Nel 1969, a Roma il protettore
di una prostituta uccide la sua fonte di reddito
e il marito di costei. I motivi? Le richieste
di denaro dei due si facevano sempre
più pressanti
Ventuno giugno 1969, in un canneto sulla riva del Tevere, nei pressi di ponte Marconi a Roma, vengono rinvenuti, in due sacchi di juta, i corpi straziati di Teresa Poidomani (32 anni, prostituta) e di suo marito Graziano Lovaglio, 31 anni, muratore fallito che si faceva mantenere da Teresa. Ecco la storia dall’inizio.
Teresa e il suo “protettore” Vincenzo Teti, sono costantemente assillati da Lovaglio che vuole sempre più soldi. I litigi, nell’appartamento di via Cutilia al quartiere San Giovanni, si susseguono. Poi un giorno la tragica conclusione: Vincenzo Teti uccide a colpi di accetta il Lovaglio e poi, forse per eliminare uno scomodo testimone, strangola anche Teresa. Ne seziona i corpi che, come detto, mette in sacchi e getta nei pressi del Tevere. Pochi giorni di indagini, poi la Squadra Mobile romana arresta Teti.
Nel corso dello stringente interrogatorio cui viene sottoposto da Salvatore Palmieri, capo della Squadra Mobile della Capitale, gli viene mostrata la foto della testa recisa di Teresa. A quel punto Teti crolla e confessa i suoi delitti. Uno squallido triangolo, dunque.
Teresa, nata a Roma ma di origine siciliana, è una donna di piccola statura, piuttosto grassottella, volgare nei modi e nell’aspetto. La sua professione è quella di “passeggiatrice” nella zona delle Tre Fontane all’Eur. Il soprannome datole dalle “colleghe” è quello di Dracula (perché agli uomini che cadevano nelle sue grinfie gli levava anche il sangue). Il marito, Graziano, la accompagnava al... lavoro tutte le sere, per riprenderla alle tre del mattino. Quando però c’era da risolvere questione con le “colleghe”, interveniva Vincenzo Teti, detto “Vincenzino er calabrese”. Quello menava. Diceva di essere un attore da film western, di aver partecipato a tutti i film del regista Sergio Leone, in realtà era una comparsa.
Teresa era arrivata sul marciapiede per disperazione; a vent’anni faceva la cameriera; sognava l’amore romantico e il principe azzurro, una casa tutta sua, una famiglia. Ad una festa si innamorò di un giovane, rimase incinta ma fu abbandonata. I padroni la licenziarono. Diede alla luce un figlio (Luigi) e si illuse di far fronte alla disavventura imboccando la strada più facile. Non era una bellezza, però era giovane e fresca. Credeva, forse, di potersi “ritirare” quando avesse voluto. Si illudeva e scivolò sempre più in basso. Dopo qualche tempo conobbe Graziano Lovaglio, si sposarono ed ebbero un figlio (Franco). Andarono ad abitare in via dell’Acqua Bullicante, nei pressi della Casilina. Cambiarono casa cinque volte per sfuggire ai debitori e alla Polizia. Nel marzo del 1969 approdarono finalmente in via Cutilia 51, primo piano, interno 5. Da tempo Teresa Poidomani e Graziano Lovaglio conducevano un ménage a tre: nella loro vita era entrato Vincenzo Teti. Con quest’ultimo Teresa aveva cominciato a guadagnare bene. Aveva una “Mini Morris” verde ed un conto in banca con cinque milioni di lire. Certo doveva mantenere due uomini...
Il marito siciliano, aveva provato a fare il muratore ma per lui un simile lavoro era troppo faticoso per cui fu buttato fuori da due cantieri. Senza una lira cominciò a rubacchiare ma non ebbe successo e fu arrestato due volte e due volte condannato seppure a pene lievi. Poi conobbe Teresa e gli parve più comodo vivere alle sue spalle. Certo, quando si trattava di difendere il “lavoro” della moglie dagli altri sfruttatori, non aveva spina dorsale. Forse proprio per questo si rivolse ad un amico, il famoso “Vincenzino”. Gli affari di Teresa migliorarono ma lui non ebbe più alcuna autorità e si doveva acconentare delle briciole. E poi Teti era sempre fra i piedi. Di qui le liti, anche violente, che si susseguivano.
Vincenzo Teti, 38 anni, era salito a Roma dalla Calabria insieme ai genitori. Diceva di essere tappezziere, arredatore, in realtà si arrangiava facendo il muratore. A volte rubava e ricettava merce furtiva. Con il boom del cinema western all’italiana aveva fatto qualche comparsata, si illudeva di diventare un attore protagonista. Spesso diceva: “Ho la stoffa dell’attore... Me lo ha detto anche Giuliano Gemma”. Si fidanza con Anna Boccanera che ha avuto tre figli da un precedente compagno. Ora ne attende un altro di Teti. Con lei Vincenzo si è dimostrato sempre molto generoso. L’aveva tolta dalla strada dove, tanto per cambiare, faceva la vita; andarono a vivere insieme; alloggiavano in un alberghetto di Campo de’ Fiori ma in due camere separate.
E poi il duplice delitto e le indagini. Lasciamo la parola (traendola dai giornali dell’epoca) al funzionario di Polizia che dirigeva la Squadra Mobile romana: “Il massacro avvenne la notte del 21 giugno. Era San Luigi Gonzaga. I Lovaglio decisero di festeggiare l’onomastico di Luigi. Teresa non andò a lavorare, quella sera, Vincenzo portò dei dolci e dei liquori, non mancava nemmeno lo spumante. Vincenzo si faceva passare per zio, con i ragazzi. Luigi e Franco continuano a rammentarlo come zio anche dopo la scoperta della tragedia. Bevvero con abbondanza tutti quanti. E allorché i due ragazzi andarono a letto, esplose l’inevitabile lite fra marito e moglie, ma più alta di sempre. L’alcol bruciava. Vincenzo si appartò. I liquori dettero a Graziano una carica che non aveva mai avuto. Forse tentò di ribellarsi. Ebbe un lampo di dignità. Teresa lo sommerse di contumelie. Nel marito scattò la molla eversiva. Ruppe una bottiglia vuota e con il troncone assalì Teresa”.
Tuttavia le versioni furono diverse, giunse a raccontare che marito e moglie si sono ammazzati a vicenda. E’ probabile che i due uomini abbiano avuto uno scontro diretto. Vincenzo parla di soldi prestati a Graziano per il mobilio. Comunque ci fu il balenio di un coltello, o di un’accetta, e Graziano crollò ucciso. Luigi, dall’altra stanza, udì l’urlo della madre. Teresa continuò a gridare dibattendosi. Vincenzo può aver colpito Teresa dopo Graziano, per farla tacere. Graziano si abbatté sulla portafinestra del salotto, rompendo il vetro. E Teresa fu strangolata. Dopo quelle scene tremende, Vincenzo Teti si sentì indubbiamente più tranquillo.
Pulì l’appartamento e arrivò a sostituire la carta da parati ormai irrimediabilmente schizzata di sangue. Poi impegnò l’anello della Lovaglio al Monte di Pietà per duecentomila lire e cedette la relativa polizza, in un secondo tempo, ad un gioielliere per sole trentamila lire. Pagò il fitto all’amministratore dell’appartamento precisando che i suoi parenti avrebbero lasciato la casa. Decise di sposare la Boccanera anche per costruirsi una nuova vita. Sarebbero andati in viaggio di nozze in Sardegna. Per il ritorno aveva già affittato una casa (trentamila il mese) in via Rocca Priora. I mobili erano quelli di via Cutilia. E proprio quando la Scientifica stava facendo i rilievi in quella casa, arrivarono i traslocatori. Pochi giorni dopo l’arresto, gli interrogatori, l’imputazione di duplice omicidio, il processo, la condanna definitiva a trent’anni di carcere. Nel 1985 ottenne la semilibertà.
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