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Aprile-Maggio/2009 - Interviste
Pensionati
“E’ la crisi di un’epoca, di valori e di cultura”
di a cura di Eleonora Fedeli

Social card, privatizzazione
della sanità, innalzamento dell’età pensionabile
per le donne: Carla Cantone, segretaria generale
dello Spi-Cgil, risponde alle nostre domande
sul tema della crisi e illustra le proposte della Cgil
per far fronte a questo periodo
di recessione. Prima fra tutte: ridurre
le disuguaglianze tra i Paesi e nei Paesi


Il successo delle manifestazioni del 5 marzo e del 4 aprile dimostra che c’è un’Italia che prova a resistere ai colpi della crisi. Quanto è importante la mobilitazione per ottenere risultati concreti nelle battaglie portate avanti dalla Cgil?
Guardi, è molto semplice. O ti mobiliti o non ci sei. Intendo dire che i risultati di una rivendicazione sono il frutto di un duro lavoro di costruzione che parte dal basso, dalle persone, e che si può riassumere così: analisi partecipata dei problemi, valutazione e condivisione delle priorità, rivendicazioni e a fronte di nessuna risposta: mobilitazione.
La straordinaria partecipazione di pensionati e lavoratori, donne e uomini, giovani e vecchi, italiani e migranti alle manifestazioni di questa primavera consente da una parte di rafforzare la consapevolezza interna ed esterna della gravità dei problemi del Paese, e dall’altra dà forza corale alle richieste: a questo punto se il governo non risponde, si assume la responsabilità di lasciare senza risposte non una sola persona, ma centinaia di migliaia di uomini e donne che si sono sbattuti per ritrovarsi tutti insieme in una stessa piazza. Ovviamente ci auguriamo sempre che il coro si allarghi…

Accanto a studenti e lavoratori sfilano nei cortei anche anziani e pensionati. Quali sono le loro richieste?
Economiche, perché questo ora è un tema centrale. La povertà. Sono molti gli anziani poveri e tantissimi i nuclei familiari che stanno sotto i 1000 euro al mese, ma anche richieste legate al benessere e alla dignità delle persone e delle famiglie, come per esempio la legge sulla non autosufficienza. Riguarda vecchi e giovani, e punta a sostenere i nuclei familiari ad affrontare un problema così grande che una singola persona, o un piccolo nucleo familiare non può affrontare da solo. Stiamo parlando di tre milioni di persone non autosufficienti, giovani e anziani, che non godono di servizi e di sostegno al reddito capaci di aiutarli nelle difficoltà, e di restituire loro dignità, qualità della vita e senso di appartenenza ad una comunità.

Cosa ne pensa della proposta relativa all’innalzamento dell’età pensionabile delle donne?
Che è un modo superficiale e iniquo di recuperare soldi sempre dallo stesso contenitore dai redditi da lavoro dipendente. E per di più dalle donne che si sobbarcano delle fatiche più grandi, nella cura dei malati, degli anziani, dei bambini (comprese tutte le inefficienze e inadeguatezze dei nostri servizi pubblici, scuole, trasporti, sanità ecc.), attività a cui si riconosce valore ma non le si misura ancora in termini economici.
Non che mi sfugga il fatto che la vita si è allungata e quindi va ripensato tutto il nostro schema di partecipazione della persona, nelle sue diverse fasi di età, al lavoro e al funzionamento complessivo della società. Anzi, proprio in funzione di questo, credo dovremmo partire anzitutto dal rendere flessibile l’uscita dal lavoro per tutti, uomini e donne, magari con una gradualità di orario di lavoro e di competenze e funzioni all’interno dell’organizzazione del lavoro stesso.

Lo Spi ha organizzato assemblee e sit-in in diverse città e una grande manifestazione a Roma a cui hanno partecipato più di 20mila persone. Rinunciare all’appoggio di Fnp e Uilp, però, non rischia di indebolire il potere di questa protesta e di isolare il sindacato?
Il governo ha fatto di tutto per spaccare l’unità delle organizzazioni sindacali e di dividere il mondo del lavoro, e in parte ci è riuscito. Se però riprendiamo a discutere di merito, nelle organizzazioni sindacali dei pensionati, penso si possa recuperare. I nostri temi chiave, quelli su cui abbiamo manifestato sono unitari e sono contenuti in un documento presentato al governo in cui chiediamo un tavolo per discuterne e si chiamano: non autosufficienza, più reddito per le pensioni, maggiori tutele per il potere di acquisto, equità e nuove regole nel prelievo fiscale, tutti temi tesi a ridurre le disuguaglianze che come sanno bene i nostri amici di Cisl e Uil hanno portato il nostro Paese nella classifica Ocse sulla distribuzione del reddito, al sesto posto tra i Paesi più diseguali.
Mi auguro che i prossimi mesi, su questi temi, come sulle priorità più generali dettate dalla pesantissima crisi che attraversiamo, si possa tornare a far fronte comune.

Nonostante molti economisti sostengano che in una crisi economica come quella attuale sia necessario sostenere gli stipendi e le pensioni, gli interventi del governo sembrano andare in tutt’altra direzione. Lei pensa che provvedimenti come la social card, il bonus, la privatizzazione dell’assistenza e della sanità possano essere efficaci per affrontare le difficoltà che sta attraversando il nostro Paese?
No. Penso anzi che si stia facendo un grave errore di sottovalutazione della natura della crisi e delle risposte adeguate a contrastarla. E’ la crisi di un’epoca, di valori e di cultura. Una crisi di questa portata richiede coraggio, ricchezza di proposte, capacità di coordinamento e soprattutto l’idea strategica di ridurre le disuguaglianze tra i Paesi e nei Paesi. Pensi al piano di interventi pubblici di Obama, alle prime risposte di stimolo di Francia e Germania, al livello delle risposte del G20, e poi guardi la tristezza e la bassa lungimiranza delle proposte messe in piedi dal nostro governo: la social card, umiliante e caritatevole, e ora che possiamo già misurarne l’efficacia, non ha neanche funzionato. Va ripensato tutto il pacchetto di misure, e va discusso anche con noi, a partire da tre questioni fondamentali: a) riequilibrare le disuguaglianze, di reddito, di territorio e fra i generi; b) orientare il modello di sviluppo del nostro Paese tenendo conto delle sue eccellenze produttive e della necessità di indirizzare la nostra economia verso il verde (energie più pulite, ecoedilizia, rispetto e cura del territorio), c) considerare il welfare, il benessere in tutte le sue forme (fisico, culturale, spirituale) come un grande motore capace di far ripartire il lavoro, la ricchezza e lo sviluppo qualitativo della nostra società.
Sulla sanità, gli Usa insegnano. Il privato e il mercato come bene assoluto hanno prodotto disastri e aumentato in maniera insopportabile il divario tra ricchi e poveri. Stanno introducendo gradualmente un sistema sanitario pubblico e noi lo vogliamo smantellare? Vogliono smantellare le conquiste ottenute con le grandi battaglie dei pensionati di oggi, a partire dalla Riforma sanitaria? E’ la strategia del libro verde di Sacconi che non va bene.
Abbiamo anche su questo un pacchetto organico di proposte di protezione sociale e di tutela di diritti universali, uguali per tutti, con un capovolgimento di schema - chi più spende in prevenzione, meno spende in sanità- peraltro questo principio della prevenzione si attaglia a molte altre aree di intervento, pensiamo agli effetti del terremoto in Abruzzo e a quanto gravi siano le conseguenze di una prevenzione non attuata su scuole, ospedali e su tutti gli edifici, pubblici e privati.

Cosa propone la Cgil per far ripartire il sistema economico e per far fronte alla crescente disoccupazione?
Investimenti prioritari sulle nostre debolezze di sistema (scuole, trasporti e manutenzione straordinaria di qualità per edifici pubblici e privati, incentivi mirati alla ricerca, alla conoscenza e all’innovazione, ammortizzatori sociali migliori ed estesi anche ai precari, recupero del potere d’acquisto per lavoratori e pensionati, modello di sviluppo di colore verde, un fisco più equo e una società più a misura di donna. Tutte misure che tengono conto delle emergenze che minacciano la nostra comunità come le altre che vivono nel nostro stesso pianeta: la povertà e le disuguaglianze, e il riscaldamento globale prodotto dai gas serra. Sono convinta che questa sia per l’Italia la strada da prendere, e che su questa strada anche i nostri giovani potranno ricominciare ad avere una speranza di futuro.

Una parentesi sulla sicurezza: le cronache ci dicono che i pensionati, e in generale gli anziani sono in particolar modo oggetto di aggressioni e tentativi di truffa. Ritiene che su questo aspetto siano attuate adeguate misure di prevenzione?
Quello degli anziani è un mondo complesso fatto di forza straordinaria che deriva dall’esperienza della vita ma anche di fragilità, e in questo senso la terza età diventa più facile preda di aggressioni di vario tipo. Anche se le statistiche ci dicono che giovani ed adulti sono quantitativamente più esposti degli anziani. Comunque non è con le ronde che si risolvono i problemi della legalità e della sicurezza.
Le ronde mi paiono un fatto di barbarie, una rinuncia all’idea di comunità e alla delega alle Forze dell’ordine che sono nate per questo. Fortunatamente, l’8 aprile il Parlamento ha svolto il suo ruolo, stralciando le ronde dal decreto sicurezza.
Credo che per affrontare la questione della legalità si debba ripartire da un diverso e più forte rapporto da parte di ognuno di noi con il territorio e con le sue trasformazioni sociali e culturali.
Le nostre paure che hanno a che vedere con una sorta di incertezza esistenziale legata alla globalizzazione e alle questioni generali come il clima, la fame, la sovrappopolazione, il terrorismo, ci fanno sentire senza terra sotto i piedi e ce la prendiamo con il diverso, da noi, con il migrante, dimenticando che neanche tanti anni fa i migranti eravamo noi. Ecco, sulla memoria, sull’integrazione fra culture, sulla diffusione della nostra lingua, sulla conoscenza del territorio questi sono alcuni contributi fattivi che gli anziani, in termini di cittadinanza attiva possono offrire alle Forze di polizia, frequentando e presidiando civilmente e attivamente il territorio e i luoghi della socialità, cosa che peraltro stiamo già facendo, soprattutto con le scuole e in rapporto ai fenomeni dell’immigrazione. Ecco, questo è un tema che per i nostri progetti e le nostre elaborazioni ed esperienze sul campo ci proietta in un rapporto diretto con le Forze di polizia e con le singole amministrazioni locali. Un tema importante che vi chiediamo di approfondire insieme al più presto.

FOTO: Carla Cantone, segretaria - generale dello Spi-Cgil

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