L’“Holy Family”, creato
e gestito dai Cavalieri, mette
in campo 140 professionisti, tra medici,
infermieri, ostetriche e tecnici, con strumentazioni
all’avanguardia. Dal 1990 ha curato il parto
di 40mila donne, senza alcun decesso perinatale
Nel 1882 la Comunità delle Figlie della Carità di S. Vincenzo de Paoli comprò a Betlemme un lotto di terra a circa un chilometro dalla Chiesa della Natività, per farne un ospedale ed un orfanotrofio. In Palestina in quel periodo c’era fame, povertà ed ignoranza, la mortalità infantile si aggirava su tassi che farebbero rabbrividire anche se anche oggigiorno non c’è da stare allegri. Le Figlie della Carità, per un secolo, fanno quello che possono e l’ospedale tra mille difficoltà e svariate guerre, rimane in funzione fino al 1985, anno in cui è costretto a chiudere per la situazione socio-politica ed economica causata dal conflitto arabo-israeliano.
Il rinnovamento di quello che ormai era solo un edificio tra i tanti, viene affidato all’Ordine di Malta che, nel 1990, apre un reparto maternità con 28 posti letto. Nello stesso anno nasce il primo bambino. Otto anni dopo nasce il reparto di terapia intensiva neonatale. Nel 2007 i posti letto diventano 63 con 18 posti letto per la terapia intensiva.
Ad oggi l’ospedale Holy Family fornisce qualcosa che in Occidente è data per scontata ma che in Palestina fa notizia: assistenza prenatale, al parto e post natale, corsi preparto, servizi sociali per famiglie ed un programma giornaliero di assistenza esterna tramite clinica mobile che raggiunge, con medici e infermieri, le partorienti nei più sperduti villaggi di pastori della regione. Posti fatti di lamiere, capre e immondizia, in cui chi vede un ecografo lo vede per la prima volta, stupendosi di come quell’ammasso di linee su un video, assomiglino così tanto ad un bambino.
L’Holy Family, nella città separata dal muro di difesa israeliano, mette in campo 140 professionisti tra medici, infermieri, ostetriche e tecnici, tutti originari della Palestina che si avvalgono di strumentazioni all’avanguardia. Ospita simposi medici per l’aggiornamento professionale e la ricerca, con specialisti provenienti da tutto il mondo. Questo sforzo ha permesso di far partorire 40.000 donne senza alcun decesso perinatale.
L’unità di terapia intensiva neonatale accoglie il 13% dei neonati della regione con risultati simili a quelli registrati nel mondo occidentale, mentre per il restante 77% i dati sono quelli del terzo mondo. Questi sforzi hanno portato ad abbassare di 3 punti percentuali la mortalità infantile dei territori palestinesi rispetto alla mortalità della Striscia di Gaza. Le strutture e le professionalità mediche permettono alle donne, con parti difficili, di avere un taglio cesareo senza rischio di morire, permette ai bambini di sopravvivere quando le complicanze del parto li avrebbe uccisi. Assistenza di qualità per tutti, senza distinzioni di religione o status, tanto che l’ospedale è il riferimento per i quattro campi per rifugiati gestiti dall’Unrwa.
Come in tutti gli altri ospedali dell’Ordine, i pazienti pagano in base alla loro disponibilità e queste cifre coprono solo il 45% dei costi di gestione, il rimanente è assicurato dai donatori vicini ai Cavalieri di Malta.
Per un attimo si potrebbe pensare di invidiare una struttura di questo tipo, l’Holy Family trasportato a Roma o a Milano sarebbe uno dei più frequentati. Tanto per far capire, avrei preferito che i miei figli nascessero a Betlemme che nella clinica privata ed ospedale pubblico di Roma dove sono nati.
Entrare nell’ospedale Holy Family fa dimenticare il fatto di essere nei territori divisi e amministrati dall’Autorità Nazionale Palestinese, tutto è pulito, la gente è sorridente, cordiale anche se veste il velo che copre la testa. Le stanze sono illuminate e la temperatura è gradevole, tutto è colorato, sembra l’ambiente adatto per una notizia lieta come la nascita di un bambino.
In neonatologia, i visi delle mamme sono tristi ma pieni di speranza, sanno di essere fortunate, i loro figli avranno l’assistenza che meritano e che meriterebbe chiunque, assistenza che troppo spesso non viene fornita qui in occidente, figurarsi in Palestina. I soldi non sono un problema, in questo ospedale chi non ha nulla non paga nulla. Anche se povero, musulmano e palestinese viene curato come un ricco cristiano occidentale o un agiato ebreo israeliano. Per i medici e il personale paramedico dell’Ospedale vige una regola: “I più poveri meritano il meglio”. Una regola che tutti rispettano; qui poveri e viandanti non devono più nascere in una grotta.
Quando la Comunità delle Figlie della Carità di S. Vincenzo de Paoli costruì il primo ospedale con annesso orfanotrofio, nessuno immaginava che sarebbe divenuto un fiore all’occhiello della moderna neonatologia. Nessuno avrebbe mai immaginato che l’Ospedale sarebbe divenuto un emblema. Icona del fatto che i bambini, musulmani, cristiani ed ebrei, nascono uguali e nelle stesse condizioni. Solo crescendo si fanno la guerra.
|