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Agosto-Settembre/2008 - Contributi
Verso la Costituzione d’Europa La Carta dei Diritti fondamentali
di Giovanni Battista Prosperini della Polizia di Stato

In un periodo in cui l’attenzione dei più è sempre rivolta alle problematiche legate all’approvazione, da parte dei singoli Stati membri, del trattato con il quale si voleva dare forma alla nuova “Costituzione d’Europa” , molti si sono dimenticati che già esiste, nell’ordinamento giuridico europeo, un atto di simile valenza e che questo già sancisce i diritti dei nuovi cittadini d’Europa, fornendo, di fatto, le basi proprio al recente trattato in via d’approvazione da parte dei vari Stati comunitari fonte di continue discussioni.
Il Consiglio europeo di Colonia, infatti nel mese di giugno del 1999, decise la redazione di una Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, affidando il compito e ad un organo composto da membri del Parlamento europeo e dei Parlamentari nazionali, nonché da delegati dei Capi di Stato o di governo e del Presidente della Commissione europea. L’organo, che assunse la denominazione di “Convenzione”, presentò nell’ottobre del 2000 il progetto elaborato, lavoro che fu approvato il 15 novembre dal Parlamento europeo e il 7 dicembre 2000 dal Consiglio europeo di Nizza.
Anche l’approvazione della Carta, come per il Trattato, fu preceduta da roventi polemiche che investirono sia l’opportunità della sua adozione, sia il contenuto, nonché lo strumento d’approvazione. Al tempo la discussione interessò il Parlamento italiano che, peraltro, ne approvò il testo il 5 ottobre 2000 (da aggiungersi ad aula sostanzialmente vuota), recependolo così (per il suo valore) nel nostro sistema di diritto.
La Carta, in realtà, fu frutto di un compromesso tra le diverse posizioni, giacché ciascuno dei 15 Stati facenti parte dell’Unione dovette risolvere il difficile problema di conciliare le diverse posizioni assunte anche in ambito nazionale. Si discusse innanzi tutto dell’utilità della Carta, che, di fatto, andava a sovrapporsi a testi esistenti e in particolare alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali adottata dal Consiglio d’Europa, che é organismo internazionale cui partecipano tutti i paesi dell’Unione. Quanto al contenuto, la discussione investì l’elencazione dei singoli diritti, per alcuni in certe parti lacunosa e per altri sovrabbondante, in quanto contenente fattispecie che non appartenevano alla categoria dei diritti fondamentali. Il problema più delicato riguardò lo strumento relativo alla sua adozione.
Lunghi furono i dibattiti sul fatto se la Carta dovesse essere integrata in Trattati (con massima e diretta valenza nei diritti interni) o, comunque, essere un documento giuridico vincolante, ovvero avere la veste di una semplice dichiarazione con rilievo esclusivamente politico. Il problema rientrava nell’ambito dell’opportunità di dotare l’Unione Europea di un vero testo costituzionale (problema che sarà superato con l’approvazione, quando avverrà, della Costituzione d’Europa). A quel tempo, l’opposizione più decisa provenne dal Regno Unito, storicamente sempre preoccupato dell’eventuale perdita di sovranità e che per tradizione non ha una Carta costituzionale scritta. Il testo redatto, tra l’altro, investiva anche problemi di natura filosofica e religiosa.
Per tali ragioni, il Consiglio d’Europa scelse la strada più facile della semplice “dichiarazione”; in tal modo, il testo, essendo privo di efficacia giuridica propria, non implicava alcuna possibilità d’azioni giudiziarie fondate su di esso e, quindi, nessuna concreta efficacia sul piano pratico, nonostante ciò la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, andando così ben oltre a quanto voluto dai promotori, oramai recepita, viene già quotidianamente (ri)chiamata a sostegno di tesi di diritto sia in dottrina sia in giurisprudenza, dovendosi quindi necessariamente considerare, di fatto, la prima forma di “Costituzione Europea”, e questo a dispetto dei molti che ritennero il documento eccessivamente timido ed inutile. Lungimirante in merito, fu il nostro Presidente della Repubblica che, il 4 ottobre 2000, le attribuì, sia pur in fieri, la natura di prima Costituzione europea.
La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (nello stile delle normative europee al quale dobbiamo necessariamente cominciare ad abituarci) é composta da un preambolo (con le motivazioni per la sua promulgazione), seguito dall’articolato che elenca i diritti fondamentali.
La Carta (ri)afferma, nel rispetto delle competenze e dei compiti della Comunità e dell’Unione Europea e del principio di sussidiarietà, i diritti derivanti in particolare dalle tradizioni costituzionali e dagli obblighi internazionali comuni agli Stati membri, dal trattato sull’Unione Europea e dai trattati comunitari, dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, dalle carte sociali adottate dalla Comunità e dal Consiglio d’Europa, nonché i diritti riconosciuti dalla giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee e da quella della Corte europea dei diritti dell’Uomo e questo nel tentativo di rafforzare la tutela dei diritti fondamentali alla luce dell’evoluzione della società, del progresso sociale e degli sviluppi scientifici e tecnologici.
Nello specifico, la Carta, suddivisa in VII Capi e composta da 54 articoli (a differenza della nostra Costituzione non tratta la forma di governo Ue, ma solo principi fondamentali), s’interessa di svariati argomenti: dalla dignità umana (diritto alla vita, integrità fisica e psichica della persona, divieto di schiavitù e tortura) alla libertà (libertà e sicurezza individuali, rispetto della vita privata, privacy, libertà di pensiero, espressione, lavoro), dai principi d’eguaglianza e di solidarietà (uguaglianza avanti alla legge, pari opportunità, diritto al lavoro, assistenza sociale e salute, ambiente, consumatori) ai diritti alla cittadinanza e di giustizia (diritto ad una buona amministrazione, accesso ai documenti, mediatore, diritto di petizione, diritto ad un giudizio imparziale ed equo, ne bis in idem, principio di legalità); si può quindi definire propriamente una Carta, scritta, lunga (o complessa), ma non rigida in quanto non prevede forme particolari a sua tutela (per un eventuale modifica, quindi, non necessitano maggioranze specifiche o quant’altro).
Fino a quando non vedrà la luce il tormentato progetto del trattato istitutivo della “Nuova Costituzione d’Europa”, dovrebbe proprio essere la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea cui si dovrebbe fare riferimento quotidianamente, per individuare i principi generali dell’unità di Stati che é l’Unione Europea (anche se da molti ne é ignorata l’esistenza) e quindi i principi da applicarsi nel diritto positivo nazionale assieme alle restanti normative internazionali promulgate a tutela dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.
Ed infatti, questo importante documento di diritto comincia ad essere fatto proprio anche dai giudici italiani nella loro opera giurisprudenziale giornaliera. Sempre più sentenze richiamano l’articolato della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea che opera, quindi, in completa sintonia con i valori della Costituzione della Repubblica. Da ultimo, per comprendere appieno la ratio dell’elaborato di diritto, merita citarsi integralmente il conclusivo art. 54 della prima Carta dei diritti fondamentali dell’Ue (Divieto dell’abuso del diritto): “Nessuna disposizione della presente Carta deve essere interpretata nel senso di comportare il diritto di esercitare un’attività o compiere un atto che miri alla distruzione dei diritti o delle libertà riconosciute nella presente carta o imporre a tali diritti e libertà limitazioni più ampie di quelle previste dalla presente Carta”, che pone i limiti nell’uso ed interpretazione di questo importante documento di diritto.

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