Anche ora che se n’è andato, Paolo Pozzesi non si ricorda: c’è. Una presenza assente – la migliore, come l’angelo – sulla quale si può contare. Gratis, senza neanche l’obolo del “whisketto di dazio”. Ma rimane una perdita, specie per chi ci ha lavorato, ci ha bevuto o ci ha vissuto insieme.
Pur avendo distillato notti inesauribili con lui, pur se ci ha saziato degli interi pomeriggi con storie esoteriche e reiterate, seducente come il Pifferaio, non siamo riusciti mai a raggiungerlo. E quindi non abbiamo saputo tutto.
Ecco l’unica sua colpa. Ecco la perdita quando, smarrita la bussola, il nostro bilancio è in rosso. A “riserva”, infatti, avremmo spesso bisogno del bidone di scorta: una sua parola, certe volte uno sguardo o un vaffanculo. Per riportarci in rotta. E invece, no. Allora ci accorgiamo che ci manca, anche se c’è. Ci ha detto "solo" quasi tutto, tirchio Paolo Pozzesi.
Personaggio coerentemente schierato, di scorza curiosa e decisa ma di cuore mite e romantico, ogni volta a tempo pieno è stato giornalista, scrittore, attore e sceneggiatore - anche televisivo - per l'amico Jean-Luc Godard. Si è interessato a fondo di tutto.
Combattendo in punta di penna, ha messo il naso dovunque, bruciandosi, in fondo, molto poco. Segno che lo sapeva usare bene il suo naso. Anche per riconoscere un buon vino. Riuscendo persino a raccontarlo chiaramente, quel vino annusato.
Avrebbe, però, dovuto annusare con la stessa cura il suo futuro, o meglio quello dei suoi occhi, che gli avevano sempre permesso di guardare lontano.
Ma, forse, il Pifferaio aveva capito che i tempi erano cambiati. Non valeva più la pena combattere il cuculo che lo stava cacciando dal nido.
FOTO: Paolo Pozzesi con Salvador Allende
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