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Fabbraio-Marzo/2009 - Osservatorio
Alessandro il Grande ritorna nel Kurdistan
di Viscardo Allegri



Il governo greco erigerà una statua di Alessandro il Grande, a Mosul, nel Kurdistan iracheno: a questo proposito è stato firmato ad Atene un accordo tra i ministri degli Esteri Dora Bakoyannis, greco, e Hoshyar Zebari, irakeno, rappresentante del Kurdistan nel governo centrale di Baghdad. Nello stesso incontro è stato deciso di aprire un Ufficio economico greco a Irbil, altra città del Kurdistan iracheno.
La decisione riguardante il monumento è apparentemente di carattere storico: Alessandro, il re di Macedonia (in gioventù allievo di Aristotele) che impose il suo dominio prima alla Grecia e poi a gran parte dell’Asia, a Mosul nel 331 a.C. sconfisse i Persiani di Dario in una battaglia decisiva. L’omaggio ha detto la signora Bakoyannis, vuole “simbolizzare l’influenza reciproca tra i nostri due popoli”, ma in realtà in questo gesto – accompagnato da un più concreto rafforzamento dei rapporti economici tra la Grecia e il Kurdistan irakeno – si possono individuare ben precise motivazioni di politica internazionale.
Dal 2003 la regione curda, già provincia di Mosul sotto l’impero Ottomano, e annessa nel 1920 al neonato Iraq, ha ottenuto un’autonomia che si avvicina molto a un’indipendenza di fatto: questa situazione, che ha reso il Kurdistan l’unica zona dell’Iraq sostanzialmente tranquilla, e interessante sul piano economico per i suoi giacimenti petroliferi, incontra l’ostilità della Turchia, che vede nel Kurdistan indipendente un polo d’attrazione, e un modello, per i “suoi” curdi che vivono nella regione del confine con l’Iraq. Una zona montuosa che è periodicamente teatro di scontri fra l’esercito di Ankara e i guerriglieri del Pkk (Partito curdo dei lavoratori), che spesso trovano rifugio nel Kurdistan iracheno. Di qui, per il governo turco, la giustificazione degli attacchi, terrestri e aerei, effettuati dalle sue Forze armate.
In tale contesto, non è illecito vedere nell’avvicinamento greco-curdo una tacita sfida alla Turchia, che con la Grecia ha avuto rapporti pesantemente conflittuali, che restano tuttora – malgrado l’appartenenza di entrambe quelle nazioni alla Nato – permangono tesi. In particolare a causa del contenzioso di Cipro, dal 1974 occupata per un terzo da Ankara con un blitz militare, con la creazione di una “Repubblica turca di Cipro”, mai riconosciuta dall’Onu.
E dietro la statua di Alessandro il Grande spunta un altro contenzioso, quello tra la Grecia e la Repubblica di Macedonia, nata nel settembre 1991 (e riconosciuta internazionalmente l’8 aprile 1993) dalla dichiarazione di indipendenza della parte meridionale dell’ex Jugoslavia. Atene aveva subito contestato la legittimità di una denominazione geografica che considerava esclusiva della Macedonia greca, la presenza nella bandiera della nuova nazione della Stella di Vergina, simbolo della dinastia di Filippo il Macedone (padre di Alessandro), e alcune clausole della Costituzione che potevano far presagire future rivendicazioni territoriali. Sopite, ma non risolte, le polemiche, la Grecia attribuendosi il compito della celebrazione monumentale di Alessandro il Grande, si è “impadronita” proprio dell’eroe nazionale della Macedonia, un sovrano che ai suoi tempi gli ateniesi consideravano un usurpatore della libertà greca, riversando persino su Aristotele la loro ostilità.

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