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Gennaio/2009 - SOLO ON LINE SU POLIZIA E DEMOCRAZIA
Come sopravvivere a una cena mondana
di Eleonora Fedeli

C’è chi non se ne perderebbe
una e chi le detesta. Il problema, però, è sempre
lo stesso: la conversazione. Un manuale spiega
come uscire vittoriosi da un debutto in società.


In principio fu Ape Latina del Fumagalli. Poi arrivarono il Bon Ton di Lina Sotis, Il museo degli errori e Si dice non si dice di Aldo Gabrielli. Tutti vademecum per la sopravvivenza nelle occasioni mondane, che aiutano individui imbarbariti dalla vita di tutti i giorni a elevarsi intellettualmente e socialmente. Per primeggiare nelle cene dell’alta società è di grande aiuto il manualetto Come sopravvivere alle cene mondane, un galateo di seconda generazione per affinare l’arte della conversazione, dando ormai per acquisiti accorgimenti come non quello di non mostrare a tutti il bolo alimentare mentre si parla o di risucchiare la minestra dal cucchiaio. Prendere in pugno la situazione dicendo la cosa giusta al momento giusto può risollevare le sorti di conversazioni logorate da pettegolezzi e discussioni di politica internazionale. In questi casi, niente è più efficace del dibattito filosofico, soprattutto se prende spunto da situazioni quotidiane o fenomeni pop. Innanzitutto, è necessario compiacere i commensali paragonando lo scambio conversazionale in corso a dei precedenti illustri, dal Simposio di Platone all’Ultima Cena (anche se quest’ultimo paragone potrebbe creare un po’ di apprensione nel padrone di casa). Se vi trovate in ascensore con uno degli invitati e non sapete come rompere il solito imbarazzante silenzio, basta sfoggiare una delle citazioni del “re della cultura pop” Slavoj Zizek, che nel gesto di premere il pulsante vede una metafora del processo politico postmoderno. Nel caso di un vistoso ritardo, è assolutamente sconsigliato farfugliare scuse ridicole. E’ meglio spararla grossa, esordendo con una frase a effetto, del tipo: «Il mio cane è un situazionista», affermazione audace in cui fare sfoggio della filosofia di Guy Debord e dare al vostro gesto poco educato un’allure rivoluzionaria. Seguendo il precetto di Cechov, convinto che «la buona educazione non sta nel non versare la salsa sulla tovaglia, ma nel non mostrare di accorgersi se un altro lo fa», è necessario mantenersi sempre impassibili di fronte agli errori altrui. Se uno dei commensali storpia qualche nome famoso è bene far finta di non accorgersene: non si dovrà, quindi, battere ciglio se il nome del filosofo Walter Benjamin sarà pronunciato come se, invece di essere nato a Berlino, fosse del Texas. In generale è bene riferirsi a Spinoza non pronunciando la z di “mazzo” come la s di “rosa”. Per movimentare la conversazione si può sempre proporre una gara di citazioni, di cui il manuale propone un vasto campionario, con tanto di testo e edizione di riferimento. Di gran moda è attribuirsi strani apparentamenti o dichiararsi seguaci di una certa corrente. «Io sono tocquevilliano», si può esordire con un pizzico di audacia, e continuare: «Tocqueville ha previsto tutto, anche la giungla degli autobus», spiegando con ironia il perché e il percome. L’ideale è lanciarsi in un’affermazione estremamente ardita, del tipo «il rock ha fondamenti presocratici» e dare una spiegazione intrigante ma attendibile del legame tra Protagora e Mick Jagger. Se volete evitare di essere scortesi rifiutando il dolce perché siete a dieta, si può sempre affermare di essere epicurei, l’equivalente filosofico di uno strenuo sostenitore dell’equazione magrezza = bellezza. Di una cosa si raccomandano i due autori del libro, Sven Ortoli e Michel Eltchaninoff: per essere graditi non bisogna primeggiare, ma sforzarsi di apprezzare sempre gli altri, manifestando di gradire i loro abiti, le loro osservazioni e le loro battute. Ogni tanto, poi, è lecito anche mangiare.





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