancora pazienza? Dopo 12 lunghi anni? Ma ci faccia il piacere! Avrebbe detto il compianto Totò. Si vergogni! Aggiungo io. È questo il fisco equo e giusto di Giulio Tremonti?
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