E’ tatuato l'uomo di Similaun, la mummia di un viandante che risale al 5000 a. C.: mostra dieci linee parallele sulla schiena e una croce, nella parte interna del ginocchio. In Egitto sono state trovate bambole di argilla tatuate che risalgono al 4000 a.C. Dall’Egitto il tatuaggio simbolico si sarebbe diffuso a Creta, in Grecia, in Persia, in Arabia, in Asia, nella Cina Meridionale e in Giappone.
I Celti, 3000 anni fa si tatuavano sul corpo i simboli delle divinità. A Roma, i legionari portavano sul braccio il nome del loro generale e la data d'ingaggio. Il tatuaggio già cominciava a essere il contrassegno degli schiavi e dei malfattori, mentre i primi cristiani, costretti alla clandestinità, lo utilizzavano come simbolo di fede e di riconoscimento. Finché, nel 787, papa Adriano emana una bolla che lo mette al bando, seguendo il dettato di un passo del Vecchio Testamento (Levitico 19), e il tatuaggio viene riservato alle adultere e ai criminali. I nobili del nord Europa, però continuano a farselo fare, come pure i pellegrini che si recano nei luoghi sacri della cristianità. Il grande rilancio avviene con il boom delle esplorazioni geografiche, tra il XV e il XVII secolo. Il capitano James Cook, intorno al 1775, riporta in patria la tecnica tahitiana di pungere la pelle e riempire le incisioni con pigmenti colorati e diffonde in Occidente la stessa parola tatuaggio, dal tahitiano "tatau", cioè scrivere sul corpo. Nello stesso periodo, la moda del tatuaggio dilaga rapidamente anche in Europa.
Marinai e soldati si portano addosso ricordi di viaggio, la devozione alla moglie, ai figli, alla patria lontana, o dimostrazioni di forza e di coraggio. Nella seconda metà dell'Ottocento appaiono in Europa i primi tatuatori professionisti, nelle vicinanze di porti e caserme. Nel 1891 Samuel O. Reilly brevetta la prima macchina elettrica per tatuare: il 95% dei militari e il 90% degli arruolati in Marina negli Stati Uniti si fanno tatuare. Durante le due Guerre Mondiali il tatuaggio riacquista un'aura sulfurea, forse anche in parte perché si afferma la moda dei disegni erotici o addirittura osceni: ritorna a essere esclusiva di prigionieri e disertori.
Il primato dell'orrore appartiene ai Nazisti, utilizzano il tatuaggio per numerare gli ebrei nei campi di concentramento. Dagli anni Cinquanta, a parte tra la solita nobiltà (sovrani compresi), l'interesse per i tatuaggi cala rapidamente, salvo un nuovo momento di gloria durante la guerra del Vietnam, quando vanno di moda i disegni di protesta: simboli di pace, foglie di marjuana, funghi psichedelici. Negli Anni Settanta e Ottanta i tatuaggi si diffondono tra i gruppi giovanili underground: punk, motociclisti, musicisti rock. A partire dagli anni Novanta, si trasforma in un fenomeno di massa.
Oggi è di moda avere il corpo disegnato da un ago sottile che buca la pelle. Simboli, loghi e nomi fioriscono sotto le abili mani del tatuatore su schiene, piedi, caviglie ed avambracci, come nuovi segni distintivi da indossare per tutta la vita.
|