Non rientra affatto tra i costumi di un’organizzazione sindacale come la struttura regionale del Silp per la Cgil quello di duettare con un Ministro della Repubblica, ma per una volta siamo costretti ad agire in deroga a questo principio non potendo trattenere il fermo disappunto provocato dalle parole rese dal responsabile del dicastero della Difesa on. La Russa: “La Polizia in strada, e a piedi non ci và, non è nelle sue corde, anche perché è sindacalizzata”.
La prima impressione che si ha è quella che il prefato sia riuscito in un solo colpo nell’impresa non facile di offendere i militari e i poliziotti, i primi perché non avendo forme avanzate di tutela e di rappresentanza sindacale possono forse, ad avviso del Ministro, compiere tutto quello che è nei suoi desideri o in quelli del collega di turno; i secondi perché, sindacalizzati, pretendono che vengano rispettati i diritti maturati e conquistati anche a seguito di aspre vicissitudini e vertenze condotte all’interno e fuori dall’Amministrazione di appartenenza. Così, però, non è, e gli uni e gli altri, piaccia o no, potranno essere impiegati secondo le direttive dei Ministri e degli Enti di riferimento ma giammai in difformità a quanto normato o contrattualizzato.
Comprendiamo benissimo che a questa compagine governativa più che ad altre farebbe comodo non avere come interlocutore il sindacato tutto, e soprattutto unito e compatto come in questo momento, e per nessuna ragione disposto a cedere un millimetro o a consentire che i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici dell’intero Comparto Sicurezza e Difesa vengano conculcati.
Tutte le sigle sindacali in rappresentanza di 500mila operatori del settore hanno intrapreso, da tempo e in forme impensabili fino a poco fa (come l’acquisto di una pagina di alcuni giornali per lanciare il grido d’allarme) una dura attività di protesta e di denuncia contro i tagli previsti dal decreto n. 112, già convertito in legge dalla Camera dei Deputati e in procinto di esserlo presso il Senato, e di altre previsioni come il turn over, ivi contenute, che per la sola Polizia di Stato farà aumentare la carenza di organico dalle 9.030 unità attuali alle 15.719 del 2012.
Non vogliamo, tuttavia, andare ad apportare ulteriori elementi di discussione sulle tematiche della sicurezza se non quelle che abbiano attinenza con aspetti locali e più decentrati in grado di rendere al meglio l’idea dello stato reale in cui versa il settore “de quo”.
A tal proposito occorre evidenziare che è in atto un evidente e, se non si corre subito ai ripari, irreversibile processo di depauperamento degli uffici Prevenzione generale e della Sicurezza pubblica (Volanti), dove gran parte del personale che per svariate ragioni lascia l’ufficio non è sostituito in numero pari, con la scontata conseguenza che le Sezioni operative in grado di mettere sul territorio, sino a qualche anno fa dieci o dodici Volanti composte da tre operatori, oggi, a stento e con non pochi sacrifici, riescono a formarne tre e di due unità. Ciò provoca tanti ed evidenti disagi al poliziotto, costretto per spirito di dedizione a rinunciare, e non di rado, alla fruizione di riposi o periodi di ferie o a coprire vastissime zone di territorio comprese tra più rioni, e al cittadino destinatario di un servizio poco incisivo ed efficace.
Lo smembramento costante di alcuni uffici strategicamente molto importanti nella prevenzione dei reati e nella repressione degli stessi, non ha risparmiato neanche la figura del poliziotto di prossimità, costretto a operare in sempre meno e più circoscritte zone che non vanno quasi mai oltre le vie principali del centro. Se poi dalle città passiamo nei commissariati delle province, la situazione diviene ancora più drammatica; lì sì, si vivono delle realtà operative di assoluta precarietà, soprattutto in relazione agli aspetti logistici, alle risorse umane e alla sicurezza dei posti di lavoro, in più di un caso fatiscenti. E tutto questo francamente non può né deve sfuggire ad alcuno, ma soprattutto a chi, in tempi non vicinissimi, ne ha fatto un campo di battaglia, una bandiera da dover sventolare sempre e in ogni dove.
Chiudiamo con l’auspicio che venga messo un freno all’evidente tentativo di depotenziamento della sicurezza pubblica che non fa che provocare un pericoloso, inaccettabile ricorso a una sicurezza privata e “fai da te”, e si torni piuttosto a pensare e approvare provvedimenti che rasserenino il cittadino, ma al tempo stesso sappiano contrastare l’attività illecita e invasiva della criminalità ad ogni livello di diffusione.
Finita la campagna elettorale si mettano da parte gli spot e si rispetti nei fatti, negli atti e nelle parole l’operato di chi, con spirito di dedizione e tra mille difficoltà, si prodiga nella quotidianità a garantire la sicurezza e la incolumità dei cittadini.
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