Guadagnano un decimo dei colleghi
uomini anche se ricoprono cariche
di uguale responsabilità. Le manager americane
chiedono la parità dei salari.
Considerati gli stipendi da capogiro, di certo non sono costrette a fare i salti mortali per arrivare a fine mese. Le signore dell’industria e della finanza americana, infatti, arrivano a guadagnare anche 38 milioni di dollari, una cifra che la maggior parte delle persone non guadagna in una vita intera. Eppure, i loro stipendi impallidiscono di fronte a quelli dei loro colleghi uomini: lo scorso anno, il re di Wall Street Steve Schwarzman, ha riscosso 350 milioni di dollari, sfiorando di poco il salario dell’ex Presidente degli Stati Uniti George Bush. Basta un rapido calcolo per accorgersi che, ai massimi vertici del mondo finanziario americano, le donne percepiscono da un quinto a un decimo dei pari grado maschi. E che, paradossalmente, vengono discriminate più di normali operaie, che guadagnano il 75% dei colleghi. Da Wall Street arriva una precisazione: le donne meritano di meno perché sono a capo di aziende più piccole. Eppure Safra Catz è amministratrice delegata del colosso cibernetico Oracle e lo scorso anno ha riscosso “solamente” 34 milioni di dollari, contro i 174 di Peter Peterson che riveste la stessa carica al gruppo Blackstone. Daine Green, terza manager più pagata d’america, presidente della WMware, nota azienda di eelttrodomenstici, ha guadagnato 17 milioni contro i 146 di Frank Fertitta, a capo della Station Casinos. E che dire di Indra Nooyi, la presidente della Pepsi-Cola, che nel 2007 ha preso meno di 15 milioni di dollari? Una maggiore discriminazione, poi, si riscontra nelle liquidazioni. Due anni fa, la Hewlett Packard, marchio icona in fatto di computer, licenziò quella che a lungo è stata considerata la migliore donna manager d’America, Carly Fiorina. La sua liquidazione ammontava a 22 milioni di dollari, solo pochi spiccioli se consideriamo che il presidente della Exxon Lee Raymond incassò, alla fine del suo mandato, 351 milioni di dollari. La protesta delle signore della finanza, però, non è finalizzata ad un aumento di stipendio. Le donne manager, infatti, sono perfettamente consapevoli di guadagnare cifre da capogiro e di essere per questo delle privilegiate. Ritengono, però, che nell’attuale crisi finanziaria i compensi faraonici dei loro colleghi vadano ridimensionati. «Non sono i nostri stipendi che devono salire» dice Carly Fiorina «sono quelli degli uomini che devono scendere». In molti sono convinti che queste donne in carriera dimostrino spesso molto più buon senso e onestà dei loro colleghi, perché prima di tutto sono madri di famiglia. «I figli ti rendono più rigorosa e più pragmatica» osserva ancora Fiorina. Non a caso le donne coinvolte in scandali o vicende poco edificanti a Wall Street si contano sulle dita di una mano. Simbolo della donna fedele alla sua azienda, Anne Mulcahy ne è l’esempio vivente. Entrata nella Xerox (una delle più antiche società americane) nel ’76, salì uno alla volta i gradini della gerarchia interna fino a prenderne il timone nel 2001, quando l’azienda era sull’orlo del fallimento. La sua gestione salvò le sorti della Xerox, rivoluzionandola letteralmente. Indra Nooyi, incarnazione del sogno americano, appoggia in pieno la riforma del sistema finanziario proposta da Obama e caldeggia lo stato assistenziale. «Noi donne siamo così fortunate» dice «che dobbiamo restituire al mondo degli affari il senso della proporzione». Saranno meno pagate, ma le donne in carriera di Wall Street sono sicuramente più impegnate dei colleghi.
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