Il controllo è carente per la cronica
mancanza di fondi. Fortunatamente
la situazione è migliore
per quanto riguarda il lavoro
investigativo e il recupero
delle opere d’arte
Si dice che l’Italia possegga dal 40 dal ’60 per cento del patrimonio artistico mondiale. Purtroppo non è lecito andare oltre quel “si dice”. Perché a scapito di un imponente ministero per i Beni Culturali e 21 soprintendenze nazionali, ancora manca una catalogazione completa dei nostri beni culturali. Ve ne sono alcuni non censiti, altri che lo dovrebbero essere, dal momento che a volte sono addirittura istituzioni museali o gallerie d’arte.
Eppure qualche settimana fa un prestigioso settimanale nazionale ha lanciato l’allarme: non sono solo i vecchi tombaroli e i mercanti senza scrupoli a crear danno, ma anche il mancato controllo interno. Sembra che interi medaglieri (soprattutto quindi medaglie e monete) siano stati depredati e sostituiti con dei falsi.
Le risposte istituzionali sono le stesse da sempre. Non ci sono abbastanza fondi e strutture per operare. A fronte di plotoni di laureati ed esperti, non si riesce a istituire borse di studio o banali stages per implementare questa benedetta catalogazione. Sembra un po’ la vecchia storia delle teche Rai. Un giorno, accorgendosi che i supporti in beta e vhs o addirittura in 35 millimetri, si stavano erodendo, è iniziato il riversamento in dvd. Stessa sorte per la cineteca di Stato. Ma ancora oggi non si ha un lavoro definitivo.
I problemi del patrimonio italiano quindi sono anche, e soprattutto, interni. Meglio sul fronte straniero e meglio su quello investigativo.
Il recupero istituzionale
Da alcuni anni è iniziata da parte del governo un’azione di recupero di beni che per svariati motivi si trovavano presso sedi estere. Frutto tangibile di questa operazione è la mostra “Nostoi. Capolavori ritrovati”, aperta a dicembre 2007 al Quirinale e tuttora in corso (fino al 7 settembre a Palazzo Poli a Roma, in via Poli 54) arricchita tra l’altro da nuovi straordinari manufatti che rientrano in Italia provenienti dalla Collezione Shelby White di New York , tra i quali il Cratere a calice a figure rosse con Zeus e Ganimede, Hydria cerretana con la fuga di Ulisse dall’antro di Polifemo e l’Anfora calcidese con cavalcata di giovani.
Tra gli anni ’70 e i primi anni del Duemila l’Italia ha vissuto un’epoca che è stata definita la “Grande Razzia”. Un numero incredibile di opere d’arte di inestimabile valore sono state trafugate dagli scavi archeologici, soprattutto dal Sud e dal Centro Italia, da mercanti d’arte che seguendo percorsi clandestini le hanno poi vendute a collezionisti privati e a grandi istituzioni museali internazionali.
La diplomazia si è messa a lavorare e importantissimi pezzi sono stati riavuti da istituzioni quali il J. Paul Getty Museum di Los Angeles, il Metropolitan Museum of Art di New York, il Museum of Fine Arts di Boston e il Princeton University Art Musem.
Nella mostra figurano oltre 70 pezzi di eccezionale valore storico-artistico, tra i quali la statua marmorea risalente al 136 d. C. raffigurante Vibia Sabina, moglie dell’Imperatore Adriano, lo Psykter in terracotta a figure rosse del 510 a. C. attribuito a Smikros, il cratere a calice firmato dal pittore Asteas, il Trapezophoros del 325-300 a.C. raffigurante due grifi che sbranano una cerva, la statua marmorea del I-II secolo d.C. raffigurante Apollo con grifone.
La mostra offre anche la possibilità per la prima volta di osservare alcuni straordinari pezzi restituiti da uno dei più noti collezionisti privati, la signora Shelby White. Tra questi l’Anfora panatenaica, databile al 540 a. C. circa; il Cratere a calice del pittore di Eucharides del 490-480 a. C. e una statuetta di kouros in bronzo, risalente al 480-470 a. C.
In linea con questa condotta anche l’Italia ha restituito ad altri Paesi opere arrivate da noi secondo percorsi poco chiari, come la Maschera d’oro al Perù.
Il ministro Bondi intende proseguire la strada aperta nel suo ministero. A luglio ha incontrato il Ministro della Cultura greco, Michalis Lapis: i due hanno espresso la volontà di sviluppare ulteriormente la collaborazione già esistente tra l’Italia e la Grecia per quanto riguarda la lotta al traffico illecito di opere d’arte anche attraverso la firma di un “Memorandum of Understanding” nel corso dei prossimi mesi.
Il processo al Getty
Prosegue intanto a Roma da più di un anno il processo a Marion True, curatrice di antichità per il Getty Museum e ai suoi collaboratori. La tesi del pm Paolo Ferri è che la collezione Fleischman sarebbe una facciata utilizzata dal Getty per entrare in possesso di reperti antichi provenienti, trafugati, soprattutto dall’Italia.
Va da sé che la True si difende come può, mentre si accatastano le prove di colpevolezza per il Getty.
Il Nucleo dei Carabinieri
E’ nato negli anni ’60, quando appunto cresceva la preoccupazione per il dilagare di furti di opere d’arte. Stiamo parlando dell’apposito team di militari che si occupa della tutela del patrimonio paleontologico, archeologico, artistico e storico nazionale, ovvero il Nucleo Tutela Patrimonio dei Carabinieri. In questi anni il lavoro svolto da questi speciali investigatori è stato di importanza eccezionale.
Il Comando si trova a Roma e coordina l’attività di 11 Nuclei dislocati sul territorio italiano. Ha ovviamente collegamenti con l’Interpool e le altre forze di tutela estere.
Uno strumento prezioso messo a disposizione di tutti i cittadini, ma soprattutto degli addetti ai lavori; sul sito dei Carabinieri è la banca dati che contiene l’elenco, con descrizioni e fotografie, delle opere trafugate. Il Nucleo dipende direttamente dal Ministero dei Beni Culturali che mette a disposizione dell’Arma i migliori esperti e critici.
Il sogno di ogni carabiniere che fa parte di questo Nucleo, è quello di ritrovare la “Natività con i Santi Lorenzo e Francesco di Assisi” di Caravaggio trafugata a Palermo nel 1969.
I beni in svendita
C’è poi il capitolo dei beni in svendita. Sono sempre di più le Regioni, le Province e i Comuni che svendono il patrimonio pubblico (palazzi e altro) in cambio o di infrastrutture o di liquidità. La questione è continuamente sollevata dalle associazioni private che si occupano di tutela del patrimonio come il Fai.
In questi ultimi mesi due gli esempi clamorosi: Palazzo Forti a Verona, sede della Galleria di arte moderna, in vendita da parte del Comune e la firma della Regione Sicilia per la privatizzazione di tutti i beni artistici dell’isola. Operazioni assolutamente illecite. Si pensi che Palazzo Forti a Verona è vincolato dal testamento del suo donatore. Ma la giunta procede con la motivazione di voler restaurare altri palazzi, avere uffici, parcheggi, residenze e altro.
Qualcuno, anche tra i personaggi più autorevoli in campo artistico, come l’ex ministro dei Beni Culturali, Antonio Paolucci, ora alla guida dei Musei Vaticani, sostiene che è meglio la vendita ai privati della mancata manutenzione. Di più: Paolucci ha asserito che il miglior ministro dei Beni Culturali è stato Bottai e che la legge di tutela del patrimonio migliore è quella fatta nel 1939. Paolucci si dimentica un particolare non da poco: a quella stesura non ha partecipato nemmeno un insegnate ebreo.
Erano stati mandati a casa nel novembre del ’38. Anche se Paolucci fa finta di dimenticare il perché.
FOTO: Statua in marmo di Tyche I sec. d. C.
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