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Aprile-Maggio/2009 - Lettere
Le vostre lettere
di

Amava la Polizia

Gentile Direttore,
ho appreso che un caro amico e collega non è più tra noi. Ho appreso la notizia leggendo il settimanale Famiglia Cristiana il 28/12/2008, e non nascondo che mi sono commosso quando ho letto l’articolo di Alberto Bobbio, esattamente ha descritto le qualità umane e professionali di questo grande poliziotto.
Scrive il giornalista: “All’esame per il passaggio alla qualifica superiore non ha seguito la traccia data dalla commissione. Ha scritto il suo testamento, ringraziando la Polizia. Quando la Commissione d’esame ha aperto la busta con la traccia del compito dell’ispettore capo Giuseppe Fierro, dopo qualche minuto cala un silenzio imbarazzante, e chi legge l’elaborato non riesce più ad andare avanti e lo passa ad un altro esaminatore che a stento riesce a leggere: “Questo sarebbe stato lo schema di impianto del mio svolgimento e di ciò rivolgo personalmente le mie scuse a lei che si troverà nella posizione di leggere questo elaborato”. Ancora una riga bianca e una domanda: Perché le scuse? Ora - scrive sempre Bobbio - la lettura è tumultuosa, la commissione d’esame corre tra le parole, gli animi s’inquietano. Chi è questo ispettore che racconta la vita e ringrazia la Polizia? Chi è questo uomo che dal Nord arriva a Roma per partecipare ad un concorso e consegna un testamento perché sa che il male lo ha quasi divorato fino in fondo, ma deve ugualmente raccontare e ringraziare per il privilegio di vent’anni di Polizia? La busta anonima ritrovata è quella con il nome: ispettore capo Giuseppe Fierro. C’è un computer, l’accendono. Digitano il nome: deceduto”.
L’articolo è molto lungo e non posso andare oltre, ma chi ha la possibilità lo vada a leggere. Giuseppe prestava servizio alla Scuola Polgai di Brescia, era ben voluto dai suoi superiori e colleghi, aveva tanti amici, mi piace ricordarlo ed è anche giusto ricordare che il Capo della Polizia Antonio Manganelli, con grande commozione, ne ha parlato ad una gremita aula della Scuola Superiore di Polizia.
Noi poliziotti siamo fatti così, amiamo la Polizia.
Vincendo Di Maria
della Polizia di Stato
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L’Italia continua a coprirsi di vergogna

Caro Direttore,
non vi è fine alla vergogna in un’Italia che si crede campione di umanità e di tolleranza, ma è campione solo di una grande ipocrisia.
Dopo dieci anni di traversie legali (e tacciamo del dolore e delle umiliazioni subite) in cui non siamo riusciti una sola volta a far aprire un procedimento giudiziario che facesse finalmente luce sulla morte del nostro unico figlio, Roberto Garro, 19enne (soldato di leva), e dei suoi tre sfortunati commilitoni, o facesse finalmente luce del perché della sua sepoltura frettolosa e segreta in condizioni oltraggiose: nudo come un verme, sporco e scomposto come un cane rognoso. O facesse luce sulla turbativa d’asta e della conseguente truffa ai danni dello Stato sul trasporto della sua bara dalla caserma in cui era assegnato in Friuli alla sua abitazione nella città natale, Milano.
Oggi un’altra tegola è caduta su tutta questa vicenda. Si tratta della risposta del ministero della Difesa, il quale respinge il riconoscimento di “vittima del dovere”, ma solo “vittima del servizio”, riconoscimento non utile per accedere al D.p.r. 243 del 7/7/2006. E’ questa la ignobile risposta di un Paese di cui ci vergognamo di appartenere ed è una tegola fatta di discriminazione e di disprezzo della dignità umana, quando si tratta dei propri cittadini, fatta proprio da questa Italia, così piccola e così meschina, questa Italia che elargisce provvedimenti economici a profusione a tutti coloro che approdano alle nostre coste, provenienti da Paesi lontani e spesso a noi sconosciuti, dovuti il più delle volte a seguito dello svuotamento delle carceri nei loro Paesi d’origine a condizione di espatriare con destinazione Italia.
Per non parlare delle cosiddette “missioni di pace”. Spedizioni che costano al nostro Paese, dati dell’ultima Finanziaria, qualcosa come 22.586.615 milioni di euro (circa 1 miliardo in più della scorsa Finanziaria), e ciò in un Paese in cui i cittadini vengono umiliati con l’assegnazione ad personam della “social card”, cioé la carta di credito degli straccioni, il “bonus mensile”, trovata geniale per incentivare le invidie e la guerra fra poveri, che si aggiungono alla distribuzione gratuita di generi alimentari al “Pane Quotidiano” e la “cernita” nei rifiuti dei dopo mercati.
In un Paese di questo livello si nega (ed ormai avviene da oltre 30 anni) un equo risarcimento a quanti, in questo “civilissimo” Paese, soldati al servizio delle Istituzioni (per lo più della ex leva obbligatoria) di ottenere un equo e dignitoso risarcimento in caso di morte in servizio, se pure riconosciuta la “causa di servizio”; un pezzo di carta che può benissimo essere appeso nel wc per la sua inutilità.
Paradossalmente, tale comportamento di indifferenza istituzionale non lo si può attribuire a questo o a quel governo; dalla caduta e conseguente scomparsa dall’orizzonte politico di qualsiasi governo democristiano, si sono infatti alternati alla guida del Paese governi di centro-destra e governi di centro-sinistra, ma la risposta da essi è sempre stata la medesima; un ritornello che sentiamo ormai da 60 anni: il Paese è in crisi, non vi è copertura economica-finanziaria per tali provvedimenti risarcitori. E quindi, ogni proposta di legge presentata a tal proposito in questi ultimi 30 anni decade ignominosamente fra l’indifferenza del Parlamento, le diatribe di palazzo e le schermaglie politiche fra rossi e neri, pardon, maggioranza e opposizione. Vale a dire: si può e si deve morire gratuitamente al servizio dello Stato, in patria o in inutili operazioni di conquista in terre straniere, senza giustizia e senza dignità. L’importante, nel prossimo futuro, sarà di provvedere a raccogliere dignitosamente il miliardo di africani, cinesi, russi, ecc. che si accalcano alle nostre frontiere e alle nostre coste. Quindi perché vivere o morire per questa patria?
Angelo e Anna Garro
Milano
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Polizia tra la gente

Gentile Direttore,
La Polizia di prossimità comincia a dare i suoi frutti, la gente sente sempre di più il bisogno di aprirsi alla Polizia e la considera effettivamente un’amica, come del resto tanti slogans che leggiamo sulla rivista Polizia Moderna e non solo. La Polizia vicina ai bisogni della gente è stata una svolta storica, che ha accresciuto non solo la gratitudine e la stima dei cittadini, ma un forte legame affettivo. Il lavoro del poliziotto di quartiere deve essere però supportato da una struttura capace di accogliere le innumerevoli richieste dei cittadini, che vanno dalle molestie alle minacce, ai rumori molesti, ai fenomeni di bullismo ecc.
Credo che sia auspicabile che nei commissariati di Polizia venga istituito un apposito ufficio denominato “Ufficio del mediatore”, anche se devo dire che in parte questo avviene nelle grosse questure, dove esiste un Ufficio di pubbliche relazioni, tuttavia proprio perché esiste un potere discrezionale di cui è investita la Polizia, attraverso gli ufficiali di Ps che all’art. 1 del Tulps prevede, a richiesta delle parti per mezzo degli ufficiali di Ps, alla “bonaria composizione dei privati dissidi” a seguito della presentazione di un esposto da parte del cittadino. Ormai la maggior parte degli interventi della Volante sono: liti in famiglia, maltrattamenti familiari, bullismo nelle scuole, ecc. Sarebbe interessante istituire nei commissariati l’Ufficio del mediatore, con personale di Polizia, magari laureato in Psicologia e Sociologia, e che comunque rivesta la qualifica di ufficiale di Ps. E’ solo un’idea che forse vale la pena di considerare.
Un cordiale saluto.
V. D. M. - Venezia

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