home | noi | pubblicita | abbonamenti | rubriche | mailing list | archivio | link utili | lavora con noi | contatti

Giovedí, 22/10/2020 - 15:02

 
Menu
home
noi
video
pubblicita
abbonamenti
rubriche
mailing list
archivio
link utili
lavora con noi
contatti
Accesso Utente
Login Password
LOGIN>>

REGISTRATI!

Visualizza tutti i commenti   Scrivi il tuo commento   Invia articolo ad un amico   Stampa questo articolo
<<precedente indice successivo>>
Gennaio/2009 - Articoli e Inchieste
Crisi
Stop alle casalinghe disperate
di Eleonora Fedeli

Il Parlamento europeo la boccia
perché discriminatoria e stereotipata.
Ma in tv e sui giornali la pubblicità
propone donne sorridenti
tra i fornelli e modelle emaciate


Mentre il mondo sembra aver fatto passi da gigante in fatto di parità di genere, con il 60% delle donne impegnate in una professione (almeno stando ai dati dell’Eurostat dello scorso anno), gli spot continuano a propinarci lo stereotipo della donna tutta casa e famiglia, estasiata davanti al bianco delle sue lenzuola o alla lucentezza del pavimento, intenta a preparare manicaretti o a lavare piatti, magari con un filo di perle al collo. La pubblicità sembra essersi fermata agli anni Cinquanta, popolata da casalinghe che passano le giornate tra il bagno e la cucina, dedite alla cura della casa, sempre pronte a soddisfare i bisogni del marito e dei figli. Del resto, non meno inquietante è l’universo maschile, rappresentato da un esercito di uomini che “non devono chiedere mai”, sempre impeccabili nei loro vestiti alla moda e nei corpi scolpiti da ore di palestra, immancabilmente alla guida di auto lussuose e di potenti motociclette.
Se molti elettori americani erano pronti ad affidare le sorti del loro Paese ad una donna, gli spot pubblicitari ancora conferiscono al gentil sesso un ruolo limitato unicamente alla scelta di detersivi ed elettrodomestici.
E’ per questo che, lo scorso settembre, il Parlamento europeo ha deciso di prendere provvedimenti, approvando a larga maggioranza una risoluzione per l’eliminazione degli stereotipi di genere nella pubblicità. Perché questa non condiziona solo gli acquisti dei consumatori, ma anche il loro modo di essere e di comportarsi, i loro rapporti e la visione dell’altro. «La pubblicità e il marketing creano cultura anziché esserne semplicemente il riflesso», ha dichiarato Eva-Britt Svensson, relatrice della proposta. L’europarlamentare svedese è convinta che gli spot costruiti sugli stereotipi di genere racchiudano gli individui in ruoli prestabiliti, artificiali e spesso umilianti, annullando gli sforzi fatti finora per sradicare le disuguaglianze fra uomini e donne. Gli effetti sarebbero deleteri soprattutto per i più giovani, che trovano nella televisione i loro modelli di riferimento e che, a causa del forte condizionamento indotto dal settore pubblicitario, vedono fortemente influenzate le proprie scelte di istruzione e carriera.
Secondo uno studio americano della Northenwestern University, infatti, nelle società dove i ruoli di genere sono più rigidi le femmine preferiscono le materie umanistiche, mentre i maschi quelle scientifiche. In effetti, se nei Paesi del Nord Europa tra i bambini non c’è alcuna differenza nel rendimento in matematica, in Turchia c’è un abisso. Il messaggio discriminatorio, del resto, non riguarda solo le pubblicità per adulti, ma anche quelle dei giocattoli, dove i bambini sono rappresentati in movimento, all’aperto e vestiti in modo più differenziato rispetto alle bambine, spesso alle prese con cucine e lavatrici in miniatura nelle loro camerette o in luoghi al chiuso. Particolari che finiscono per indicare qual è il posto per l’uomo e quale quello per la donna e quali sono le attività che pertengono all’uno o all’altra.
Altrettanto diseducativi, secondo la relazione del Parlamento Europeo, sarebbero gli spot che strumentalizzano il corpo femminile per promuovere un prodotto, proponendo un modello di bellezza emaciata e scheletrica al quale le ragazzine si vogliono conformare. Non è un caso che episodi di bulimia nervosa e anoressia siano in netto aumento tra le giovani donne tra i 16 e i 35 anni. Saltando da un canale all’altro ci si può facilmente rendere conto che in televisione si vedono solo donne bellissime e giovanissime, con corpi statuari, privi di qualsiasi imperfezione. A qualsiasi orario, nelle trasmissioni della tv generalista imperversa un sottobosco di soubrette e soubrettine con i loro abiti succinti e i balletti allusivi. A leggere i dati di uno studio condotto lo scorso anno dalla Società italiana di Pediatria, si rimane allibiti: tra le dodicenni intervistate, alla domanda «cosa vuoi fare da grande?», la maggioranza ha risposto la velina. Al secondo posto un «non lo so». Recentemente, si legge nel rapporto, alla velina è stata sostituita la categoria più generica di “persona famosa”.
Ma cosa si può fare davvero per mettere al bando queste pubblicità dalla forte connotazione discriminatoria, che relega la donna alla pulizia della cucina o la riduce a mero oggetto commerciale? Il Parlamento Europeo ha invitato gli Stati dell’Unione ad avere parte attiva nella lotta ai cliché, istituendo organi ad hoc per monitorare i media nazionali e recepire gli eventuali reclami del pubblico. E’ necessario, inoltre, non solo promuovere studi e ricerche per illustrare meglio il legame tra gli spot che propongono stereotipi di genere e l’ineguaglianza tra i sessi, ma anche insistere sul ruolo della scuola nella formazione di uno spirito critico nei bambini verso i media e la pubblicità. L’iniziativa del Parlamento europeo, bollata da alcuni come il frutto di un’ ipercritica esagerazione femminista, si propone di tutelare la figura della donna, assicurandosi che venga proposta con responsabilità e coscienza nei messaggi promozionali e che non sia trasformata in un manichino privo di dignità.

<<precedente indice successivo>>
 
<< indietro

Ricerca articoli
search..>>
VAI>>
 
COLLABORATORI
 
 
SIULP
 
SILP
 
SILP
 
SILP
 
SILP
 
 
Cittadino Lex
 
Scrivi il tuo libro: Noi ti pubblichiamo!
 
 
 
 
 

 

 

 

Sito ottimizzato per browser Internet Explorer 4.0 o superiore

chi siamo | contatti | copyright | credits | privacy policy

PoliziaeDemocrazia.it é una pubblicazione di DDE Editrice P.IVA 01989701006 - dati societari