A Milano e a Roma sono sorti
studi legali “su strada”, ai quali
si accede senza appuntamento
e a prezzi ridottissimi. I cittadini
sembrano gradire questa
iniziativa che - tra l’altro - rende
meno formale l’approccio
con il mondo forense
Abolizione dei minimi tariffari applicati dagli avvocati ai clienti; possibilità di pubblicizzare i servizi professionali legali: ad oltre due anni dalla liberalizzazione delle professioni (la cosiddetta “legge Bersani”) i cittadini sembrano gradire questa innovazione nel campo forense.
Nel gennaio del 2008, a Milano, in viale Abruzzi, è nato lo Studio Assistenza Legale per Tutti (sigla Alt) a buon mercato e di facile accesso (una lettera 50 euro, contro un minimo abituale di 200).
Di facile accesso non solo perché l’ufficio è in un negozio su strada, ma anche perché si entra senza appuntamento. E gli incarichi non si sono fatti attendere. Oggi gli avvocati dell’Alt ricevono, in media, dieci clienti al giorno. A fine ottobre dello scorso anno hanno aperto una seconda sede a Roma, in corso Trieste.
I fondatori dello studio, gli avvocati Cristiano Cominotto e Francesca Passerini, interpretando alla lettera l’abolizione di taluni divieti, introdotti appunto dalla legge Bersani, hanno deciso di investire in comunicazione (l’ufficio ha la vetrina trasparente e l’insegna colorata) e in marketing: la prima consulenza, infatti, è gratuita e, in taluni casi, i compensi sono patteggiati con i clienti sulla base del futuro risarcimento.
Chi ha bisogno di assistenza legale, in genere, deve prima telefonare in studio, fissare un appuntamento e solo dopo qualche giorno riesce ad incontrare l’avvocato. I promotori dell’iniziativa sono convinti invece che offrendo una risposta immediata e gratuita, molte persone saranno portate a superare il timore revenziale nei confronti del mondo forense.
La nascita del primo studio legale popolare non è l’unico segnale di cambiamento nella categoria. Molti giornali quotidiani italiani si stanno riempiendo di annunci di studi legali (una ricerca del Censis in tal senso, datata 2007, registra che nelle regioni del Nord Ovest, la spesa pubblicitaria degli studi legali è in aumento del 20%) e cominciano già a circolare siti Internet di avvocati, spesso giovani, che abbassando i prezzi e applicando i “patti di quota lite”, possono competere con i colleghi più anziani e più quotati.
Una sorta di rivoluzione che ha investito, per la parte di competenza, anche il Consiglio nazionale Forense che, fin quando ha potuto, ha tentato di frenarla. All’indomani della introduzione della legge Bersani, fu fatta circolare una lettera firmata dal presidente Guido Alpa, in cui si ribadivano i divieti a pubblicità, alle tariffe minime, ai “patti di quota lite”. Qualche avvocato si è visto costretto ad annullare una pianificazione pubblicitaria con un editore milanese della cosiddetta “stampa libera”.
A quel punto è intervenuta l’Autorità Antitrust che ha aperto una procedura di verifica sulla compatibilità del Codice deontologico forense con il nuovo regime di legge. Dopo una serie di richiami, ha indotto i vertici della categoria degli avvocati a ritoccare il regolamento interno per due volte (gennaio 2007 e giugno 2008). E infatti oggi il Codice deontologico ammette sia le tariffe minime, sia l’accordo sui compensi e allenta gli obblighi in tema di pubblicità e comunicazione.
Rimangono, tuttavia, i riferimenti all’onere e al decoro professionale nell’ambito pubblicitario: c’è poca chiarezza sulla comunicazione delle tariffe e si ribadisce il divieto di citare i nomi dei propri clienti.
Qualcuno ha definito questi limiti “sofismi avvocateschi” che, tutto sommato, “frenano un regime concorrenziale completo”.
FOTO: Avv. Cristiano Cominotto e l'avv. Francesca Passerini
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