La loro missione è moralizzare la Striscia
di Gaza. Colpendo i trafficanti di droga, ma anche
sorprendendo le coppie appartate
sulla spiaggia. Un corpo speciale che porta
il cappello di ordinanza sopra il velo
Struccate e coperte da uno chador nero lungo fino ai piedi, hanno tutte una laurea e al momento superano di poco i cinquanta elementi (contro i novemila agenti uomini). Fanno parte dell’unità rosa della polizia di Hamas, nata lo scorso anno, dopo un addestramento lampo di pochi mesi. Il maggiore Islam Shahwan, portavoce del comando e uomo di spicco di Hamas, ha assicurato che, per rafforzare la presenza femminile nei ranghi di polizia, a breve saranno reclutati altri 150 elementi. Prima di entrare nel corpo paramilitare islamico, molte di loro erano normali madri di famiglia. Come Susan Aqual, rigorosamente velata e con un figlio maschio, che ha abbandonato la tradizionale vita domestica per interrogare tossicodipendenti, ladri e assassini. Laureata all'Università, ha lavorato come avvocato per diverse organizzazioni, poi si è lasciata prendere dall'opportunità di realizzare il suo sogno di diventare un ufficiale di polizia, dopo che il movimento radicale musulmano di Hamas ha conquistato il controllo del territorio in giugno. Certo, non è facile trovare donne con il titolo di studio richiesto dal concorso pronte ad arruolarsi, ma grazie al passaparola tra moschee e associazioni femminili, molte cominciano a presentare i loro curriculum. C’è da dire che un posto in polizia, con il suo stipendio da 300 a 600 dollari mensili, è un’ottima sistemazione in un paese in cui il tasso di disoccupazione è altissimo. Nella maggior parte dei casi le poliziotte di Hamas sono disarmate, tranne che nelle retate antidroga. Non sono violente come le loro colleghe iraniane, ma con loro condividono un obiettivo: completare l’opera di moralizzazione della Striscia di Gaza. In uno dei loro reparti, quello di Educazione e Consapevolezza, riabilitano ladre, prostitute e adultere a colpi di versetti del Corano. E impediscono che vengano consumati delitti d’onore, persuadendo mariti, padri e fratelli a non punire con la morte le donne che sbagliano. Nelle perquisizioni precedono i loro colleghi maschi per evitare che questi, irrompendo all’improvviso, sorprendano una donna in deshabillé e ne intacchino l’onore e la reputazione. Il loro non è un lavoro facile, ma le poliziotte sono motivate dalla fervente volontà di servire il proprio popolo. «So che questo lavoro richiede forte personalità e coraggio» dice Susan Aqual, «ma io non ho paura. So bene che chi è colpevole deve essere punito». Il desiderio di rettitudine morale è molto forte in queste donne. Reema Al-Maray era assistente sociale e, oggi, arruolata nella polizia, rieduca ragazze “deviate”. Come una studentessa che si prostituiva per pagarsi gli studi o una giovane di Ramallah che aveva spedito a un ragazzo una sua foto nuda. E non solo. Reema fa delle vere e proprie retate sulle spiagge a caccia di coppie non sposate in atteggiamenti poco consoni e, dopo averle colte in flagrante, le porta in caserma per firmare un impegno a non farlo più. E se lo disattendono i due piccioncini vanno dritti in galera. Tutte loro ci tengono a precisare che con Hamas c’è massimo rispetto per la donna, secondo il Corano. «Noi siamo trattate molto bene all’interno della nostra comunità. Nella mia famiglia tutte le donne lavorano e tra noi ci incoraggiamo molto» continua Aqual. Non solo, quindi, smentiscono la chiusura verso le donne di una ambiente tanto conservatore e integralista, ma mostrano anche molta ambizione e il forte desiderio di fare carriera. Chissà se tra qualche anno troveremo una donna a capo della polizia di Hamas.
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