La vicenda del questore De Fiore
durante la Seconda guerra mondiale
Angelo De Fiore, nacque a Rota Greca (Cs) il 19 luglio 1895. Dopo il matrimonio, si trasferì a Roma, dove vinse il concorso per Funzionario di Pubblica Sicurezza, rimanendo nell’Amministrazione fino al raggiungimento del grado di Questore.
Vice Questore, prestò servizio a Roma per 27 anni, quale Dirigente dell’Ufficio Stranieri. Fu nel ricoprire quell’incarico, negli anni difficili dell’occupazione tedesca, che si adoperò, a rischio della propria vita, per salvare centinaia di vite umane dall’odio nazista.
Infatti, quando gli aguzzini della Gestapo si recavano all’Ufficio Stranieri della Questura di Roma per avere gli elenchi degli ebrei da inviare nei campi di sterminio, si trovavano di fronte a fascicoli sparpagliati sulle scrivanie, schedari inaccessibili ed elenchi introvabili, così quella che doveva essere per i tedeschi una fonte di informazioni si rivelava, invece, un muro impenetrabile che impediva di individuare le vittime dei rastrellamenti.
Per il coraggio e i sentimenti di umanità dimostrati, nel 1954 fu insignito della “Legion d’Onore” della Repubblica Francese.
Questa è la storia ancora poco conosciuta, o forse poco ricordata, di un signore non qualunque che si chiamava Angelo De Fiore, funzionario di Polizia per una vita, tra i primissimi in Italia ad ottenere nel 1966 (pratica n°0334) il riconoscimento dei Giusti di Israele, il suo nome scolpito nelle stele della collina degli ulivi, nel più grande monumento dedicato alla Shoa in Gerusalemme.
Era romano di origini calabresi, personaggio schivo, curato nel vestire, uno dei pochissimi funzionari della Questura non epurato dopo la caduta del fascismo.
Nel 1955 l’Unione delle Comunità israelitiche italiane così gli scriveva in una lettera: “La ringraziamo perché col suo fermo atteggiamento riuscì a salvare centinaia di ebrei, interpretando le inique disposizioni razziali con nobile e umana sensibilità, collaborando con le organizzazioni ebraiche, noncurante delle conseguenze che tale atteggiamento addensava sulla sua posizione e sulla sua stessa vita.
Il Dottor De Fiore fu inoltre Questore a Pisa ed a La Spezia, morì nel 1969.
Alla sua memoria, lo scorso giugno, è stata scoperta una targa all’ingresso della Questura di Forlì con su scritto «una vita per una vita». A volerla, l’Associazione Nazionale Polizia di Stato (Anps) per tramite del suo presidente Bruno Benini che ha raccolto intorno all’iniziativa anche la famiglia De Fiore. All’iniziativa hanno aderito esponenti della Comunità ebraica come anche il questore di Forlì, Antonino Cacciaguerra che nel suo intervento parlò di «mirabile opera», accostando il questore cosentino a Giovanni Palatucci, altro eroe della Polizia di Stato, adoperatosi per salvare vittime del nazismo. Tante le affinità, come ha ricordato il questore Cacciaguerra: «entrambi, quando compirono la loro mirabile opera di salvatori di vite umane, erano dirigenti dell’Ufficio Stranieri: il Palatucci presso la Questura di Fiume, allora capoluogo di una provincia Italiana; il De Fiore presso la Questura di Roma. Entrambi, pur non in contatto tra di loro, usarono la stessa tecnica per fuorviare i nazisti dalla tragica persecuzione del popolo ebraico: crearono artatamente una gran confusione nell’archivio stranieri delle loro Questure con la conseguenza che quando la Gestapo entrava in detti archivi non riusciva mai a trovare nulla di utile per i suoi biechi fini. Entrambi, nella loro opera di salvataggio dei perseguitati, si avvalsero di una fitta rete di solidarietà di uomini di buona volontà che comprendeva dipendenti delle Questure di Roma e Fiume, ma anche dipendenti di altre Amministrazioni dello Stato. Se Giovanni Palatucci, a Fiume, si avvalse della collaborazione degli impiegati delle poste al fine di intercettare le disposizioni che da Berlino pervenivano ai locali comandi tedeschi; Angelo De Fiore, si avvalse della collaborazione degli impiegati dell’Ufficio Tesseramento del Comune al fine di procurare i documenti necessari per la permanenza nella Capitale degli ebrei che ivi avevano trovato rifugio; se Giovanni Palatucci, a Fiume, era in contatto con i finanzieri incaricati di sorvegliare i confini e con elementi delle truppe italiane d’occupazione dell’allora Iugoslavia, al fine di agevolare l’ingresso nei territori italiani degli ebrei in fuga dalle zone di occupazione nazista; Angelo De Fiore, a Roma, era in contatto con il Centro Militare Clandestino di Giuseppe Sprovieri al fine di nascondere e proteggere gli ebrei scampati nella Capitale. Angelo De Fiore, per fortuna, non ha condiviso la tragica fine di Giovanni Palatucci. Tuttavia il rischio di morire anch’egli in un campo di sterminio, Angelo De Fiore lo ha corso ed affrontato coscientemente. Ciò avvenne quando, dopo l’attentato di via Rasella, si rifiutò di aderire alla richiesta dell’allora Questore di Roma, Pietro Caruso di fornire un elenco di nomi da destinare al massacro delle Fosse Ardeatine. Angelo De Fiore ebbe il coraggio di apporre il suo rifiuto, pur conoscendo il fanatismo del Questore Caruso. Fanatismo che non era certo inferiore al fanatismo del Prefetto Temistocle Testa o del Questore Salvatore Genovese con i quali Giovanni Palatucci ebbe a confrontarsi a Fiume. Palatucci e De Fiore sono comunque accomunati da un’altra circostanza: il loro valore, subito riconosciuto ed esaltato in terra d’Israele, è stato a lungo passato sotto silenzio in Patria. Questo lungo silenzio lascia perplessi, non si comprende come il valore di uomini che con il loro comportamento hanno non solo nobilitato la Polizia di Stato, ma hanno riscattato il nome d’Italia dall’ignominia delle leggi razziali, possa essere stato così a lungo ignorato in Patria. E’ per evitare che il nome e l’esempio di quanti costituiscono il vanto d’Italia e della Polizia di Stato possano ricadere nell’oblio, che l’Associazione Nazionale della Polizia di Stato, di cui mi pregio essere socio onorario, ha inteso apporre nell’atrio d’ingresso della Questura la lapide in onore e memoria di Angelo De Fiore, Questore della provincia di Forlì, già dirigente dell’Ufficio Stranieri di Roma».
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