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Ottobre-Novembre/2008 - Articoli e Inchieste
Prostituzione
Per un fenomeno molto antico soluzioni apparente mente nuove
di Emilio Belfiore

Il nuovo disegno di legge diretto
a reprimere gli aspetti
più visibili, e “fastidiosi”, del mercato
del sesso rischia di creare pesanti
problemi o di rivelarsi di difficile
applicazione. Permane evidente
l’incapacità di definire delle corrette
ed efficaci linee d’intervento
Questa volta a dichiarare “guerra alla prostituzione” è il ministro delle Pari opportunità Mara Carfagna, con un disegno di legge approvato dal Consiglio dei Ministri, e in attesa di passare al vaglio parlamentare. Dati i margini di cui dispone l’attuale maggioranza è prevedibile che passerà. E del resto, alcune Amministrazioni comunali, come Roma, Milano e Genova – hanno cominciato subito ad applicarne la sostanza.
Multe e arresti, per le “lucciole” e per i clienti. A definire le prime come tali dovrebbe essere il loro abbigliamento, secondo il giudizio degli operatori incaricati del controllo, e la loro stazionaria presenza in determinati luoghi. Quanto ai clienti, il fatto di fermarsi a parlare con loro implicherebbe una “trattativa” che prelude il “rapporto” vero e proprio. Se ne deduce che ad essere sanzionato non è la “conoscenza sessuale”, che potrebbe anche avvenire in luogo non pubblico, ma il rapporto orale (senza doppi sensi) con la prostituta. In realtà è fatto divieto sia alle “lucciole” di discorrere, sia pure brevemente, con chiunque, così come nessuno ha il diritto di rivolgere loro la parola. Nemmeno per chiedere l’ora, o un’indicazione stradale. Non è chiarito se gli uni e le altre possano dialogare a gesti. E neppure se il supposto cliente, per essere punito, deve essere necessariamente di sesso maschile. O se sia considerata l’ipotesi che la prostituta venga avvicinata da qualcuno non con il fine di acquistare le sue prestazioni, ma al contrario con l’intenzione di redimerla, o, al limite, di vituperarla per la sua disdicevole attività.
“Ci troviamo di fronte a una situazione di allarme sociale”, ha affermato il Ministro in un’intervista al settimanale Gente. Aggiungendo di ritenere che “la prostituzione sia anche, ma non solo una questione di sicurezza e di ordine pubblico, aspetti che ci stanno particolarmente a cuore. Noi non diamo un giudizio morale, ma ci dobbiamo preoccupare che quello che succede nelle nostre città non crei disagio alle persone, cosa che invece accade. Penso sempre alla mamma con il figlio di 5 anni che si trova a dovergli spiegare quello che è sotto gli occhi di tutti a qualunque ora”. Certo, al di là dei problemi di didattica familiare sul meretricio, il disagio ambientale esiste, ed è da tempo e periodicamente denunciato. Il punto è quali siano concretamente i modi di affrontare il problema, e di definirne razionalmente tutti i contorni.
L’elemento che maggiormente caratterizza il disegno di legge è nelle pene previste sia per la prostituta che per il cliente: da 5 a 15 giorni di reclusione, da 200 a 3.000 euro di ammenda. Stessa pena per entrambi i rei, o i peccatori (anche se il peccato non è stato ancora consumato). Ovviamente le sanzioni previste dovrebbero comportare un notevole aggravio sul piano giudiziario, con processi di primo e secondo grado, e ricorsi in Cassazione. E un ulteriore appesantimento della situazione carceraria, ormai già oltre i limiti di sopportazione.
Si calcola che in Italia le prostitute sulla strada siano circa 70.000. La maggioranza sono immigrate, dai Paesi dell’est europeo, e quindi molte di loro cittadine dell’Unione Europea, e africane. Dietro queste “passeggiatrici” (la definizione risale ad altri tempi, ma è pertinente) vi è un traffico gestito da organizzazioni criminali straniere e italiane che controllano gran parte del mercato del sesso. Il problema presenta quindi due aspetti: quello di ordine pubblico, costituito dalla presenza delle prostitute, con tutti gli annessi e connessi ripetutamente denunciati, e gli introiti che questo traffico fornisce alle suddette organizzazioni criminali. Tornando al disegno di legge, qualcuno si è chiesto perché la questione sia stata affrontata dal Ministro delle Pari opportunità – che dovrebbe occuparsi di promuovere il ruolo delle donne nella società -, e non da quelli dell’Interno e della Giustizia. Il ministro Carfagna assicura che “il provvedimento ha un forte potere deterrente, ha l’obiettivo di prevenire il fenomeno più che reprimerlo”, e che comunque è stato “condiviso” con i responsabili dell’Interno e della Giustizia.
E’ inevitabile chiedersi, nell’ipotesi che le misure annunciate raggiungano i risultati voluti, quali forme assumerebbe il giro della prostituzione. Tutte al chiuso in appartamenti ? In effetti, questo tipo di “mercato” esiste da tempo, in larga misura pubblicizzato su Internet, con dovizia di ragguagli sulle prestatrici d’opera e sui servizi offerti. Allargarlo per accogliere le lucciole stradali comporterebbe un grosso investimento per l’acquisto o l’affitto di locali idonei. E a questo proposito si sono già registrate le virtuose proteste di associazioni inquilini, allarmate dalla possibilità di una simile contiguità. E poi, chi sarebbe in grado di affrontare eventualmente tali investimenti? Difficilmente potrebbero farlo le stesse interessate.
Detto questo, la “guerra alla prostituzione”, bene o male, sembra avviata. Il vice sindaco e assessore alla Sicurezza di Milano Riccardo De Corato annuncia multe per prostitute e clienti, mentre a Roma, Gianni Alemanno ritiene che a pagare debba essere solo chi acquista. E a Genova il sindaco Marta Vincenzi prende d’assalto i “bassi” del centro storico, locali a piano terra nella zona della Maddalena, tradizionalmente usati dalle colleghe della “bocca di rosa” cantata da De André. Un’ordinanza municipale decreta che “è vietato allestire e/o mantenere locali posti al piano strada (piano terra o seminterrato e non già destinati a residenza, in condizioni idonee a consentire l’espletamento di funzioni abitative, cioè attrezzati come camere da letto, soggiorni, sale da pranzo e cucine”. I trasgressori sono minacciati di denuncia all’autorità giudiziaria e sequestro dell’immobile. “Voglio sottolineare – ha dichiarato l’assessore alla Sicurezza Francesco Scidone – che non si tratta di una guerra alla prostituzione, ma come nelle altre città contro il degrado”.
Di parere del tutto diverso è don Antonio Mazzi, presidente della Fondazione Exodus, in un commento (titolato “Ma il problema della prostituzione non si risolve con multe e galere”) pubblicato su Gente a fianco dell’intervista al ministro Carfagna. “Ormai le cronache sono piene di prostitute che vengono ‘beccate’ e rimandate al mittente, di clienti delle prostitute che devono pagare multe salate tra i 200 e i 600 euro; gli amministratori locali che fanno la gara a chi pulisce prima i marciapiedi. Tra qualche settimana, sentendo il popolino, l’annoso e fino a ieri insolvibile problema verrà definitivamente debellato. Di parere molto diverso siamo noi che da molto tempo questa situazione la conosciamo molto di più e molto meglio dei chiacchieroni di turno”. Decisamente controcorrente rispetto all’operazione Strade Pulite presentata come una crociata civile, don Mazzi denuncia “la vera prostituzione vergognosa e pesante, che se ne sbatte di leggi e leggine, si consuma sempre più frequentemente nei salotti metropolitani. Alto bordo, orari diurni, cinquemila/diecimila euro a botta, personaggi e interpreti illibati e assertori indefessi della fedeltà coniugale. Piaga di cui nessuno parla e parlerà. Di tanto in tanto sfugge qualche notizia pruriginosa, subito repressa”. E ricorda lo sfruttamento delle minori “che non si esaurisce solo nella prostituzione”, “le violenze con i bambini dentro casa”, la pedofilia: “le leggi ci sono, ma pare che non venga l’ernia a nessuno per la loro applicazione”. Quanto allo “zoccolo duro della prostituzione” ritiene vano pensare di risolvere “una situazione giustificata e banalizzata per decenni con multe e galere”. Concludendo, “l’ipocrisia, l’egoismo, il falso concetto di pulizia etnica, ha fatto sì che anche la prostituzione sia pensata come disturbo sotto le nostre finestre, riducendo quindi il problema alle pulizie del marciapiede”. E don Mazzi esorta a finirla “con le guerre di religione e con i polveroni che illudono solo i superficiali”.
L’iniziativa del Ministro delle Pari opportunità giunge cinquant’anni dopo l’entrata in vigore della legge Merlin, che stabiliva la chiusura delle cosiddette “case chiuse”, o “di tolleranza”, più comunemente chiamate “casini”. Luoghi legalmente abilitati all’esercizio della prostituzione, considerati come necessarie valvole di sfogo per le foie maschili. Da allora, nel nostro Paese la professione più antica del mondo ha conosciuto alterne vicende, con la costante incapacità di definire correttamente i contorni del problema: da qualche tempo aggravato dall’immigrazione, ma comunque reale. Certo, se per risolverlo fossero sufficienti leggi e decreti, il problema non esisterebbe più da molto tempo.

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