Vincere animali di peluche al Luna Park, disegnare
cartoni animati per Disney, incontrare
il capitano Kirk. Tutti sogni che Randy Pausch, il docente
di informatica della Carnegie University di Pittsburg
scomparso lo scorso 25 luglio,
ha realizzato. Come? Lo ha raccontato
nella sua ultima (e ormai leggendaria) lezione
«Mio padre mi ha insegnato che un elefante nel salotto non passa inosservato, meglio presentarlo» spiega Randy Pausch davanti alla prima diapositiva proiettata nell’aula magna della Carnegie University, dal titolo “The elephant in the room...”. L’“elefante” in questione era un grosso tumore che albergava nel suo fegato ormai da qualche mese.
Davanti a una platea di 400 studenti, Pausch ha raccontato che, quando gli fu diagnosticato, i medici dissero che gli restavano dai tre ai sei mesi di ottima salute. Il che ha reso la sua «last lecture» (usanza ormai in voga nei college americani, in cui le stelle del corpo accademico riassumono in un’ora l’essenza dei loro insegnamenti, come se fosse l’ultima lezione della loro vita) particolarmente autentica. “Really Achieving Your Childhood Dreams” (Come realizzare i sogni della tua infanzia) per molti non è stata solo un’ultima lezione, ma un vero e proprio capolavoro, al tempo stesso divertente, commovente e illuminante.
Era il 18 settembre dell’anno scorso quando Randy Pausch, 46 anni, genio della realtà virtuale e dei videogiochi, direttore dell’Entertainment Technology Center presso la sua stessa Università, nonché uno dei docenti più amati del campus, si è congedato dai suoi studenti, lasciando una testimonianza straordinaria e memorabile, diventata subito oggetto di culto sulla rete, dove è stata seguita da oltre due milioni di persone.
Non un discorso di morte, ma un inno alla gioia di vivere e all’ottimismo, in cui il dolore viene stemperato dalla consapevolezza di aver realizzato praticamente tutti i sogni della sua infanzia. «Se pensavate di vedermi imbronciato e depresso, mi dispiace deludervi, sono in ottima forma», ha tenuto a precisare Pausch, tra gli applausi scroscianti e le risate del suo auditorio.
I numerosi interventi e gli estenuanti cicli di chemioterapia sembravano non aver minimamente intaccato il suo senso dell’umorismo. Durante la sua lezione, infatti, il professore ha tirato fuori inaspettati doti di showman, alternando vere e proprie perle di saggezza, prive di qualsiasi moralismo e retorica, a battute esilaranti. «La mia condizione fisica è migliore di quella di molti di voi tra il pubblico», ha affermato dopo aver eseguito una serie di 10 flessioni su un braccio solo. Scherzando, poi, ha raccontato la sua conversione in punto di morte: «Lo ammetto, ho comprato un computer della Apple».
Per tutti i novanta minuti a disposizione, i suoi studenti lo hanno seguito in un viaggio a ritroso tra i suoi sogni dell’infanzia: vincere gli animali di peluche al Luna Park, trascorre qualche minuto in assenza di gravità, giocare a football nella National Football League, disegnare cartoni animati per Disney, essere il capitano Kirk (uno degli eroi di Star Trek), scrivere una voce della World Book Encyclopedia. Sogni che, nella maggior parte dei casi, Pausch ha tradotto in realtà, come quando si è preso sei mesi di congedo sabbatico per lavorare con la Disney o quando, invitato dalla Us Air Force per i suoi meriti in ambito accademico, è salito a bordo di un aereo che simula l’assenza di gravità.
Inoltre, quando Pausch era già un professore affermato, William Ahatner, interprete del capitano Kirk, è venuto a trovarlo in laboratorio, regalandogli una sua foto con dedica, che ha mostrato orgoglioso al suo pubblico. Addirittura, il regista J. J. Abrams gli ha permesso di fare una piccola parte nel film tratto dalla famosa serie.
Anche quando un sogno rimane tale, come quello di giocare nella NFL, Pausch ha sottolineato come si possa imparare molto nel continuare a perseguirlo. Il suo allenatore gli ha insegnato l’amore per “i fondamentali”, nello sport come nella vita, e la mitica “finta di gambe”, efficace metafora di come si può insegnare qualcosa a qualcuno, facendogliene fare un’altra.
Episodi, racconti, fotografie e oggetti del passato si sono sovrapposti e inseguiti per tutta la lezione in maniera suggestiva, tanto che nei forum americani le sue riflessioni sono state paragonate ai versi più commoventi del poeta Dylan Thomas. Pausch ha ricordato divertito le tante risposte negative ricevute negli anni alle sue proposte di lavoro, i tanti litigi avuti con le persone che, in qualche modo, è sempre riuscito a risolvere. Da cui ha dedotto che la pazienza è una virtù fondamentale, perché, afferma: «se ne avrete abbastanza, la gente vi sorprenderà, mostrandovi il suo lato migliore». Ha sottolineato, inoltre, l’importanza dello “zio olandese”, colui che riesce a dirti anche le verità più scomode. Per lui fu un professore universitario, che lo mise in guardia dalla sua arroganza. Ha ricordato con tenerezza quando i suoi genitori permisero a lui e a sua sorella di dipingere le pareti della loro stanza. Su quei muri prese vita un universo colorato di sottomarini, formule matematiche, astronavi e scacchiere. E ha consigliato ai genitori: «se i vostri figli vogliono dipingere la cameretta, lasciateglielo fare, andrà tutto bene».
Una lezione di vita, che ha commosso ed emozionato studenti, professori, genitori di tutto il mondo, ma che era stata pensata per un pubblico più ristretto: la moglie Jai e i suoi tre figli, Dylan di 5 anni, Logan di 2 e Cloe di appena un anno. «Ho deciso di chiudere tutto me stesso in una bottiglia» ha raccontato Pausch «che poi un giorno i miei figli avrebbero aperto. Quando avranno 12 o 13 anni e si chiederanno “chi era, com’era mio padre?”, questa potrebbe essere la risposta».
La fine dell’ultima lezione è stata particolarmente commovente. A causa dell’impegno che avrebbe dovuto affrontare l’indomani, il giorno prima Pausch non aveva potuto festeggiare il compleanno della moglie Jai. A un suo cenno, un gruppo di assistenti ha portato nell’Auditotium una torta con le candeline e i 400 studenti hanno intonato “Happy birthday”. Randy e Jai si sono abbracciati tra le lacrime e i sorrisi, mentre l’ultima diapositiva mostrava Pausch sorridente con i suoi tre figli in braccio.
In molti hanno scritto al professor Pausch per fargli sapere quanto la sua ultima lezione abbia avuto impatto sulle loro vite.
Le sue parole sagge, la sua ironia, la sua fermezza a non farsi sopraffare dalla morte hanno spinto tanti a prendere il suo insegnamento alla lettera, decidendo di cambiare la loro vita, di rivedere il rapporto con i propri figli, di cambiare lavoro.
Pausch non pensava certo di sollevare un tale entusiasmo: la sua unica volontà prima di morire era stare insieme alla sua famiglia, l’unico motivo di dolore e di rammarico di fronte alla morte. Quella lezione di vita, infatti, è soprattutto per i suoi figli, che non avrà la possibilità di vedere crescere, ma ai quali lascerà l’inestimabile eredità delle sue esperienze.
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