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Fabbraio-Marzo/2009 - Contributi
La Riforma calpestata
di Orlando Botti già Segr. prov. Siulp - Imperia

Noi pochi poliziotti democratici che sin dagli anni ’70 abbiamo rischiato galera, espulsione dal Corpo delle Guardie di Ps, nonché trasferimenti e gravi punizioni, avevamo come primo obiettivo la creazione di una Polizia democratica che osservasse i dettami costituzionali e diventasse trasparente e credibile. Dopo inenarrabili sacrifici, nel 1981, la Riforma della nuova Polizia veniva votata a stragrande maggioranza parlamentare e il Siulp (Sindacato Unitario Lavoratori della Polizia) iniziò un percorso di ricostruzione, per una Polizia non più di scelbiana memoria, con un tentativo rivoluzionario per acculturare “democraticamente” tutti gli effettivi, logicamente partendo soprattutto dai dirigenti.
Ci troviamo, a distanza di 26 anni, ad avere la seguente Polizia di Stato: un Capo della Polizia, De Gennaro, che viene inquisito dai magistrati di Genova per i fatti del G8, per aver fatto dire il falso al questore di Genova Colucci.
Ci troviamo, a distanza di 26 anni, ad avere sotto gli occhi la promozione, a qualifiche apicali, dei funzionari tutti inquisiti e sotto processo per i fatti del G8.
Ci troviamo, a distanza di 26 anni, ad avere la pubblica denuncia del dr Genova (vari articoli sul Secolo XIX di Genova), primo dirigente che inoltra note al ministero dell’Interno, sin dal 2004, inerenti due “squadre di torturatori” inseriti nella Polizia di Stato, che hanno operato sin dal sequestro del generale Dozier, senza avere una risposta se non quella sul giornale dal dr Viola dell’Ufficio stampa del Capo della Polizia, che gli suggerisce di dare notizia dei fatti avvenuti ai magistrati di Padova, senza entrare nel merito di una vicenda che, se fosse vera, sarebbe di una gravità inaudita e anticostituzionale.
Ci troviamo, a distanza di 26 anni, alla pubblica denuncia del vice questore Fournier che, a proposito dell’attacco alla scuola Diaz di Genova, dichiara di aver assistito ad una “macelleria messicana”, dopo un silenzio allucinante durato 6 anni da parte ministeriale, che ha sempre negato l’evidenza lampante di comportamenti non etici.
Ci troviamo, a distanza di 26 anni, alla costruzione di false prove, chiaramente ricostruire dai Ris, in ordine alle molotov poi sparite dopo il sequestro; all’attacco alla Diaz e ad altre contraddizioni gravi che hanno portato al ferimento e al massacro di decine di occupanti.
Ci troviamo, a distanza di 26 anni, a constatare che la tesi che vedeva la Polizia attaccare l’interno della Diaz perché provocata dai manifestanti, che dalle finestre scagliavano pietre e bottiglie, era palesemente falsa, e che anche falso era il verbale di arresto del giornalista inglese che, secondo il funzionario di Polizia, era avvnuto all’interno della scuola; ma guarda caso, un filmato portato in aula dal suo avvocato indicava tale evento come avvenuto fuori dalla sede scolastica, con le durissime lesioni subite per i colpi proibiti offerti dai poliziotti che costringevano in codice rosso, al suo ricovero in ospedale in fin di vita.
Mi chiedo soprattutto se la Riforma, varata dopo tanti sacrifici, possa subire questi sbocchi “democratici” che hanno portato alle suddette promozioni di funzionati sottoposti a processo, e alla promozione governativa del dr De Gennaro, dopo la denuncia a suo carico, a Capo di Gabinetto del ministro dell’Interno e ad altro compito importante a Napoli per la “questione immondizia”.
Mi chiedo, infine, in questo contesto, e chiedo ai dirigenti dei sindacati di Polizia, se il loro silenzio assordante su queste vicende sia propedeutico per avere una Polizia democratica dove per democrazia si intenda la punizione e l’espulsione dal Corpo di persone indegne di indossare la divisa di una Polizia riformata.
Mi chiedo, e chiedo ai segretari generali, se è soltanto una questione di eventuale perdita di tessere questo silenzio prolungato, specialmente per le promozioni poste in essere a personaggi sottoposti a processo penale.
Mi chiedo se le parole di un ex segretario generale del Siulp, che in quel mentre era portavoce del Capo della Polizia, possono essere un viatico di sprofondamento in un cratere senza fondo delle lotte che si sono fatte per avere una Polizia democratica. Le parole da lui pronunciate e mai smentite sono state: “Il sangue rinvenuto all’interno della Diaz è da relazionarsi a ferite pregresse dei manifestanti”. Ebbene, basta osservare i film girati in quegli attimi per capire la gravità di quelle parole e magari, se si ha voglia, di leggere le parole contenute nel libro di Concita De Gregorio: “Non lavate questo Sangue”, di comprendere in quale baratro siamo caduti come Paese democratico.
Penso che sia urgente e prioritario aprire, da parte di questo nostro grande mensile, una tavola rotonda, per rispetto anche delle lotte fatte assieme a Franco Fedeli, a Riccardo Ambrosini e ad altri coraggiosi, per fare intervenire i “carbonari” che potranno e dovranno disquisire sui fatti emersi e sulle condizioni attuali di una Polizia riformata, ma non cambiata come si auspicava. Non fare intervenire gli uomini che hanno permesso di conquistare sul campo una grandissima riforma sarebbe, oltre che un errore, una anomalia, vista la battaglia vinta 28 anni orsono. Servirà, questa riunione, per rimandare, anche a chi di dovere, le parole pronunciate dopo la sentenza che ha visto assolvere molti funzionari per quei gravissimi fatti. Quelle alte grida erano: “Vergogna... vergogna... vergogna...”
Per utile notizia informo che il giornalista inglese massacrato, Mark Covell, verrà risarcito con 4.000 euro per essere stato soltanto calunniato dagli agenti perché non sono stati identificati i suoi assalitori. A tal proposito il giornalista ha detto che lo Stato italiano ha coperto i veri massacratori, frenando le ultime lacrime rimastegli. Arnaldo Cesaro, di sessant’anni, altro massacrato con fratture alle gambe, ha detto che questa avventura è la fine della Costituzione. Risarcito con 12.000 euro. Lena Zuhlke, la ragazza con i capelli rasta ritratta allora agonizzante sulla barella fuori dai cancelli della Diaz, si associa alle parole degli amici, aggiungendo che i suoi massacratori adesso sanno di godere della totale impunità.
Ultima chicca: le democratiche discussioni sul web, e più precisamente su Doppia Vela - lo spazio per i poliziotti messo a disposizione dalla Polizia di Stato -; vi sono parole allucinanti che spero vengano sentite dal nuovo Capo della Polizia Manganelli, il quale non potrà, e non dovrà, non tenerle in considerazione. Mi auguro che verranno presi serissimi provvedimenti verso questi fanatici che non devono avere spazi in una Polizia riformata dalla legge 121/81: se ciò non avverrà sarà la sua fine.
Infine, se questa serie di anomalie non sarà sanata in maniera forte e pragmatica, sarà inutile l’apertura di una nuova concezione di scuola, effettuata recentemente dal Capo della Polizia Manganelli.
Trovo scandaloso e ignobile il fatto che dalla Polizia di Stato sia stato cacciato un democratico a nome Matteo Federici (su un mezzo della Polizia aveva specificato che si può tranquillamente, liberi dal servizio, andare a dimostrare le proprie idee, ma essendo agente in prova aveva subito la deplorazione con susseguente espulsione dal Corpo, mentre i suoi accusatori, al suono di “Per te ci vorrebbe Mussolini”, sono ancora tranquillamente in Polizia).
Trovo scandaloso che in Polizia ci sia ancora, promosso, quel funzionario che ha fatto il giro del mondo scolpito in una fotografia mentre sta colpendo al volto, con un calcio, un minorenne davanti alla questura di Genova.
Giustizia: parola tra le più importanti del nostro vocabolario, e tra le più calpestate e offese. Se la tabella sulla giustizia, letta da poco dal presidente della Suprema Corte Vincenzo Carbone, relega la nostra nazione al 156° posto su 181 Paesi (dietro nazioni come l’Egitto, l’Angola, il Gabon, il Sao Tomè e Principe), con tutto il rispetto per queste nazioni, qualche problema dovremmo averlo, e soprattutto porcelo.
“Bypassare” anche questa chicca sarebbe di una gravità inaudita, ma soprattutto affonderebbe con una onda sismica quel che resta delle macerie della nostra credibilità.

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