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Gennaio/2009 - Articoli e Inchieste
Web
“Caro Padrino, sei un vero capo”
di Aldo Zerbi

Le esternazioni su un diffuso social network
di ammiratori dei boss mafiosi suscita
indignazione, inquietudine, e anche
qualche fondato sospetto su delle operazioni
mediatiche messe in atto
dalla criminalità organizzata e dai suoi
più o meno occulti fiancheggiatori

“Buon anno, Totò Riina, sei l’unico vero capo, il tuo carisma non ha eguali”: questo sorprendente biglietto di auguri è uno dei tanti messaggi apparsi su Facebook - il popolare social network mondialmente diffuso – che inneggiano alla mafia e ai suoi padrini. Apparentemente si tratta di messaggi immessi nelle pagine di Facebook soprattutto da giovani, il che certo non rende il fatto meno preoccupante.
E non si tratta solo di auguri per le festività. A somiglianza di altri gruppi di iscritti al network uniti per iniziative di vario tipo (umanitarie, sportive, musicali, e altro), sono nati i circoli associativi dedicati ai boss mafiosi. Sono finora registrati più di duemila aderenti al “Totò Riina fans club”, e 152 sostenitori del gruppo “Provenzano santo subito”. Ma non è tutto: vi sono mebri di Facebook che si iscrivono con il nome, evidentemente fittizio, di Totò Riina, Bernardo Provenzano, Matteo Messina Denaro. Il fine di queste assunzioni di identità sarebbe quello di manifestare la propria ammirazione per i personaggi in questione, e persino il desiderio di imitarli.
Nessuna censura su queste iniziative a favore della mafia, hanno fatto sapere dalla direzione centrale di Facebook, in California: il network vuole avere una funzione di libero scambio tra gli iscritti. E del resto, quale risposta, si registrano, sullo stesso network, i 185.000 aderenti al “Falcone-Borsellino fans club”, e le 50mila firme per lo slogan “A noi la mafia fa schifo”. Ma il problema è duplice, potrebbe avere due “teste” che in qualche modo si ricongiungono.
“E’ preoccupante che certi personaggi di mafia esercitino un grande fascino. Per cercare di apparire dissacratori, controcorrente, originali, quei ragazzi finiscono per alimentare il mito di assassini, autori di stragi”, ha commentato Antonio Ingroia, procuratore aggiunto di Palermo. E Pietro Grasso, procuratore nazionale Antimafia: “Non sono d’accordo per una censura del sito, oscurare non serve. Contro chi inneggia a quei boss bisogna scatenare una grande reazione civile. E sommergere quei messaggi con una valanga di messaggi di segno contrario”. Però lo stesso Grasso prende in seria considerazione l’ipotesi che dietro queste esternazioni al limite tra la stupidità e l’incoscienza si nasconda dell’altro. Quando qualcuno ripete nei suoi messaggi, a proposito delle sentenze di condanna per stragi e omicidi, “Ma siamo sicuri che quei verdetti siano giusti ?”, sorge il dubbio che, tra le righe, vi sia una manovra. Mediatica, sottile, di immagine, con il fine di creare delle correnti di opinione pubblica inclini a minimizzare il rischio del fenomeno mafioso. “ Ci credo, è possibile – dice il procuratore nazionale – Non siamo più ai tempi del sasso in bocca. E se fino a qualche anno fa c’erano ancora capi mandamento di Palermo che nei loro salotti parlavano di contattare giornalisti importanti per sostenere una campagna propagandistica, perché dobbiamo escludere che i mafiosi oggi sfruttino mediaticamente tutte le possibilità?”. E a questo proposito la Procura della Repubblica ha cominciato con l’aprire un’inchiesta attraverso la Polizia Postale.
Cosa nostra on line? Non ci sarebbe da stupirsi. Tempo fa l’intercettazione di una telefonata aveva rivelato che i fratelli Giuseppe e Filippo, implicati negli attentati al plastico del 1993 a Firenze, Roma e Milano, chiedevano alla sorella Nunzia di esaminare le possibilità di servirsi della rete sia per facilitare la gestione degli affari, sia per operazioni di immagine. E al di là di questo segnale, non è un mistero che attorno alla mafia, al di là delle sue componenti più vistosamente criminali, esiste una cerchia “manageriale” perfettamente in grado di mettere in atto una sorta di marketing occulto inserendosi in canali di comunicazione insospettabili.
Tornando a Facebook, e sempre in tema di mafie, dopo i gruppi a favore di Riina e Provenzano, è spuntato anche un “Raffaele Cutolo fans club”, con solo una ventina di adepti dedicato al boss storico della camorra, in carcere come i suoi colleghi di Cosa nostra. Nel regolamento del club spicca l’avvertimento: “A chi ha parentele con pentiti, infami, confidenti, si prega di non iscriversi”. E un altro club, che conta 1000 iscritti, lancia il messaggio: “Liberiamo o’ professore”. Il “professore” è appunto il soprannome di Cutolo, che ha sempre ostentato un tono da intellettuale, dedito a sofisticati rapporti con le alte sfere della politica e di alcune istituzioni, in primis i servizi segreti.
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Cannavaro e la camorra

In margine, e in concomitanza, con l’argomento mafie e network, si è collocato un singolare “caso Cannavaro”, suscitato da un’intervista del capitano della Nazionale, e difensore del Real Madrid, pubblicata dal settimanale Chi, e ripresa in anteprima da tutti i quotidiani. Secondo quanto anticipato dal settimanale della Mondatori, Fabio Cannavaro, napoletano, avrebbe detto: “Per il cinema italiano spero che ‘Gomorra’ vinca l’Oscar. Ma non penso che il film gioverà all’immagine dell’Italia nel mondo… Abbiamo già tante etichette negative, vedere il Paese rappresentato così non aiuta”. E avrebbe aggiunto: “Ancora oggi un mio compagno di squadra mi ha detto: Italiano? Mafioso. Facile che un problema locale venga generalizzato”. Le reazioni critiche erano state così immediate che i giornali le hanno riportate insieme alla notizia stessa. E inoltre, nella medesima intervista, Cannavaro avrebbe espresso una posizione di rifiuto dei matrimoni gay, consentiti in Spagna.
Ma, sul suo sito ufficiale, è arrivata subito la smentita del calciatore. “Non ho mai detto che il film ‘Gomorra’ possa ledere l’immagine dell’Italia all’estero”, ha precisato Cannavaro, rilevando che questa affermazione non è virgolettata, e quindi si tratta di dichiarazioni non attribuibili a lui ma a interpretazioni personali del giornalista. “Ho visto il film a maggio con tutta la Nazionale al completo a Coverciano, ed è un bellissimo film a cui auguro con tutto il cuore che possa vincere l’Oscar, e ho letto anche il libro di Roberto Saviano che ha fatto bene a esporre in modo così preciso e dettagliato fatti che da tempo immemorabile affliggono Napoli e la Campania. Non ho mai detto che il filò ‘Gomorra’ possa ledere l’immagine dell’Italia all’estero, la mia voleva essere una difesa nei confronti di chi non ha niente a che fare con la camorra”. E sui matrimoni gay introdotti da Zapatero? “Ho espresso il mio pensiero di padre di famiglia che crede nella famiglia tradizionale, ma che non ha nessun pregiudizio per chi affronta scelte differenti”.
Quanto al compagno di squadra, si tratta del suo amico Ibrahimovic: “Che qualche amico giocatore mi possa dare del mafioso in modo scherzoso lo posso accettare, ma non posso accettare che queste cose vengano raccontate e pubblicate in un altro contesto, non più veritiero”.

FOTO: Antonio Ingroia, Procuratore aggiunto di Palermo

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