La maggioranza dei “clienti” sono anziani, ma
ci sono anche le famiglie monoreddito
in cui il capofamiglia è stato licenziato. E spesso
al licenziamento si aggiunge la depressione
Tra crisi economica, crisi dei mutui, crisi del commercio, introduzione dell’euro, crack finanziari, tasse e amenità simili, 2 italiani su 3 si sentono poveri. Ogni giorno vengono intervistati i nuovi italiani poveri, gente che non arriva a fine mese, persone che al 15 o al 20 devono tirare la cinghia. La situazione sembra veramente preoccupante e le statistiche sono impietose. L’Isae (Istituto di Studi e Analisi Economica ), nello scorso luglio, ha pubblicato gli aggiornamenti sulla povertà soggettiva intesa come “una situazione di insoddisfazione rispetto alla propria posizione reddituale” nei confronti di una vita vissuta “senza lussi ma senza privarsi del necessario”. Si sente povero, secondo questi rilevamenti, il 74% degli italiani. Si percepisce povero chi ha un reddito pari o uguale a 1.250 euro se a famiglia monocomponente e di 2.600 euro se la famiglia è più numerosa. Italiani popolo di poveracci? Forse. Italiani pessimisti? Sicuramente. Lo stesso istituto ricorda che circa il 75% delle famiglie italiane ha una casa di proprietà ed i problemi più grossi sul bilancio familiare sono imputabili al pagamento delle bollette (fonte: http://www.isae.it/nota_mensile_luglio_2005.pdf).
Le bollette vogliono dire però consumi e questi sono legati allo stile di vita, abbiamo 109,42 telefonini ogni cento abitanti, siamo primi in Europa per abbonamenti Umts con 4 milioni circa di sottoscrizioni, siamo il Paese delle parabole satellitari con abbonamenti, e del calcio in Pay per View, delle griffe, dell’aria condizionata d’estate e dei 30 gradi d’inverno, dei Suv da centro urbano (i cui possessori dovrebbero spiegare alla comunità a cosa servono le 4 ruote motrici, il blocco del differenziale e le marce ridotte in città). Per non parlare del boom dei prestiti da vacanza e del tutto esaurito nelle località sciistiche a Natale 2008, anno in cui abbiamo giocato alle varie lotterie qualcosa come 47,5 miliardi di euro. Sinceramente nessuno può affermare che ci sia del male nel possedere un decoder, un Suv o a tentare la fortuna ma è necessario sottolineare che hanno un costo.
I poveri sono un’altra cosa. I poveri non sono quelli che hanno un mutuo alto da pagare, perché hanno scelto il tasso variabile o perchè hanno comprato dove costava di più e non sono neanche quelli che hanno perso soldi con i Bond argentini, con le azioni Parmalat o con i fondi d’investimento e le speculazioni in Borsa. I poveri sono quelli in affitto, con lavori sottopagati spesso saltuari, quelli che a 50 anni sono stati licenziati e cadono in depressione, le giovani coppie poco secolarizzate e precarie con un figlio arrivato per caso e che a ragione vogliono tenere, i pensionati con la pensione troppo bassa e con poche possibilità di chiedere aiuto a figli e nipoti. Secondo l’Istat sono in condizione di povertà relativa in Italia, 2 milioni 653mila famiglie che rappresentano l’11,1% delle famiglie residenti; nel complesso sono 7 milioni 542mila gli individui poveri, il 12,8% dell’intera popolazione. La soglia di povertà per una famiglia di due componenti è rappresentata dalla spesa media mensile per persona, che nel 2007 è risultata pari a 986,35 euro (+1,6% rispetto alla linea del 2006). Povertà relativa non vuol dire essere poveri in assoluto. I poveri assoluti, nel mondo sono quelli con un reddito pari o inferiore a 1,35 dollari al giorno, che hanno problemi con l’approvvigionamento idrico, con l’acquisto di cibo e con le cure mediche.
Poveri!
Per rendermi conto di scoprire la povertà relativa ed assoluta ho passato un sabato ad un pranzo per i poveri nella Parrocchia del S. Cuore Immacolato di Maria in piazza Euclide ai Parioli, il quartiere ricco di Roma.
L’ora del pranzo è fissata per le 12, alle 11 c’è gia qualcuno in fila, hanno quasi tutti una strisciolina di carta con l’invito, vengono da posti differenti, italiani perlopiù, il 70% sono anziani, molte coppie, ordinati, simpatici, 3 o 4 sono giovani e soprappeso, qualcuno presenta dei lievi ritardi, alcuni hanno il tipico aspetto dei clochard, in tutto sono 75 più un’altra decina che arriverà in ritardo, siamo tutti ospiti delle Dame di S. Vincenzo. La fame avanza, il pane si fa attendere c’è chi fa chiasso, chi inizia a mangiare prima degli altri, una coppia di anziani mi sorride avranno 10 denti, in due. Arriva il pane, preghiera e s’inizia. Il menù è ricco: antipasto di affettati, insalata russa, uovo e mozzarelline, preparato dalle volontarie; primo piatto con cannelloni ricotta e spinaci (gli ospiti faranno il bis), secondo di polpettine al sugo, salsiccia, patate e carciofo, preparato da un servizio catering dei Parioli ad un prezzo “sociale” sostenuto dall’associazione delle Dame. Il cibo è cosi buono che neanche mio suocero avrebbe di che lamentarsi.
Il pranzo scorre veloce e senza intoppi le volontarie servono e preparano i piatti con velocità, le più anziane sono attente a riprendere chi si azzuffa per il cibo o chi imbroglia hanno ormai tanta esperienza nel soccorso che si trovano a loro agio con i loro “clienti”, una sola nota stonata, c’è una volontaria, si dà da fare ma forse indossa degli accessori fuoriluogo, è giovane deve ancora imparare il “mestiere” tra qualche anno - mi assicurano - sarà perfetta, ma questa è una storia di cui ho promesso di non scrivere. La situazione sembra così “familiare” che anche il giornalista s’improvvisa cameriere, osservando senzatetto e persone cadute in disgrazia, mangiare in allegria. Qualcuno nasconde del cibo nelle buste, chi per darlo ai cani con cui vive in una macchina, chi invece li conserva per la cena o per il giorno dopo. Un poeta, vera calamita di baci (casti e sulla guancia) delle volontarie, scrive una preghiera che tutti insieme reciteranno.
Dopo l’ottimo panettone, il torrone e la frutta secca ed il piccolo brindisi di rito se ne vanno tutti a casa, o quasi. Si smontano i tavolini, qualcuno mi ringrazia, qualcuno insiste col baciarmi, hanno particolarmente gradito il mio servizio, sorrido e sono felice. E’ tempo di tirare le somme e di osservare un piccolo fiume di gente andare via. Nessun telefonino ha squillato durante il pranzo, non perché non si ricevesse, il mio aveva cinque tacche. Oggi ho conosciuto i poveri.
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