home | noi | pubblicita | abbonamenti | rubriche | mailing list | archivio | link utili | lavora con noi | contatti

Giovedí, 22/10/2020 - 15:03

 
Menu
home
noi
video
pubblicita
abbonamenti
rubriche
mailing list
archivio
link utili
lavora con noi
contatti
Accesso Utente
Login Password
LOGIN>>

REGISTRATI!

Visualizza tutti i commenti   Scrivi il tuo commento   Invia articolo ad un amico   Stampa questo articolo
<<precedente indice successivo>>
Giugno - Luglio/2009 - Articoli e Inchieste
Una ronda non fa sicurezza
di Lorenzo Baldarelli

Quando i muri non possono più nulla
ecco le ronde. Il 10% raggiunto dalla
Lega nord alle elezioni europee significa forse
che dovremo aspettarci nuove iniziative
come le ronde? Le esperienze di alcuni Paesi
ci mostrano i rischi che la giustizia “fai da te”
ha sull’assetto economico e istituzionale


“Ma sì, a Torino. Era successo che uno dei nostri ragazzi era entrato in un bugigattolo dove non doveva esserci nessuno e invece ci aveva trovato dei rumeni clandestini. Si era spaventato e perdendo l’equilibrio gli era caduta una fiaccola che aveva incendiato i pagliericci di questi disperati… una sciocchezza”.
Sì, proprio una sciocchezza. L’onorevole Borghezio infatti per questa sciocchezza venne inquisito. Appena lette queste dichiarazioni mi sono venute alla mente alcune considerazioni e molte domande. Cosa ci faceva un militante della Lega nord, in un’era tecnologica come la nostra, con una “fiaccola”? E come si stabilisce se un immigrato sia regolare o meno? Come minimo dovremmo chiedergli i documenti. Ma questo non è compito delle Forze dell’ordine?
Ora che la campagna elettorale si è conclusa, ora che le elezioni europee sono terminate e le analisi sui flussi di voto sono state sviscerate fino all’ultima cifra, ora che la Lega nord, alla luce dei numeri, risulta essere uno dei partiti vincitori, che cosa accadrà nel controverso mondo della sicurezza italiana?
In una Europa dove la tentazione di governare seguendo i sondaggi è sempre più forte, le destre xenofobe e antieuropeiste avanzano a grandi balzi, la crisi dei partiti socialisti è evidente e in Italia manca addirittura un’opposizione degna di questo nome, il partito di Bossi e il Pdl tutto, continueranno a cavalcare il forte tema della sicurezza?
Uno degli argomenti più amati dal nostro governo è infatti l’insicurezza, reale o percepita, delle città. Il Consiglio dei Ministri oltre ad aver mandato i soldati, ha approvato un decreto che rafforza i provvedimenti contro la violenza sessuale e l’immigrazione clandestina. In questo “pacchetto sicurezza”, evidente regalo del premier Silvio Berlusconi alla Lega per il sostegno ricevuto alle ultime elezioni politiche, assieme ad altri 55 articoli c’era anche il tentativo di introdurre e regolamentare le “ronde”. Le forze del centro destra al potere, in quest’anno di governo, hanno sempre cercato di porre in primo piano il problema sicurezza. Prima intrecciandolo con quello delle comunità nomadi - basti ricordare la discussa iniziativa di catalogare le impronte digitali (anche dei bambini) degli abitanti dei “campi rom” - e poi proponendo alle associazioni di volontariato l’arduo compito di vigilare le strade.
Nella legge numero 38 del 23 aprile, che converte il precedente decreto legge del 23 febbraio, però, i provvedimenti riguardanti il concorso delle associazioni di volontari nella tutela dell’ordine pubblico sembrano spariti. Ma alla luce della vittoria del partito del carroccio alle elezioni europee, cosa impedirà al ministro dell’Interno Roberto Maroni - uno degli uomini forti del partito di Bossi - di reintrodurre il principio della sicurezza fai da te? In Italia, in fondo, l’idea delle ronde viene da lontano, dall’Italia del XII e del XIII secolo, dall’Italia dei “Comuni”.

Le ronde ai tempi dei Comuni

Nel contesto storico di acquisizione e di espansione del potere (XI-XII secolo) da parte dei Comuni, infatti, i cittadini cominciarono a richiedere maggiore sicurezza. L’uso della violenza - in forme diverse - era diffuso ed endemico. Esisteva, ovviamente, la criminalità comune, quella che oggi chiamiamo microcriminalità. Era compiuta da soggetti asociali ed emarginati, che per questo erano facilmente individuabili, non esisteva quindi un problema immigrazione.
Accanto alla violenza comune, però, ne esisteva una molto più diffusa, sia a livello individuale che a livello sociale. I costumi non si erano del tutto disciplinati, la diffusione di norme di comportamento e l’introduzione di un’educazione scolastica erano ben lontani dall’avverarsi. L’educazione, per dirla in modo semplice, era “quello che era”. Esistevano forme di prevaricazione simili a quelle che si possono osservare tutt’oggi in alcune realtà dei Paesi poco sviluppati a livello di diritti umani come l’India e la Cina. Inoltre, tenendo conto delle strutture sociali dei Comuni, le espressioni di superiorità legittimavano la violenza. Erano poche famiglie a dominare il Comune, le Milizie. Forti del potere politico, economico e militare - basti ricordare il privilegio dell’uso del cavallo in battaglia - tendevano a risolvere i conflitti, anche i più banali, con l’uso di codici di comportamento che spesso prevedevano l’utilizzo della violenza.
Il popolo, o per meglio dire il resto della società civile, a partire dal XII secolo cominciò ad organizzarsi e a portare avanti un certo numero di rivendicazioni, prima partecipando alla vita politica - assumendo delle cariche minori - e poi ottenendo un certo grado di disciplinamento delle Milizie. Per raggiungere tali obiettivi si utilizzarono vari strumenti, tra cui la formazione di società rionali, di quartiere, aperte a tutti - esclusa ovviamente l’aristocrazia - e dedite al perlustramento del territorio.
Per capire meglio le condizioni in cui operavano queste formazioni volontarie, forse è necessario fornire qualche esempio. Gli scontri tra le Milizie in genere avvenivano in strada, magari nei luoghi dedicati alla socialità, coinvolgendo e sconvolgendo la vita quotidiana e i cittadini. In questi scontri, infatti, spesso rimanevano feriti e uccisi commercianti e semplici passanti. Oppure le Milizie, per elementari questioni di onore, riversavano direttamente la loro violenza su cittadini di rango inferiore. La civiltà comunale, a cui il nostro Stato deve molto, quindi, adottò e in parte formalizzò forme di controllo del territorio non per reprimere individui alieni, forestieri alla società comunale ma per attuare una maggior democratizzazione della stessa realtà comunale.
Il terrore in casa

Oggi invece la questione delle ronde si inserisce nel più ampio capitolo della territorializzazione e dell’inclusione o esclusione dei flussi migratori. Gli sporadici gruppi che organizzano ronde, non a caso, sono presenti al nord e quasi del tutto assenti al sud. Nel nord Italia, dove la presenza dell’immigrazione è sicuramente più sentita, la sicurezza partecipata è una questione che si interseca con la privatizzazione dello spazio pubblico. Il territorio va reso asettico, le intromissioni non sono ammesse e comunque - quando utili - controllate, il conflitto non è più ammesso. Si ricerca, quasi in modo compulsivo, un’estrema pacificazione della società civile. Lo spazio urbano “deve” essere ridisegnato, lo scopo è creare un’architettura securitaria. Il mondo, almeno quello globalizzato, dopo l'11 settembre 2001, ha modificato le coordinate della politica estera. L’Unione Europea al grido di “Terror comes home” (Il terrore entra in casa nostra) ha iniziato una politica di blindatura dei suoi confini.
Dal 1999 l’Unione Europea definisce l’Europa come uno “Spazio di libertà, sicurezza e giustizia”. Tanto in ambito civile quanto in ambito penale, in futuro quindi assisteremo a cooperazioni giudiziarie e di Polizia molto più estese. I politici dei vari Paesi sognano un ministero degli Interni europeo. In Italia - la norma è inserita nell’ultimo pacchetto sicurezza - sarà previsto, per la tutela della sicurezza urbana, che i Comuni possano utilizzare sistemi di videosorveglianza in luoghi pubblici o aperti al pubblico e - cosa molto più rilevante - una maggiore cooperazione tra i vari Corpi di Polizia.
Questo è solo un lato della medaglia, se vogliamo il lato migliore o almeno quello controllabile, l’altro si muove decisamente su confini più oscuri. Oggi lo scopo di buona parte dei muri (di cemento, elettronici, pattugliati o inquisitori) non è tener dentro i prigionieri e rieducarli, ma tenerli fuori ed escluderli. Le ronde e l’immigrazione sono esempi chiarissimi. La maggior parte degli esclusi sono senza nome. Da questo deriva l’ossessione per l’identità di tutte le Forze di sicurezza. Gli esclusi sono anche senza numero, basti pensare alle continue polemiche sulle “cifre” che riguardano le persone che sbarcano sulle nostre coste. Tali polemiche sono sterili e inutili, lo sono per due ragioni. Primo perché il loro numero fluttua: ogni carestia, disastro naturale e intervento militare riduce o aumenta la loro moltitudine. Secondo, perché stimare il numero significa affrontare il fatto che loro costituiscono la maggioranza degli esseri viventi sulla faccia della terra. E guardare in faccia questa realtà vuol dire precipitare nell’assoluta assurdità.
Come reazione (istintiva) assistiamo - fenomeno transnazionale e in continuo aumento - alla nascita di enclave private nel tessuto urbano. A partire da Israele e dai territori occupati in Palestina; all’ipervigilato paradiso turistico di Sharm El-Sheikh in Egitto, ai campi di permanenza temporanea europei; dalle forme di minigoverno separatista delle “gated communities” nordamericane ai bantustan sudafricani, alle morti sulle reti poste ai confini meridionali della Spagna; dalle riserve indiane statunitensi ai sempre più appartati e fortificati vertici dei G8.
Insomma un mondo ridisegnato da architetti e urbanisti complici di un sistema che tende sempre più a isolare, a disgregare e a rimuovere gruppi e individui considerati “pericolosi, diversi, ridondanti”. Si sta forse aprendo un’era in cui tutto sarà visto in chiave di “bianco e nero”, in cui l’approfondimento e la competenza la prevenzione lasceranno il posto al controllo e alla repressione?
Perdonate questa divagazione, ma la trasformazione degli spazi in cui viviamo sono l’effetto dei dispositivi di controllo e di sicurezza. Nei territori palestinesi come a Genova, a Sharm El-Sheikh come a Los Angeles, la posta in gioco in questa nuova scienza dello spazio è la possibilità stessa di una vita politica.
Per garantire l'efficienza e l’efficacia di questi nuovi strumenti sono indispensabili nuovi “corpi”, nuovi soggetti. Ormai eravamo abituati ad uno Stato che con la Polizia ha il dovere di garantire l’ordine pubblico, ora però le cose stanno cambiando. Le Forze di Pubblica Sicurezza dovranno dialogare e dividere i propri compiti - ma no le responsabilità - con altre figure: dai “vigilantes” privati, a corpi d’élite urbani, alle ronde più o meno regolamentate. Sarà quindi costretta non solo a controllare le strade ma anche queste figure. I confini tra privato e pubblico si faranno sempre più sfumati, proiettando lo Stato in una crisi sempre più complessa.

Dove tutto è già accaduto

Vediamo in concreto alcuni esempi di questi nuovi “corpi”. In questa nostra parziale panoramica inizieremo da uno Stato che per molti è il baluardo di civiltà nel mondo.
Mentre il governo di Washington non riesce a trovare una soluzione al problema dell’immigrazione, gli Stati e le Istituzioni locali approvano leggi e regolamenti di ogni tipo. L’Arizona è uno di questi stati. Negli ultimi anni si è data parecchio da fare per combattere l’immigrazione clandestina. Ma, come spesso accade, prima del governo sono arrivati i cittadini, o per meglio dire gli attivisti dei gruppi paramilitari. Girano sempre armati, hanno in dotazione apparecchiature ipertecnologiche e cosa ancora più importante dispongono di fondi - derivati dalle donazioni - di centinaia di migliaia di dollari. Il loro compito è pattugliare il confine con il Messico.
Sfruttando l’ondata d’indignazione derivata dall’attacco alle Torri Gemelle dell'11 settembre, guidati dal carisma di personaggio come Chris Simcox, Glenn Spencer, Jim Gilchrist e Jack Foote, un agguerrito gruppo di nazionalisti e xenofobi della “white supremacy” (“supremazia bianca”) è riuscita a coinvolgere anche le e fasce più moderate della popolazione americana.
Nei loro pattugliamenti, i vigilantes hanno intercettato, catturato e consegnato alla Border Patrol (la Polizia di confine federale) centinaia di immigrati clandestini. Ma i maltrattamenti nei loro confronti non si sono fatti attendere. Non stupisce visto che i volontari vengono incoraggiati a svolgere armati le ronde e che Chris Simcox, leader di Civil Homeland Defense, ha dichiarato di “portare la pistola anche sotto la doccia”. Il crescente consenso da parte delle fasce più moderate della società americana ha permesso ai leader dei gruppi paramilitari di svolgere le loro attività con maggiore brutalità e con mezzi migliori. Le ingenti somme di denaro provenienti da donazioni private (spesso versate attraverso Internet e deducibili dalle tasse) sono state investite per lo sviluppo di mezzi tecnologici di pattugliamento. Oltre a telecamere con sensori a infrarossi e termici per la visione notturna, di notte nel deserto l’oscurità la fa da padrona, collegate tramite la rete possono essere controllate da volontari sparsi in tutti gli Stati Uniti, che quindi possono diventare vigilantes virtuali. I leader di questi gruppi paramilitari, inoltre, hanno pensato bene di applicare tecniche di guerra di ultima generazione. Al pari dell’Esercito israeliano, infatti, dispongono di un drone volante dotato di telecamere. Il tipico cittadino medio, impegnandosi come in un videogioco, può tranquillamente manovrarlo comodamente seduto in salotto tra una birra e degli snacks.
Come dicevamo, però, il governo dell’Arizona non è rimasto a guardare. All’inizio del 2007, ha infatti dato il via libera a nuove leggi e a nuovi controlli. Controlli come quello sul personale assunto, effettuato con sistemi elettronici. E leggi che puniscono i datori di lavoro che assumono immigrati irregolari con la soppressione della licenza di esercizio.
Ma, paradossalmente, i risultati finora sono stati disastrosi. All’inizio del 2007, quando è stato dato il via libera al provvedimento, l’Arizona aveva un tasso di disoccupazione molto basso, intorno al 3,7 per cento: da questo punto di vista, la nuova legge era una soluzione a un problema che non c’era. A gennaio del 2008, quando la legge è entrata in vigore, la disoccupazione era al 4,1 per cento. Da allora, una parte consistente della popolazione (8 per cento) ha inoltre deciso di lasciare lo Stato. Gli abitanti dell’Arizona hanno scoperto così che gli immigrati non sono solo fornitori di manodopera, ma anche consumatori di beni e servizi e datori di lavoro. E hanno imparato anche che nelle nuove comunità di immigrati convivono persone con diverso status giuridico, e che quando si respira un clima xenofobo le distinzioni tra regolari e irregolari contano poco. Insieme agli immigrati senza documenti, se ne sono andati anche tanti cittadini in regola con un permesso di soggiorno permanente.
Questa nuova carenza di manodopera, sommata al calo dei consumi, costò all’economia dell’Arizona decine di miliardi di dollari.
Anche il New York Times ha raccontato le conseguenze di provvedimenti simili in un piccolo centro del New Jersey, dove una nuova legge puniva chiunque assumesse un immigrato clandestino o gli affittasse una casa: “Nel giro di qualche mese, centinaia, se non migliaia, di immigrati arrivati negli ultimi anni dal Brasile e da altri paesi dell’America Latina sono andati via. Per l’economia locale è stato un duro colpo: parrucchieri, ristoranti e piccoli negozi che facevano affari con gli immigrati hanno visto precipitare i loro incassi e molti hanno chiuso. Così il consiglio municipale ha fatto marcia indietro”.
Rimanendo nel continente americano, ma spostandoci più a sud le cose non cambiano, anzi peggiorano. In un articolo apparso sulle pagine del settimanale Newsweek si racconta come in Brasile la diffusione di milizie autogestite sia sfociata in vera e propria criminalità organizzata. A Gardenia Azul, quartiere della sterminata periferia di Rio de Janerio, è praticamente scomparsa la microcriminalità, non ci sono più ragazzini con i kalashnikov o spacciatori che vendono cocaina per strada. Tutto merito della Milizia, che però chiede molto in cambio. Il suo prezzo è il 6 % in più rispetto alla cifra che gli abitanti pagano sulle bombole del gas o sui affitti smisurati intascati dai proprietari di case. Ma, come se non bastasse, le cose sono degenerate. La milizia da organo di protezione si è tramutata in organizzazione criminale. Tutti ora hanno paura della milizia, una specie di “mafia” di quartiere fai da te, che controlla la baraccopoli con il pugno di ferro prendendo il pizzo dalle imprese e dai servizi locali. Nessuno la vede di buon occhio: è la gemella corrotta delle Forze dell’ordine legittime. I suoi poliziotti sono criminali che fanno la parte dei giudici, dei giurati e, quando serve, anche degli esecutori. Nelle favelas i boss delle milizie gestiscono il trasporto pubblico, incassano i pagamenti delle utenze, controllano le vendite e gli affitti immobiliari e vendono abbonamenti pirata alle tv via cavo. Grazie a questo giro d’affari, hanno messo su dei veri e propri imperi personali. Un vero e proprio paradosso, per liberarsi da un problema gli abitanti di Gardenia Azul se ne sono creato uno decisamente peggiore.
Lì, insomma, si è avverata la profezia di un costituzionalista come Stefano Merlini, che sulle pagine di Repubblica scriveva: “si può finire per istituzionalizzare un rapporto mafioso: io ti proteggo, tu mi paghi. Per lo Stato di diritto è il primo passo verso l’abisso”.

Le tante faccie
delle ronde all’italiana

In Italia, per fortuna, le cose sono decisamente differenti. Il presidente Berlusconi ha infatti dichiarato che ronda non è la parola corretta: “non sono ronde e non c'è bisogno che girino come ronde”, e continuando “sono associazioni, soprattutto ex carabinieri, poliziotti ed alpini che si costituiscono in associazione per segnalare eventuali situazioni anormali. Persone che agiscono sotto la responsabilità del Prefetto e che quindi collaborano con il questore e gli organi di Polizia. Non credo sia assolutamente corretto chiamarle ronde”. Alla domanda se non ci sia il pericolo di qualche esaltato, il Cavaliere risponde ripetendo: “Non sono armati. Sono cittadini volenterosi che si mettono a disposizione del Prefetto e del sindaco”. Ma vediamo come il decreto legge inquadrava queste “associazioni”.
Innanzitutto bisogna ricordare che ai gruppi di volontari, non armati, era stata assegnata la semplice facoltà di “segnalare alle autorità competenti fatti suscettibili di danneggiare la sicurezza urbana ovvero situazioni di disagio sociale”, e inoltre questi volontari dovevano essere tutti schedati in albi. “Le associazioni dei cittadini che coopereranno con le Forze dell’ordine per la sicurezza del territorio saranno iscritte in appositi elenchi istituiti presso le Prefetture a patto che in primo luogo non siano destinatarie di alcun tipo di finanziamento pubblico. Tra le organizzazioni registrate i sindaci si avvarranno in via prioritaria di quelle costituite tra gli appartenenti, in congedo, alle Forze dell’ordine a quelle armate e agli altri Corpi dello Stato”. Questa era la norma, la realtà è sempre più complessa e sfaccettata. In generale, in Italia, il fenomeno della sicurezza fai da te si è manifestato in modi diversi. Esistono i gruppi autogestiti, ovvero gruppi organizzati negli ultimi mesi in seguito a fatti di cronaca, coordinati per lo più da comitati spontanei che hanno pianificato dei turni per pattugliare in gruppo (in auto o a piedi) le zone più a rischio delle città (come è accaduto, per esempio, a Bologna o in alcuni quartieri di Roma). Sono movimenti spontanei che non hanno alcuna autorizzazione da parte del Comune né del Prefetto e che non fanno capo a movimenti politici.
Gli assistenti civici, invece, sono volontari formati dal Comune attraverso un corso di preparazione della Polizia Municipale. Dopo il corso, agli “assistenti civici” viene consegnato un telefonino (a spese del Comune) con il quale segnalare eventuali abusi o altre situazioni di pericolo. I volontari non possono in alcun modo intervenire e sono riconoscibili perché indossano una pettorina con il logo del comune (come avviene a Verona, Brescia, e a Modena).
Ercole Toni, cittadino modenese di 65 anni fondatore dell’associazione Viveresicuri, è l’esempio vivente di questo tipo di volontariato. Ogni notte, lui e i suoi rondisti ripuliscono muri e segnalano - a volte fermano - borseggiatori e piccoli delinquenti. Secondo lui: “la ronda deve essere espressione dello spirito civico e non della paura”. Alcune zone più problematiche - come alcuni parchi pubblici -, poi, non vengono prese in considerazione, “quelle sono zone di competenza della Polizia. In posti come questi le ronde non servono a nulla, fanno solo danni. Il nostro compito è quello di sgravare le Forze dell’ordine da faccende che possono essere sbrigate da tutti”.
I più pubblicizzati, soprattutto dal governo, sono i gruppi formati da ex agenti in congedo. In alcuni Comuni, tra cui Parma, l’ente ha firmato una convenzione con l’Associazione dei Carabinieri in congedo e con l’Associazione nazionale Finanzieri d’Italia. Gli ex agenti si coordinano con la Polizia Municipale e con le Forze dell’ordine. A Treviso le ronde di ex agenti hanno preso il via la scorsa estate. I volontari indossano la divisa dei Carabinieri in congedo, non sono armati, ma usano i furgoni con lampeggiante messi a disposizione dall’Amministrazione. Il problema non è tanto l’utilizzo di ex agenti, quanto la loro strumentalizzazione. Esemplare, forse, è il caso di Augusto Calzetta, colonnello dei Carabinieri in riserva, sessantasettenne e comandante della Guardia Nazionale Italiana.
Devo dire che ho iniziato a scrivere questo articolo prima dell’esplosione, nei media nazionali, del caso della Guardia Nazionale. La cosa mi ha fatto piacere - almeno non sono l’unico a pensare che la loro presenza sia almeno anomala. La G.N.I., trovo scritto nel loro pittoresco sito, è infatti “un’associazione di volontariato disarmata che ripudia ogni forma di violenza, un’associazione aperta a tutti i cittadini italiani maggiorenni che decidono di responsabilizzarsi ed aderire ad un gruppo patriottico che si prefigge l’obiettivo di garantire un punto di ritrovo per tutti quegli italiani, senza distinzione di ceto e levatura, i quali vogliono fare qualcosa di concreto per la propria patria”. La prima impressione è che si tratti di un progetto un pò vago. Continuando a scorrere il sito mi fermo a leggere una citazione del generale dell’Arma dei Carabinieri Carlo Alberto dalla Chiesa: “Se è vero che esiste un potere, questo potere è solo quello dello Stato, delle sue Istituzioni e delle sue Leggi; non possiamo oltre delegare questo potere né ai prevaricatori, né ai prepotenti, né ai disonesti”. Appunto! La G.N.I. che centra, non è mica un’istituzione statale. Dalla vaghezza passiamo allo scetticismo. Arrivando alla sezione uniformi, lo scetticismo si trasforma in un misto tra disgusto e un leggero grado di ilarità (nel nostro Paese tale condizione emotiva precede la paura). Consiglio a tutti i lettori di andare a visitare il loro sito. Le uniformi, infatti, sono stilisticamente un connubio di simboli. Dal fregio a forma di aquila presente nel copricapo dei generali dei Carabinieri alla ruota solare - un’insieme di svastiche - presente su una fascia nera con i bordi rossi portata al braccio sinistro, un chiaro richiamo al nazismo. I colori, ricordano la dittatura fascista e le guerre “per il posto al sole”. Per finire troviamo, tra gli accessori, la bandoliera nera e l’elmetto, a proposito ma a cosa servirà? Insomma, un vero e proprio tributo alle S.S. tedesche. Dietro la Guardia, infatti, c’è il nuovo Msi di Gaetano Saya, che a Milano ha ospitato il battesimo dell'associazione e che attende il via libera per andare in strada. Intanto la procura di Torino, dopo la nascita del gruppo, ha aperto un fascicolo contro ignoti su segnalazione della Digos di Cuneo. Anche, e per fortuna, il sottosegretario all'Interno Mario Mantovano assicura che le ronde nere saranno vietate, “come tutte le associazioni di volontari che esprimano forze politiche o sindacali”. E allora le ronde padane? Per il momento lasciamole in sospeso.
Continuando con la nostra panoramica troviamo le associazioni di volontariato. Esemplari sono i CityAngels, i volontari dell’associazione fondata a Milano nel 1994 da Mario Furlan, giornalista e docente milanese. Con il motto di “Solidarietà e sicurezza” gli “angeli” si occupano di assistere gli emarginati e tutelare i cittadini vittime della delinquenza. I volontari sono riconoscibili dal basco, simbolo delle forze Onu portatrici di pace, e dalla giubba o maglietta rossa con sopra il logo dell’aquila che protegge la città. Prima di “entrare in azione” i volontari devono partecipare a un corso di formazione. Lo stesso Furlan, in una recente intervista, affermava di essere sempre stato contrario alle ronde, “se per ronda intendiamo un gruppo di persone che va su in strada a caccia di spacciatori e di immigrati: questi sono dei balordi, gente che fa solo danno agli altri e anche a loro stessi. Poi sono contrario a tutto ciò che è politicizzato, perché la sicurezza è un tema troppo importante per essere strumentalizzato politicamente da un partito”.
L’approccio dei CityAngels è totalmente opposto a quello che si vuol far passare con le ronde. “Mentre una ronda va in cerca di un nemico noi andiamo in cerca di persone da aiutare”. Per concludere Mario Furlan dichiara che il vero scopo del volontariato in strada è quello di fornire un servizio verso il prossimo e soprattutto verso i più deboli: “verso i senzatetto, gli immigrati, gli emarginati, i cittadini in difficoltà”.

Il bastone padano

“Ebbene sì vogliamo le ronde: noi guardiamo alla sostanza, non alle chiacchiere” il ministro Maroni lo ha scandito con forza, e questo, forse, è il nucleo della questione. La Lega nord, rappresentata al governo dal ministro dell’Interno Roberto Maroni, è la vera promotrice delle ronde, le ronde padane. I volontari che vogliono partecipare devono iscriversi firmando un modulo e un’autocertificazione presso la sede del partito. Non sono previsti corsi di formazione. L’attrezzatura è composta da una torcia (elettrica) e un telefono cellulare. In alcune città (ad esempio Mantova) esiste anche una linea telefonica e un indirizzo e-mail che raccoglie le segnalazioni dei cittadini. In Veneto nel 2007 le ronde furono istituite per contrastare i furti nelle ville. Il ministro Maroni, insomma, vuole formalizzare un espressione che in alcune parti d’Italia proviene dai cittadini. Il vero ideatore, comunque, è il già citato onorevole Mario Borghezio. Per lui “la delinquenza criminale” deve essere repressa con “il bastone padano”. La sua affermazione del gennaio del 1999 continua: “se ci chiameranno squadristi non importa, ce ne fotteremo”. È lui, secondo l’Ugl - sindacato della Polizia - che vuole una sanatoria “per le camicie verdi che scorrazzavano al Nord”, e forse legittimare anche organizzazioni che hanno incitato e incitano alla secessione. Il segretario nazionale dell'associazione Funzionari di Polizia, Enzo Letizia aggiunge che “il decreto attuativo delle ronde, che regolerà l'iscrizione delle associazioni nel registro prefettizio di cui i sindaci potranno avvalersi per il controllo del territorio potrà prevedere sanzioni o lo scioglimento delle ronde già istituite?”.
Anche i poliziotti del reparto Mobile non ci stanno. Nel maggio scorso hanno proclamato uno sciopero. La protesta degli agenti dei 14 reparti Mobile italiani è originata dal mancato pagamento da gennaio degli straordinari e dall’irritazione dovuta alle operazioni che delegittimano il lavoro della Polizia, come quella dei militari in città e ora quelle delle ronde . A rendere ancor più imbarazzante la situazione per il ministro Maroni è che la clamorosa forma di protesta degli agenti che giunge da un sindacato di ispirazione di centrodestra: si tratta del Movimento per la sicurezza affiliato al Coisp. Anche il Siulp (Sindacato Italiano Lavoratori di Polizia), nella figura del segretario provinciale Davide Mauro, boccia l’iniziativa del governo di agevolare l’iniziativa dei cittadini nell’ambito della sicurezza. “Un’iniziativa pericolosa - ha detto il sindacalista - che segna il degrado civile. Si rischia solo di arrivare a una giustizia fai da te, che porterebbe a conseguenze drammatiche”.
La quasi totalità dei sindacati di Polizia e addirittura la Chiesa Cattolica - monsignor Arrigo Miglio, vescovo di Ivrea e responsabile della Cei per i problemi sociali e del lavoro, intervenendo sulla questione delle ronde ha dichiarato, infatti, che “ci sono stati differenti approcci in ambito ecclesiale, il discorso delle ronde va calibrato sul discorso degli immigrati e non viceversa” - sono contrari alla gestione della sicurezza in mano ai privati, anche perché in termini pratici è inutile.
Per finire la mia analisi, infatti, vorrei presentare i dati di alcune indagini sull’argomento sicurezza. L’indagine Sicurezza in Italia (significati, immagine e realtà) - a cura di Ilvo Diamanti della Fondazione Unipolis e “Demos & pi” in collaborazione con l’Osservatorio di Pavia - del novembre 2008, si è concentrata, tra le altre cose, al concetto di insicurezza. In genere tale concetto è legato all’economia, al lavoro, alla finanza; oppure alle minacce che provengono dall'instabilità geopolitica; o, ancora, dai rischi per la salute, dagli incidenti sulle strade e nel posto di lavoro e per la microcriminalità.
L’indagine si è particolarmente concentrata sulla “spirale generata dal circuito fra realtà, opinione pubblica e media”. Nella precedente campagna elettorale, quella per le politiche, l’insicurezza - almeno quella percepita - ha svolto un ruolo importante, diventando anche per questo un argomento fra i più frequenti dell’informazione e del dibattito sui media. Oggi, o almeno prima che iniziasse la campagna elettorale per le europee, si assiste ad un arretramento del “timore di essere vittima di furti, violenze, rapine e truffe. Nell’ultimo anno arretra anche la paura degli immigrati”. Il rapporto di Demos per Unipolis non ha certo l’intenzione di riproporre il teorema che stabilisce il condizionamento diretto esercitato sui media dalla politica, al fine di generare incertezza. O, come scritto nelle note introduttive, “postulare un rapporto automatico fra media e insicurezza. Le relazioni fra questi diversi ambiti sono diverse e complesse”. L’indagine, però, non sottovaluta il fatto che il tema dell’insicurezza costituisca un tema particolarmente attraente, per i media, e particolarmente utile per la politica. “Dal punto di vista politico ed elettorale - continua Ilvo Diamanti - avvantaggia soprattutto la destra”.
A confermare il distacco tra realtà percepita e realtà vera e propria ci sono anche i dati ufficiali diffusi dal ministero dell’Interno.
Nell’anno 2008 - ovvero nell’anno in cui si è parlato di più di sicurezza - gli omicidi volontari sono al minimo storico, i furti sono diminuiti del 39,72% rispetto all’anno precedente, le rapine del 28,8%, l’usura del 10,4%, la ricettazione del 31,6%, il riciclaggio del 5,8%, le minacce del 22,1%; diminuiti anche estorsioni e danneggiamenti. Sempre gli stessi dati ci dicono che anche i reati di violenza sessuale sono diminuiti: -8,4%. Non solo, la maggior parte degli “stupri” si consuma entro le mura domestiche: i dati relativi al 2007 ci dicono che il 69,7% è opera di partner, il 17,4% di un conoscente e solo il 6,2% è opera di estranei.
La sicurezza delle persone, a dispetto dei pochi fondi e della costante insufficienza delle Forze dell’ordine, è oggi maggiormente assicurata rispetto al passato.
Il ministro Maroni, comunque, nel recente raduno di Pontida, continua ad affermare la sua volontà di legiferare sul tema ronde. “Noi vogliamo che i cittadini possano affiancare le Forze dell'ordine nelle città. Ci dicono che vogliamo le ronde, ebbene sì, vogliamo le ronde”. “Noi non ci fermeremo anche se ci dicono di tutto e che vogliamo le camice nere, noi andremo fino in fondo per avere più sicurezza nelle città”, ha concluso il ministro.
Rimane il fatto che quando in un processo storico confuso e pericoloso come quello che stiamo vivendo oggi, si mettono in discussione le Istituzioni repubblicane, difese e onorate dalle stesse Forze dell’ordine, i pericoli per la democrazia cominciano a diventare concreti.

<<precedente indice successivo>>
 
<< indietro

Ricerca articoli
search..>>
VAI>>
 
COLLABORATORI
 
 
SIULP
 
SILP
 
SILP
 
SILP
 
SILP
 
 
Cittadino Lex
 
Scrivi il tuo libro: Noi ti pubblichiamo!
 
 
 
 
 

 

 

 

Sito ottimizzato per browser Internet Explorer 4.0 o superiore

chi siamo | contatti | copyright | credits | privacy policy

PoliziaeDemocrazia.it é una pubblicazione di DDE Editrice P.IVA 01989701006 - dati societari