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Aprile-Maggio/2009 - Interviste
“In Occidente dobbiamo difendere le nostre libertà”
di a cura di Gianni Verdoliva

Bruce Bawer è uno scrittore newyorkese
che vive in Europa: omosessuale, si trasferì
prima in Olanda, e successivamente
in Norvegia, per sottrarsi all’atmosfera
opprimente del fondamentalismo protestante
americano. Oggi si trova a fronteggiare
l’integralismo islamico che, con la crescente
presenza delle comunità musulmane,
sta influenzando sempre più
la cultura e i costumi europei


Critico letterario e saggista. Oltre che cosmopolita. Fieramente americano ed internazionale allo stesso tempo. Bruce Bawer è tutto questo. Ma non solo. Forse l’emblema di un uomo libero che vive in tempi pericolosi ed anche, per certi aspetti, interessanti, Bawer attraverso il suo blog (memo.brucebawer.com), i suoi libri e vari articoli fa sentire la propria voce nell’arena infuocata del dibattito intorno al ruolo delle religioni nella sfera pubblica e della religione islamica in particolare.
Sicuramente Bawer può essere collocato nel fronte dei pensatori anti-islamisti, termine col quale possono essere designati tutti coloro che, pur con varie sfumature e con approcci diversi, vedono nell’Islam e nei fenomeni di terrorismo ed integralismo ad esso connesso, una se non la più grave minaccia per la civiltà occidentale.
Rispetto ad altri però Bawer appare decisamente più coerente dato che, pur considerando legittimamente il fondamentalismo islamico un fenomeno di proporzioni enormi, non ha mai smesso di denunciare anche altri tipi di integralismo religioso, quello cristiano in primis, pur considerandoli meno pericolosi.
Come finire dalla padella alla brace. Viene da pensare questo riflettendo sulla biografia di Bawer.
Lui, gay dichiarato che negli Stati Uniti tanto ha lottato contro l’omofobia delle Chiese evangeliche e la loro influenza sul mondo politico, si trova ora, in Europa, a fronteggiare un integralismo nuovo e decisamente più pericoloso: l’Islamismo.
Il suo ultimo libro While Europe slept, racconta il viaggio culturale carico di speranza di un americano gay che arriva in Europa credendo di sfuggire all’influenza dei cristiani evangelici.
L’Europa che incontra Bawer all’inizio è effettivamente quella tanto agognata. Amsterdam, all’epoca considerata capitale gay mondiale, offre all’autore la serenità di un contesto laico ed aperto. Al punto da vedere gruppi di ragazzini che incrociano coppie gay che si tengono la mano per strada e continuano a procedere con indifferenza. Il sollievo è però di breve durata. Poco a poco cominciano a profilarsi all’orizzonte segnali inquietanti. Che non arrivano certo dal mondo cattolico, nel nord Europa minoritario, né dal fronte evangelico, del tutto irrilevante nel vecchio Continente. A creare inquietudine sono i gruppi, sempre più numerosi, di immigrati provenienti da azioni islamiche portatori di una cultura che assolutamente cozza con i valori cari agli europei: la laicità, la parità tra uomo e donna, il vivere e riconoscersi in uno Stato di diritto, ecc.
Grazie alla complicità di una larga parte della classe politica ed in nome del multiculturalismo, le istanze, persino le più radicali delle comunità islamiche vengono molto spesso accolte. Anche quando vanno contro a principi pressoché universalmente accettati socialmente e culturalmente.
Diventata irrespirabile l’aria ad Amsterdam, Bawer, insieme al suo compagno si trasferisce ad Oslo. Ed anche qui il copione si ripete: doppio standard culturale, nomi noti che minimizzano o giustificano pratiche discriminatorie quando non apertamente barbare nei confronti delle donne e la solita accusa di razzismo rivolta a chiunque si permetta di ricordare il concetto di universalità dei diritti umani. Con tutto quello che ne consegue.
Nel suo libro, che potrebbe anche chiamarsi “Memorie di un americano in Europa” l’autore esprime inoltre la sua frustrazione per l’atteggiamento ambivalente che gli europei hanno nei confronti degli Stati Uniti. Ammirazione ed ossessione per le serie televisive e le varie star del mondo della musica e dello spettacolo unita, in maniera stridente, ad una aperta antipatia nei confronti della politica statunitense. Antipatia, forse è il caso di dirlo, magari anche un po’ spinta dall’operato dei passati otto anni dell’amministrazione Bush.
Tra aneddoti, esperienze vissute ed un’attenta analisi delle prese di posizione dei media e dei politici europei, Bawer lancia il suo j’accuse di cieco antiamericanesimo ad un’Europa che considera mollacciona ed invidiosa della potenza americana. L’analisi dell’autore, ed il suo grido d’allarme per l’atteggiamento di connivenza nei confronti degli islamisti, sono sicuramente da tenere in debita considerazione. C’è però da aggiungere che mancano dei riferimenti netti alle politiche economiche legate al mercato globale ed alla dipendenza delle nazioni occidentali, Stati Uniti in testa, dal petrolio. Sicuramente l’autore affronta la questione dell’integralismo islamico dal punto di vista sociopolitico e culturale. Sarebbe però auspicabile che pensatori liberi del suo calibro potessero riflettere fuori dagli schemi che vogliono il mercato libero, il capitalismo ed il petrolio degli assiomi immutabili che non devono essere messi in discussione. I sistemi economici e le politiche energetiche hanno dato e continuano a dare enormi profitti e potere ai regimi totalitari islamici. Ragionare e promuovere il cambiamento anche su questo fronte sarebbe davvero importante.
Da Oslo, dove è convolato a nozze col suo compagno, Bawer racconta il suo punto di vista. Di uomo amante della libertà.

Signor Bawer, l’Europa sta ancora dormendo?
Penso che sempre più persone comuni si stiano svegliando. Ma molti politici, accademici e le élite dei media preferirebbero che rimanessero addormentati.

Quali sono i recenti sviluppi sociopolitici in Europa che la fanno disperare e quelli invece che le danno speranza? Può individuare un trend o la situazione è ancora troppo confusa?
Nutro speranza per il crescente supporto di politici come Siv Jensen qui in Norvegia ed il suo Progress Party, che sostiene una sostanziale riforma delle politiche legate all’immigrazione ed esprime delle legittime preoccupazioni legate alla strisciante islamizzazione in atto nel Paese.
Sono invece affranto per il fatto che le élite, invece di riconoscere che la Jensen non ha tutti i torti, la paragonano ad Hitler. Questo è anche quello che i nemici di Pym Fortuyin gli hanno riservato. Sono gli islamisti, gli entusiastici della sharia, ad essere i totalitari e non coloro che resistono a queste forze nel nome della libertà.

Nel suo ultimo libro lei accusa la sinistra di collaborare con gli islamisti in Europa. Ma che cosa può dire riguardo alla destra ed al suo insistere di mettere la religione, nella fattispecie il cristianesimo, in politica? Non sarebbe meglio se le religioni, tutte le religioni, venissero tenute fuori dall’ambito politico?
Ho scritto un libro nel 1997, Stealing Jesus che è molto critico nei confronti del fondamentalismo protestante evangelico e del suo ruolo in politica negli Stati Uniti. Ammiro molto la Costituzione della mia madrepatria, gli Stati Uniti, che riconosce la vitale importanza della separazione tra lo Stato e la Chiesa.
E’ ironico: quando Stealing Jesus è uscito sono stato descritto come uno scrittore di sinistra, e sono stato lodato dalla sinistra e criticato dalla destra. Poi è arrivato While Europe slept, in cui ho criticato l’Islam partendo esattamente dalla stessa posizione dalla quale criticavo il cristianesimo nel mio libro precedente, e all’improvviso mi sono trovato ad essere dipinto come uno scrittore di destra, lodato dalla destra e criticato dalla sinistra.

Parlando della relazione tra Stato e Chiesa nel suo libro While Europe slept lei descrive la Chiesa di Norvegia come antiquata. Trovo che sia ingiusto. Per quanto non perfetta la Chiesa norvegese di Stato di confessione luterana ha donne preti, donne vescovi ed ha cominciato un processo di apertura nei confronti dei preti gay.
La Chiesa di Norvegia non è ancora completamente aperta nei confronti dei membri del clero gay e lesbiche. Ci sono vescovi che accettano la presenza dei preti gay nelle loro diocesi ed altri no. La Chiesa, anche se finanziata dallo Stato, non celebra matrimoni o benedizioni a coppie dello stesso sesso.
Il punto comunque non è che la Chiesa norvegese sia antiquata, sono i norvegesi che, anche se si presentano come moderni, sono invece fortemente attaccati a vecchie tradizioni e rituali, anche quando queste tradizioni e questi rituali non hanno collegamento con cosa credono i norvegesi in realtà. Dicendo questo non intendo dire alcunché nei confronti della Chiesa di Norvegia.

In passato lei ha scritto a proposito degli integralisti cristiani e ha detto di essere venuto in Europa perché la riteneva più laica. Cosa pensa riguardo alle Chiese protestanti storiche (Chiesa d’Inghilterra, luterani tedeschi e scandinavi, riformati francesi, olandesi e svizzeri, ecc)?
Sono anglicano (Chiesa episcopale degli Stati Uniti) e sono stato attratto dall’anglicanesimo perché, come si dice spesso “non c’è bisogno che controlli il tuo pensiero all’ingresso”. Mi sono francamente ora allontanato dalla comunione anglicana, in gran parte a causa della condotta codarda dell’attuale Arcivescovo di Canterbury riguardo alle tematiche gay. Ammiro profondamente molti leader anglicani nel Regno Unito e negli Stati Uniti per il sostegno che danno alle persone gay nella Chiesa, ma azioni come il rifiuto di permettere al vescovo dichiaratamente gay Gene Robinson di partecipare alla recente conferenza di Lambeth sono state inconcepibili. Tutti nella Chiesa anglicana sanno che è piena di preti gay nascosti. Con il loro comportamento i leader anglicani non puniscono l’omosessualità ma l’onestà e l’integrità spirituale.
Affronto queste tematiche in maniera approfondita nel mio libro Stealing Jesus e lì chiarisco meglio il mio punto di vista su queste questioni. E’ difficile generalizzare riguardo a molte confessioni protestanti perché, come gli anglicani e la Chiesa di Norvegia, molte di loro contengono elementi di quelle che definisco “la Chiesa dell’Amore” e “la Chiesa della Legge”. Questo è sicuramente vero per tutti i gruppi protestanti negli Stati Uniti.

I giornalisti ed i blogger che scrivono riguardo all’estremismo islamico sono generalmente muti riguardo agli altri estremismi religiosi. E lo stesso si può dire di chi si oppone all’integralismo cristiano, sia esso cattolico o evangelico, che è allo stesso tempo silenzioso sul fondamentalismo islamico. Perché è così difficile fare fronte comune?
Questa è una delle mie maggiori frustrazioni. L’opposizione all’estremismo cristiano è generalmente considerata come di sinistra. L’opposizione all’estremismo islamico è generalmente considerata di destra.
Non capisco. Opporsi ad ogni religione che cerca di limitare o distruggere la libertà delle persone per me è una semplice questione connessa alla difesa delle libertà.

La religione non sta avendo un ruolo troppo importante nella società? Ci sono persone, non solo musulmani, che ottengono ogni sorta di eccezioni alle leggi vigenti in virtù del loro credo religioso. Se si è seri riguardo all’intenzione di preservare la società dall’islamizzazione, perché dare alla sfera religiosa tutta questa importanza?
Una nazione libera dovrebbe garantire sia la libertà di religione che la libertà dalla religione. Molte persone religiose in Occidente o non lo capiscono perché non sono state educate in maniera appropriata riguardo alla natura della democrazia laica, o lo capiscono ma non lo accettano. Finchè riescono, vogliono imporre i valori della loro religione sulla società intera.
Tutti noi che abbiamo a cuore le nostre libertà dobbiamo resistere a tutto ciò, indipendentemente che ci consideriamo di sinistra, di destra o di centro ed indipendentemente che la religione in questione sia il cristianesimo, l’Islam o qualunque altra fede.

Mi permetta di farle alcuni esempi. Come potremmo non permettere ad una donna musulmana che lavora nella Polizia di indossare il velo o anche il niqab, se dice che ciò fa parte del suo sentimento religioso, se permettiamo ad una donna cristiana evangelica di non indossare i pantaloni dell’uniforme sulla base del fatto che ha espresso la richiesta basata sul credo religioso di indossare solo la gonna? Come potremmo rifiutare ore riservate solo alle donne nelle piscine pubbliche a donne musulmane se lo permettiamo alle donne ebree ultraortodosse? Come potremmo obbiettare ad un farmacista musulmano che si rifiuta, sulla base del suo credo religioso, di fornire la pillola del giorno dopo ad una donna che ne ha bisogno se permettiamo ad un farmacista cristiano di farlo liberamente? Non crede che gli islamisti si stiano unendo ad un trend crescente di persone religiose che continuamente chiedono regole diverse per se stessi?
Penso che nessuna delle situazioni citate dovrebbe essere permessa. Permettere il credo religioso privato è una cosa, permettere eccezioni ed accomodamenti straordinari del tipo descritto nella domanda è un’altra. Perché una democrazia laica funzioni questi accomodamenti non devono semplicemente essere permessi.
Considerate una ad una, queste concessioni possono sembrare innocue, e può anche sembrare meschino negarle. Ma se si cede in un caso, arriverà un’altra richiesta e poi ancora un’altra e le concessioni aumenteranno fino a che non ci sarà più una democrazia laica.

Coloro che denunciano l’estremismo islamico in genere tacciono sulle connessioni legate alle ripercussioni economiche del petrolio, o, nel migliore dei casi, ne fanno cenno ma molto brevemente. I proventi del petrolio aiutano a livello finanziario sia il terrorismo jihadista che l’estremismo islamico eppure chi si occupa di questi fenomeni sembra ignorare l’importanza che gioca il petrolio.
Ci sono certamente molte sfaccettature legate all’argomento Islam. Per quel che mi riguarda ho scritto riguardo a quegli aspetti della situazione che conosco meglio per esperienza personale. Non sono certamente un esperto dell’economia legata all’industria petrolifera.

Che cosa pensano le persone comuni riguardo al fatto che problemi enormi come la mutilazione genitale femminile, gli omicidi d’onore e casi estremamente violenti di stupri e di violenza antigay erano praticamente non esistenti prima dell’arrivo degli immigrati musulmani? Che cosa pensano o fanno la stampa ed i politici riguardo a ciò?
Penso che le persone comuni in Europa siano sempre più coscienti e preoccupate di questi problemi. E’ davvero difficile non esserne coscienti perché tutti questi fenomeni sono in continuo aumento. Per lo più i politici ed i media europei cercano di voltarsi dall’altra parte per vedere. Perché?
In parte questo accade perché sono fossilizzati con il modo multiculturalista di vedere le cose con cui sono stati educati che li ha fatti diventare inseparabili dall’immagine che hanno di se stessi di persone buone, aperte e disponibili. Rompere con questo schema di pensiero significherebbe rischiare di essere considerati razzisti o islamofobi e per loro l’idea di avere tali epiteti rivolti contro è una cosa profondamente disturbante. Inoltre c’è anche da considerare che non hanno soluzioni facili a questi problemi e quindi preferiscono non prenderli nemmeno in considerazione.
Aggiungo anche che hanno sinceramente paura per le proprie vite; hanno visto cosa è successo a Theo Van Gogh e ai disegnatori danesi, sanno che i politici ed i giornalisti europei che hanno parlato in maniera chiara e franca di queste tematiche devono vivere continuamente sotto scorta.

Negli Stati Uniti e in Europa una gran parte del movimento femminista, in particolar modo nel mondo accademico ha abbracciato il relativismo culturale. Questo è anche il caso della Norvegia?
Sì.

Cosa può dire della vita e della comunità gay in Norvegia? Sono preoccupati per la violenza antigay? E quale è, se esiste, il ruolo dei gay appartenenti alle minoranze etniche?
Conosco il primo gay musulmano che si sia mai dichiarato in Norvegia e che è uscito allo scoperto solo un paio di anni fa e la donna che è la sola ed unica lesbica musulmana dichiarata in tutta la nazione. Sono entrambi molto coraggiosi e molto visibili. Non è mio compito parlare al loro posto ma ho avuto modo di discutere a lungo con entrambi e penso di poter dire che, oltre al fatto di temere ripercussioni da parte della comunità musulmana per il fatto di essere gay, si sentono traditi dai media e dai politici norvegesi che, malgrado abbiano una attitudine generalmente pro-gay, preferiscono “fare i bravi” con i leader islamici norvegesi e tenere a debita distanza i gay musulmani dichiarati per paura di offendere gli islamici antigay.
Per quanto riguarda i leader gay locali, devono ancora affrontare in maniera credibile l’ostilità islamica nei confronti dei gay. Questi leader gay sono stati molto decisi nelle loro critiche nei confronti dei rappresentanti antigay della Chiesa norvegese e nelle loro critiche contro l’Esercito della Salvezza che in Norvegia è importante e di sicuro non è molto amichevole nei confronti dei gay, ma con ben rare eccezioni sono stati silenziosi riguardo all’atteggiamento degli islamici nei confronti dei gay.
Anche quando i leader islamici in Norvegia e altri musulmani famosi nella nazione si sono pubblicamente rifiutati di condannare la pena di morte nei confronti degli omosessuali, i leader gay in generale si sono fatti notare per non aver creato clamore nei confronti di dichiarazioni così sconvolgenti.

Ha approfittato della legge norvegese che permette il matrimonio civile tra coppie dello stesso sesso? In caso affermativo le faccio i miei auguri. Cosa ne pensa della quantità di denaro spesa da entrambe le parti per la Proposition 8 in California che aveva come obbiettivo di rendere illegale il matrimonio gay?
Io e il mio partner ci siamo sposati da pochissimo. Grazie degli auguri. Ho contribuito con una modesta somma al fronte che voleva fermare la Proposition 8. Sono stato molto deluso quando è passata. Sono scandalizzato dalle enormi somme di denaro spese dai mormoni, nel nome della loro Chiesa, per negare il matrimonio ai gay californiani.
Conosco alcuni mormoni gay ed alcune delle loro famiglie che li sostengono e posso dire che la malvagità del comportamento della leadership della Chiesa nei confronti degli aderenti gay e delle famiglie che li sostengono è assolutamente incredibile.

Recentemente il Vaticano si è rifiutato di sostenere la dichiarazione Onu contro la criminalizzazione dell’omosessualità ponendosi sullo stesso piano delle nazioni islamiche e degli Stati Uniti. Ritengo divertente vedere tutti e tre uniti su questo fronte.
Sì, infatti lo è. Spero e mi aspetto che qualcosa, sul fronte degli Stati Uniti, cambi con la nuova amministrazione.

Parlando degli Stati Uniti lei ha dichiarato il suo sostegno, pur con delle riserve, ad Obama. Cosa pensa del nuovo Presidente e della nuova amministrazione?
Durante la campagna elettorale sono stato infastidito da diversi aspetti della storia personale di Obama, in particolar modo dalla sua lunga e profonda amicizia col reverendo Jeremiah Wright, un pastore che è fissato con la polarizzazione estrema a livello razziale. Ma ho poi riconosciuto che per Obama essere associato a Wright è stata una questione di strategia politica, i politici sono, dopo tutto, politici; e ho potuto considerare Obama, e spero di non sbagliarmi, come un uomo i cui atteggiamenti nei confronti dei gruppi razziali sono esattamente all’opposto a quelli di Wright.
Intendo dire che sono arrivato a ritenere Obama come un uomo che sembra determinato a muoversi oltre la polarizzazione, sia essa razziale, politica o altro, e che sia capace di unire persone di diversa estrazione e natura. Ammiro la sua calma, la sua capacità di riflessione, la sua dignità ed il suo autocontrollo. Penso che sia splendido avere un Presidente che parla in maniera così articolata ed intelligente. E, considerato il vergognoso passato dell’America in merito alle questioni razziali, certo, è sicuramente una fonte di gioia, l’aver visto la nazione eleggere come suo Presidente un uomo nero. A parte questo, è difficile aggiungere molto altro a questo stadio. Vediamo come procede e teniamo le dita incrociate.

Ha notato un cambiamento nelle solite attitudini antiamericane in Europa dopo la vittoria di Obama?
Almeno nei media europei che ho consultato all’epoca, il fenomeno Obama mi è sembrato mandare alcuni giornalisti in uno stato di perplessità: il fatto che l’America potesse eleggere un uomo nero come Presidente era considerata una cosa impossibile dato tutto quello che a loro era sempre stato detto riguardo al razzismo americano. Non era tanto il fatto che l’elezione di Obama abbia modificato i sentimenti antiamericani in Europa, quanto, da quel che mi è parso, che molti nei media non sapevano come trattare i loro sentimenti antiamericani e li hanno momentaneamente messi da parte, come dei vestiti che sono sempre stati alla moda e che all’improvviso non vanno più bene e vengono riposti negli armadi. Era divertente vedere giornalisti che per anni avevano sempre scritto in termini fortemente negativi nei confronti degli Stati Uniti cambiare all’improvviso atteggiamento senza nemmeno riconoscerlo.
I norvegesi che conosco personalmente erano molto interessati a discutere delle elezioni sia prima che dopo i risultati. Prima, la maggior parte era incapace di credere che Obama potesse essere eletto. Dopo, molti erano visibilmente sconcertati. L’unica persona che conosco qui ad Oslo che non ha avuto paura di esprimere la sua grande gioia per il risultato e che è venuta a congratularsi con me come americano non è stato un norvegese ma un immigrato dall’India.
Ad ogni modo il tono nei confronti degli Stati Uniti è un po’ cambiato, ma non so quanto durerà. Recentemente su un giornale norvegese c’era un titolo dal quale si intuiva che Obama è sempre più uguale a Bush. La cosa non mi ha sorpreso. L’antiamericanesimo in Europa ha radici talmente profonde per svanire così rapidamente.

Cosa si può fare per fermare l’estremismo islamico e gli altri estremismi religiosi? Occorre confrontarsi a questi fenomeni in maniera diversa? Se sì perché?
L’estremismo islamico riguarda la Jihad, la conquista, il soggiogare gli infedeli alla regola del Corano. Gli integralisti cristiani, almeno negli Stati Uniti, vogliono certamente condizionare la politica e non faccio un passo indietro di fronte a nessuno di loro, ma stiamo parlando di due fenomeni decisamente diversi per grandezza. Quando ho pubblicato i miei libri A place at the table sui diritti dei gay e Stealing Jesus sull’integralismo cristiano ho avuto innumerevoli dibattiti nei media con i leader evangelici. Erano antigay ma nessuno ha suggerito che le persone gay dovrebbero essere uccise. Erano cattivi ed offensivi ma non ho temuto per la mia vita mentre mi trovavo faccia a faccia con loro. In Norvegia anche i cosiddetti musulmani moderati rifiutano condannare esplicitamente l’idea che i gay dovrebbero essere messi a morte.
Cosa fare? In Occidente dobbiamo dedicarci a difendere le nostre libertà. Dobbiamo essere risoluti nel rifiutarci di compromettere le libertà nei confronti di qualunque religione per paura, o per evitare tensioni o per accuse di bigottismo. E dobbiamo essere pronti a combattere.

Lei ha vissuto ad Amsterdam. Come è la situazione lì ora?
Brutta. Ci ritorno spesso. I cambiamenti negli ultimi 12 anni sono palpabili. Amsterdam è una città sempre più pericolosa per le persone gay. I pestaggi antigay da parte di gang di giovani musulmani sono sempre più frequenti e più audaci. Accadono persino in pieno giorno, in luoghi affollati o addirittura nel mezzo di zone gay. Persino i leader gay ora ammettono che il problema esiste.
Ma il sindaco della città è un vergognoso accomodante che ha detto che, nel nome dell’armonia sociale, gli olandesi dovrebbero essere disponibili nei confronti degli aspetti illiberali dell’Islam. Questa è una sorte terribile per una città che amo e che per me, quando l’ho visitata per la prima volta, sembrava un simbolo brillante di libertà.

Cosa pensa delle Forze di polizia norvegesi? Secondo le ultime notizie i poliziotti sono sottopagati e ci sono stati seri tentativi per permettere alle donne musulmane di indossare il velo con la divisa. Che cosa succede? La Polizia fa un buon lavoro? E se no, perché? Perché hanno pochi agenti? Sono inclusivi nei confronti di poliziotti donne e poliziotti gay?
Il dibattito sul velo è stato duro e non si è ancora concluso. Le Forze di polizia sono assolutamente carenti a livello finanziario. Molti politici socialisti hanno chiaramente poco rispetto nei confronti delle Forze di polizia e anche delle Forze armate. La mia teoria è che questi politici preferiscono usare fondi per programmi sociali di scarsa o nessuna utilità i cui addetti voteranno per loro piuttosto che finanziare le Forze di polizia i cui membri sono generalmente meno inclini a votare per loro. Questa non è certamente la motivazione principale ma sospetto che faccia parte delle concause.
Da quel che so la Polizia è talmente carica di lavoro e talmente carente di mezzi che la percentuale di fenomeni criminosi che è debitamente investigata e risolta è molto più bassa di quello che dovrebbe essere, decisamente in maniera scandalosa. Comunque sì, l’attitudine della Polizia non è sessista né omofoba. Il Capo della Polizia nazionale è una donna.
Come ho scritto nel mio blog lo scorso aprile, nel corso di una discussione con i musulmani di Oslo nell’ottobre precedente, il Capo della Polizia di sicurezza norvegese è arrivato al punto di lodare i musulmani e di distanziare l’Islam dal terrorismo al contempo attaccando l’America e dipingendo i norvegesi ordinari come ignoranti e come potenziali bigotti violenti anti-musulmani. E’ comune qui vedere i Capi della Polizia, esattamente come accade per i politici ed i burocrati del governo, lanciarsi in simili retoriche in pubblico mentre in privato gli stessi parlano con franchezza dei gravi problemi a cui si trovano confrontati.
I recenti disordini causati dai musulmani qui ad Oslo sono stati terribili. Con la scusa di protestare contro il governo israeliano il centro di Oslo è diventato un campo di battaglia non per un giorno ma per diverse notti. La Polizia ha fatto un lavoro ammirevole cercando di riportare l’ordine, ma gli agitatori violenti che sono stati arrestati ed il discorso ufficiale riguardava la necessità di “dialogo” con i manifestanti in modo che le loro preoccupazioni venissero seriamente prese in considerazione.

Lei è mai stato in Italia? Cosa le piace e cosa non le piace della nostra nazione?
Sono stato in Italia solo una volta. Ero a Roma per una conferenza nel dicembre del 2007. Mi è piaciuta la città e mi piacerebbe ritornare per vedere di più dell’Italia. Ho incontrato molte persone interessanti ed ammirevoli, inclusa l’eroica Fiamma Nierenstein. Roma è sicuramente bella ed interessante, così diversa dalla sonnolenta e logora piccola Oslo.
Sono stato sorpreso dalla reazione che ho avuto quando ho visitato la basilica di San Pietro. Mi aspettavo di rimanere estasiato di fronte ai capolavori artistici, ma ho avuto difficoltà ad andare oltre l’imponente simbolo di potere papale che rappresenta la basilica. Tutto quello che ho potuto pensare è stato quanto potesse essere stato imponente e intimidante per qualche povero campagnolo arrivato a Roma da qualche villaggio secoli fa quando i papi governavano il mondo. Dio sa quanto sia intimidente persino oggi.


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