Vorrei far conoscere, attraverso le colonne di questo giornale, la irritazione di noi Guardie particolari Giurate, a seguito del decreto sulla sicurezza varato dal governo e, in particolare, sull’impegno dei militari.
Sono tremila i soldati che presto vigileranno sulle città, oltre a cinquecento paracadutisti in ausilio alle Forze di polizia nella provincia di Caserta per il contrasto alla camorra. Il Ministro della Difesa e quello dell’Interno sono particolarmente soddisfatti di questa iniziativa. Nessuno vuol mettere in discussione le capacità dei nostri soldati, anzi siamo orgogliosi del loro comportamento in Afghanistan, in Libano e nelle tante altre missioni all’estero dove sono stati inviati su mandati del Parlamento. Chi scrive ha fatto il servizio militare nella Brigata paracadutisti (185° Reggimento).
Detto questo, torno a parlare di sicurezza e vigilanza. Ai militari impegnati è stata riconosciuta la qualifica di “agenti di Pubblica sicurezza” e sono stati affiancati, nel loro servizio, ai Carabinieri e alla Polizia di Stato (questo perché i militari non sono “agenti di Polizia giudiziaria”).
Quali sono, in una città come Roma, gli obiettivi sensibili? Sono ambasciate, metropolitane, aeroporti, Inps, banche, musei, ospedali, ecc. Ci sono ambasciate, come quella degli Stati Uniti in via Vittorio Veneto, che è sorvegliata da Guardie Giurate in sinergia con la Polizia di Stato; tutte le stazioni della metropolitana, tutte le stazioni del treno Roma-Ostia sono vigilate da Guardie particolari Giurate, con circa duecento unità; siamo presenti anche all’aeroporto di Fiumicino.
Noi, Guardie particolari Giurate dipendenti di Istituti di vigilanza privata, siamo in Italia 35mila e settemila operano nella provincia di Roma. Dal 1° aprile 2008 (legge pubblicata sulla Gazzetta Uffciale n. 84 del 9 aprile 2008) ci è stata riconosciuta la qualità di “incaricato di pubblico servizio” nell’esercizio delle funzioni di vigilanza dei beni mobili e immobili a cui siamo destinati. Salvo diversamente previsto, noi Guardie Giurate dipendenti da istituti di vigilanza privata, dobbiamo avere ottima condotta morale e civile e siamo regolamentati dal Testo Unico delle leggi di Pubblica sicurezza del 1931.
Ormai sono anni ed anni che si parla di riformare la nostra categoria; sono state fatte parecchie proposte di legge, ma ancora oggi noi “vigilanti” non siamo né carne né pesce, anche perché il citato decreto legge non chiarisce bene le nostre funzioni.
Vorrei rivolgere un appello ai politici e al ministero dell’Interno perché facciano qualche cosa: non ci lasciate in questa situazione!
Vorrei fare ancora una riflessione: se ai militari - come detto - viene riconosciuta la qualifica di “agenti di Pubblica sicurezza”, perché a noi operatori della vigilanza, dipendenti da istituti di vigilanza con licenza prefettizia, non ci viene riconosciuta la qualifica di “agenti di Pubblica sicurezza” (che non è quella di “agente di Polizia giudiziaria”) nell’espletamento delle nostre funzioni peculiari?
Da qualità di “incaricato di pubblico servizio” a quella di “agente di Pubblica sicurezza” sarebbe un riconoscimento e non certo un cambiamento straordinario per la nostra categoria.
Siamo uomini e donne in uniforme, mobilitati ed autorizzati a portare armi da fuoco per difesa personale, per questo sarebbe auspicabile migliorare la nostra preparazione teorica. Ma questo non toglie che la nostra professionalità nel lavoro è di notevole qualità. Quanto richiesto da noi, per lo Stato non avrebbe alcun costo aggiuntivo.
|