Amiche ed amici, negli anni, la Guardia di Finanza sembra essere diventata un doppione dell’Agenzia delle Entrate: statistiche, numeri, verifiche ed ancora statistiche. Si perde più tempo a fare resoconti e, per l’appunto, statistiche che a tutelare le entrate (da qualche anno anche le uscite).
Lo sforzo esasperato, persino ossessivo in taluni casi, di “raggiungere il budget” sembra mettere in secondo piano tutto il resto. L’Agenzia delle Entrate lavora già egregiamente nel controllare i contribuenti sia dal punto di vista formale che sostanziale e negli ultimi periodi, forse grazie ai suoi successi, si è occupata di tipologie di controlli prima appannaggio esclusivo dei finanzieri, come ad esempio i controlli sul “campo” in materia di scontrini e ricevute, senza tacere dei blitz che hanno fatto così tanto clamore l’inverno scorso.
Ma anche se l’Agenzia dovesse essere resa più efficiente - e non lo penso - non capisco perché non si intervenga direttamente su di essa piuttosto che creare un doppione che, come tutti i doppioni, crea più problemi di quelli che potenzialmente potrebbe risolvere.
La Guardia di Finanza, a mio avviso, non è nata per fare verifiche fiscali o controllare le dichiarazioni dei redditi dei contribuenti con modalità meramente ragionieristiche. Altrimenti non si capisce perché l’Agenzia assume laureati in economia e commercio e giurisprudenza mentre i finanzieri, alla stessa stregua delle Forze Armate, prepara i propri dipendenti presso scuole militari come l’Accademia (giusto per citare quella del ruolo apicale). Penso, quindi, che sia ovvio a tutti come per analizzare un bilancio sia più utile una laurea in economia e commercio che un’ora di addestramento formale in una delle tante caserme di addestramento della Guardia di Finanza sparse per l’Italia.
In passato molta stampa specializzata e addirittura persino alcuni parlamentari – sbagliando - hanno duramente messo in dubbio la necessità di avere un Corpo siffatto, auspicandone lo scioglimento. Costoro mostrano numeri, dati e costi della Guardia di Finanza mettendo, a volte, a dura prova la capacità di difesa di un Corpo che dell’autonomia ha fatto la sua bandiera e che adesso invece diventa il suo tallone d’Achille non avendo, a differenza di tutte le altre articolazioni dello Stato, un ministero che ne possa prenderne le difese o al quale poter chiedere un reale “sostegno”.
Non mi interessa entrare nel merito della questione se la Guardia di Finanza abbia operato bene o male e se il Corpo debba essere sciolto o meno. Tali argomentazioni, ammesso che siano necessarie ed utili, spettano ad altri , non certo a me, e, personalmente, scendere su questo terreno non mi interessa affatto. Io vado oltre.
Quando i cittadini invocano l’aiuto e l’intervento dei finanzieri intendono, o no, riferirsi a coloro che mettono in galera i ladri ed i corrotti, che salvano in mare i naufraghi costretti dalla fame e dalle malattie a migrare, che arrestano e sequestrano i beni dei mafiosi? Oppure si riferiscono a dei burocrati, sia pure bravi, che controllano la veridicità dei dati di un bilancio?
Io credo che la gente chieda che i finanzieri facciano i “poliziotti”,che scatenino la loro “rabbia costruttiva”, maturata nelle dure giornate di addestramento militare e formale, contro la mafia, i contrabbandieri, i trafficanti di droga, gli evasori che fanno giusta mostra di sé in tutti i salotti buoni di ogni città italiana. I cittadini, cioè, chiedono che i finanzieri vadano in strada e contribuiscano come sanno e come possono a portare un po’ di legalità a questo bistrattato Paese che, peraltro, ne ha costantemente bisogno.
Non fraintendetemi, non sostengo che la Guardia di Finanza non debba più occuparsi di “verifiche” ma che al contrario non lo debba più fare secondo gli schemi dell’Agenzia bensì secondo la sua mentalità di forza di polizia.
I controlli devono scaturire dall’attività sul campo di intelligence, da proprie iniziative dovute alla conoscenza capillare del territorio in cui opera e non provenire dalle decisioni dell’alta burocrazia secondo rigidi canoni di spartizione di controlli che servono ad esibire solo numeri, ai quali ormai credono sempre meno persone e meno operatori del settore.
La Guardia di Finanza deve usare il suo enorme potenziale, sia in termini di mezzi che di uomini, per dare un servizio reale a questo Paese. Altrimenti perché i cittadini ne sostengono i costi? Servizio che deve comprendere anche il controllo alle frontiere marittime e terrestri e che deve essere soprattutto un controllo capillare sul territorio e non certo stare dietro le scrivanie difendendo una militarità che così come è praticata non ha più senso.
A che serve infatti avere un controllore fiscale militare? A nulla! Serve invece un moderno ed efficiente poliziotto economico/finanziario che si occupi di reprimere innanzitutto reati quali mafia, contrabbando, droga, evasione e che quindi ha necessità di utilizzare tutti i mezzi di cui dispone compresi quelli marittimi e aerei.
In questo Paese c’è tanto da fare per reprimere reati quali la concussione, la corruzione, l’evasione internazionale, lo sfruttamento della povera gente, sempre più costretta a lavorare in nero da personaggi senza scrupoli che si definiscono imprenditori. Questo paese ha sempre più bisogno della Guardia di Finanza per riportare equità e giustizia in campi vitali non solo per l’economia ma soprattutto per la dignità stessa dei cittadini come nella sanità in cui troppo va ai furbi, siano essi corrotti e corruttori, operatori del settore che forse dovrebbero fare altro o semplicemente falsi malati e falsi invalidi, e poco e male a chi ha materialmente bisogno e diritto ad un’assistenza migliore e reale soprattutto al Sud. Questo solo per fare un breve volo pindarico su alcuni dei settori ove un intervento della Guardia di Finanza intesa come vera forza di polizia non è solo necessario ma inderogabile.
Questo Paese ha ancora bisogno della Guardia di Finanza ed è venuto il momento che i finanzieri escano dalle caserme e dagli uffici per incontrare la gente e difenderla da questo marciume imperante che non è, né può essere, la vera Italia.
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