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Agosto-Settembre/2008 - SOLO ON LINE SU POLIZIA E DEMOCRAZIA
Gli Strampalati seguaci di Gesù
di Eleonora Fedeli

Vivono la loro fede in modo libero e anticonformista. Sperimentano
metodi alternativi per celebrare la messa, rinunciando
ad organi, sermoni e rituali obsoleti. Hanno tradotto la Bibbia
in una versione contemporanea, in cui il “Figliol Prodigo” lavora
da MacDonald's. Un'iniziativa che è piaciuta persino a Benedetto XVI


Ragazzi tatuati e pieni di piercing, creste tinte di rosa fucsia, jeans strappati, borchie, catene. A prima vista sembrerebbe di trovarsi ad un raduno di punk. E invece siamo a Freakstock, un festival che ogni anno si organizza a Gotha, in Germania, al quale accorrono migliaia di ragazzi da tutta Europa. Sono i Jesus Freaks, un movimento di credenti sopra le righe che, nonostante l'aria da debosciati ribelli, si riunisce per celebrare “la rockstar delle rockstar”: Gesù.
I Jesus Freaks nascono nel 1991 nell'appartamento del pastore Martin Dreyer che, dopo una lunga esperienza in Olanda in un centro di accoglienza per giovani disagiati, sentì l'esigenza di trovare un modo per avvicinare questi ragazzi a Dio, portando la sua parola e il suo insegnamento nelle realtà più povere e degradate. E così, una sera, con altri due amici, dopo un intenso scambio di idee su come istaurare un rapporto più diretto e genuino con Gesù, privo di intermediari e di rituali ormai logori, Dreyer fondò i Jesus Freaks. In inglese la parola Freak indica una persona dall'aspetto o dal comportamento poco usuale, talvolta addirittura nell'accezione di “fenomeno da baraccone”. I seguaci di Dreyer, infatti, fanno tutti parte delle più svariate sottoculture giovanili, sono punk, dark, skinhead, metallari, molti di loro hanno alle spalle problemi di alcol e droga. Sono tutti outsiders della società, persone che provengono dai margini, cresciuti nel disagio e nell'emarginazione, che hanno trovato nella fede la loro ancora di salvezza.
Simone, una ragazza di 19 anni, ha raccontato di essere guarita dall'anoressia grazie all'aiuto dei Jesus Freaks. Come lei, centinaia di giovani hanno superato problemi di tossicodipendenza, tendenze suicide e disturbi psichici di ogni tipo. Chi non aveva trovato un posto nella società e chi non si era mai sentito accettato a causa del suo aspetto, ora poteva contare su una grande famiglia in continua espansione. Ora poteva finalmente sentire la presenza di qualcuno che li amava davvero, qualcuno che aveva cambiato la loro vita e che aveva gettato luce su una misera e buia esistenza.
Quel qualcuno è Gesù, il “primo fra i Freaks”, simbolo di ribellione e anticonformismo, colui che si è prodigato per i meno fortunati, denunciato l'ingiustizia e la corruzione, predicato l'amore verso disgraziati e diseredati, praticato la carità. Dreyer, infatti, è convinto che se oggi Gesù fosse fra noi non andrebbe di certo in chiesa, ma nei quartieri più poveri e degradati, come St. Pauli, il distretto a luci rosse vicino al porto di Amburgo. Parlerebbe con le prostituite, con i senzatetto, con i tossicodipendenti che ciondolano agli angoli delle strade.
Certo, i Jesus Freaks non corrispondono all'immagine tradizionale dal credente, con i loro piercing e le borchie, ma, è il caso di dire, l'abito non fa il monaco. Perché al di là del look trasgressivo (e di un logo che ricorda il simbolo del movimento anarchico, ma che in realtà è solo la sovrapposizione dei due simboli di Gesù, la alfa e la omega), i Jesus Freaks credono fervidamente negli ideali cristiani, come la castità prima del matrimonio, il diritto alla vita, l'importanza della famiglia. Ci credono, ma a modo loro. Celebrando una messa fuori dagli schemi, senza seguire la liturgia tradizionale, avvalendosi di presentazioni power point, intermezzi musicali suonati da gruppi rock, spazi in cui si possono recitare poesie e raccontare le proprie esperienze. Hanno persino riveduto e corretto la Bibbia, adattandola ai tempi moderni e traducendola in un linguaggio meno obsoleto. Del resto Gesù ha sempre parlato la lingua della gente comune, una lingua, però, estremamente diversa da quella di oggi.
Dreyer ha subito intuito l'importanza di attualizzare quelle parole che Dio diffuse tra gli uomini più di duemila anni fa. Questo lo scopo del progetto nato nel 2004 e che ha dato come primo risultato la versione 1.0 della Volxbibel, la Bibbia del popolo, in cui le Sacre Scritture vengono tradotte in una lingua contemporanea, fresca e diretta, simile allo slang giovanile. La simbologia del mondo rurale viene rimpiazzata da quella della realtà metropolitana, fatta di motorini, pizzerie e concerti. Il Figliol Prodigo non è più un mandriano di porci che ha dilapidato le ricchezze paterne, ma un cameriere di MacDonald's al quale vengono negati persino gli scarti dei clienti del fast food.
Con le sue 100mila copie vendute, la Volxbibel ha registrato un successo inaspettato, anche grazie alla versione audio in cd. Certo i luterani non l'hanno presa bene, ma in compenso l'iniziativa ha ricevuto il beneplacito di Benedetto XVI che, sebbene abbia ribadito l'importanza di leggere le Sacre Scritture nella loro versione originale, ha fatto sapere a Dreyer di apprezzare la sua attività di missionario.
Altra caratteristica innovativa della Volxbibel è quella di essere una open source, cioè un documento in rete cui tutti possono accedere, partecipando attivamente alla riuscita del progetto con pareri sulle traduzioni proposte. Un vero e proprio work in progress, che garantisce una costante attualizzazione della lingua e dei contenuti. Perché la parola di Dio arrivi sempre alle sue “pecorelle smarrite”.

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