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Dicembre/2008 - SOLO ON LINE SU POLIZIA E DEMOCRAZIA
Il parere dell’esperto
Compensi congelati per il lavoro straordinario per le Forze di polizia e Forze armate
di Giuseppe Chiola

Con decorrenza 1° gennaio 2002, in seguito ad accordo sindacale relativo al biennio economico 2002-2003, recepito con D.p.r. 163/2002 e 164/2002, è stato soppresso l’art. 5 D.p.r. 10 aprile 1987 n. 150, che prevedeva la rivalutazione “automatica” del compenso per il lavoro straordinario per il personale non dirigente dei Comparti Sicurezza e Difesa.
La manovra è, a mio avviso, decisamente sbagliata e discutibile anche sotto il profilo della legittimità costituzionale, dal momento che l’art. 2108 del Codice Civile prevede che: “In caso di prolungamento dell’orario normale, il prestatore di lavoro deve essere compensato per le ore straordinarie con un aumento di retribuzione rispetto a quella dovuta per il lavoro ordinario [...], la durata e la misura della maggiorazione sono stabiliti dalla legge”. Il legislatore, infatti, con varie norme ha fissato il criterio della maggiorazione in questione, in modo uniforme, per tutti i dipendenti pubblici (dirigenza compresa), mediante l’applicazione della nota formula che qui di seguito si riporta:

(stipendio tabellare, comprensiva della IIS + rateo della tredicesima mensilità): 156 (orario di lavoro mensile) = X che viene maggiorato del 15% per le prestazioni diurne-feriali, del 30% per quelle festive o notturne e del 50% per quelle festive e notturne.

La soppressione, oggi, della norma incriminata, che interessava solo il personale contrattualizzato delle Forze di polizia e delle Forze armate, introduce una ingiustificata sperequazione di trattamento. Infatti, ad esempio, un funzionario appartenente alla qualifica apicale del ruolo dei direttivi del Comparto Ministeri, area C3 S. (ex IX livello retributivo), a decorrere dal 1° febbraio 2007 riceve, quale compenso orario per prestazioni di lavoro straordinario (diurno-feriale), 17,23 euro lordi, mentre un vice questore aggiunto di Polizia oppure un tenente colonnello dei Carabinieri, parametro 150 (pure ex IX livello) che effettua prestazioni straordinarie, anche in condizioni di particolare rischio e disagio, riceve un compenso di soli 13,48 euro. Altri esempi: un dipendente ministeriale, area B2 (ex 5° livello) compenso feriale-diurno euro 11,59, un vigile del fuoco appena assunto (ex 5° livello) euro 11,70; mentre l’agente o carabiniere (sempre ex 5° livello) euro 9,65.
Inoltre, dal 1° gennaio 2005, con l’attribuzione dei nuovi stipendi cosiddetti “parametrali”, correlati alla qualifica o grado rivestito, nonché all’anzianità posseduta, come espressamente previsto dal decreto legislativo 193/2003, si è venuto a creare un’altra assurda situazione che penalizza il personale con maggiore anzianità di servizio.
Si fa l’esempio dell’assistente capo o appuntato scelto con più di 8 anni nella qualifica, parametro 113,50, con esperienza (in alcuni casi trentennale) e relativa professionalità, che riceve un compenso per le prestazioni di lavoro straordinario inferiore a quello dell’agente o carabiniere appena assunto, parametro 101,25. Infatti la tariffa oraria “congelata” per i due lavoratori è rimasta la stessa, ma l’assistente capo e l’appuntato scelto, con retribuzione complessiva annua maggiore, paga più tasse poiché è soggetto ad una aliquota Irpef superiore.
La mancata rivalutazione del compenso per il lavoro straordinario causerà, al personale interessato, e soprattutto a quello destinatario del sistema pensionistico misto o interamente contributivo, un ulteriore danno per quanto riguarda la misura della pensione, dal momento che, a norma dell’art. 2, comma 9, della legge 335/95, la retribuzione accessoria viene assoggettata a tutti i contributi previdenziali.
Infatti, nel cosiddetto montante contributivo complessivo di questi lavoratori viene a mancare il contributo previdenziale relativo alla rivalutazione del compenso in argomento, non solo per quanto riguarda la quota posta a carico del dipendente (8,80%), che bene o male non paga, ma anche per quella (molto più consistente 24,20%) prevista a carico dello Stato. E’ proprio su quest’ultima questione che, a parer mio, potrebbe ravvisarsi, ancora una volta, l’illegittimità costituzionale.

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