E’ la nuova frontiera ambientalista
contro il degrado e l’abbandono delle aree
verdi urbane. Nati negli anni Settanta in America, oggi, grazie
a internet, si stanno organizzando anche qui in Italia.
Si muovono di notte, armati di vanga, zappa e rastrello. Non appartengono a una classe sociale specifica, hanno età variabili e provenienze geografiche diverse. Si identificano con il nome di battesimo seguito da un numero assegnato al momento della loro adesione al gruppo. Ciò che li accomuna è la sensibilità verso la causa ambientalista e la voglia di restituire un po’ di verde alle aree pubbliche abbandonate. Sono i guerrilla gardeners, i giardinieri guerriglieri, cittadini qualunque che hanno a cuore le loro strade e i loro quartieri e che credono che anche un fiore possa cambiare il mondo. «Invece di brontolare contro il Comune», dice Michele Trasi, uno dei fondatori del sito guerrillagardening.it, «noi piantiamo erica, lavanda e viole. Un piccolo modo per rispettare il posto dove vivi e sentirlo più tuo». Milanese, giardiniere anche di professione, Michele, insieme al socio Andrea e a una decina di ragazzi, da ormai due anni individua aree degradate da “attaccare” e organizza vere e proprie azioni di “guerrilla” ambientalista. E sul suo sito ospita anche quelle dei suoi colleghi sparsi per l’Italia, come quelle del Gruppo Salvaguardia Casalucese, in provincia di Caserta, che all’emergenza rifiuti reagisce coltivando aiuole, ad esempio sotto i cavalcavia delle autostrade.
Organizzare un’azione, spiegano i guerriglieri, è un processo complesso. Dopo essersi incontrati attraverso dei forum su internet, gli attivisti individuano l’area da colpire. Tutti i partecipanti si incontrano sul luogo stabilito, armati di piante e di semi, scelti in base alla loro compatibilità col tipo di clima e di terreno. E’ a questo punto che si dà inizio all’azione vera e propria. Prima si pulisce il terreno, togliendo erbacce e rifiuti, poi si concima la terra e la si lavora per prepararla alla semina. La scelta del vegetale non è mai casuale: fiori colorati per le zone grigie e industriali, ortaggi e frutta nei centri storici, girasoli per illuminare i viali più bui.
L’azione avviene rigorosamente di notte, e non solo per aumentare l’effetto sorpresa. Il suolo coltivato, infatti, è pubblico. Anche se, come tiene a precisare Michele Trasi, «questi non sono atti di vandalismo, ma di abbellimento di aree dismesse». E infatti c’è chi semina e annaffia alla luce del sole, come la 29enne Nora Bertolotti. «Il nostro è un gesto di cura, sarebbe paradossale colpirlo», afferma con convinzione. E racconta di quando, durante una fredda mattina milanese di dicembre, ha passato ore a resuscitare uno spartitraffico di Piazza della Repubblica insieme ad altri guerriglieri verdi. Ma Nora non è la sola ad agire allo scoperto. In molti casi i guerrilla gardeners collaborano con le associazioni di quartiere o con le autorità locali, riuscendo a recuperare aree abbandonate da anni e lasciate nel degrado più assoluto.
Tra le città italiane, Milano è sicuramente quella in cui il movimento ha attecchito con maggiore successo. Numerose le azioni hanno che dato vita a veri e propri capolavori verdi. Come l’aiuola di fronte alla sede dell’Arpa (Agenzia regionale per l’ambiente), che prima dell’intervento dei giardinieri guerriglieri era più che altro un insulto all’ecologia. Un’aiuola che oggi sembra creata appositamente da un architetto paesaggista, con la sua originale forma a chiave di violino. O come il Corazon, un cuscinetto d’erba a cuore a due passi dal centro sociale Pergola, puntellato di fiori colorati. Vicino si trova il “giardino di Mario”, una piccola area in cui cresce giorno per giorno un castagno che porta il nome di un ragazzo egiziano che di tanto in tanto aiutava i guerriglieri nelle loro scorribande.
Anche a Bologna il movimento comincia a dare i suoi frutti. I guerriglieri del centro sociale Xm24 si battono da tempo per realizzare giardini e orti comunitari gestiti dai cittadini.
I colleghi della capitale, poi, non sono da meno. A Roma il laboratorio di ricerca 4Cantoni ha inventato giardini ambulanti trainati da biciclette. Durante la scorsa estate, inoltre, una passerella erbosa spuntò davanti alla città universitaria ad opera dei GreenGuerrilla, che meditano di srotolarne altre. Singolare il caso di Angelo Ventura, chirurgo romano, che da due anni pianta cipressi e che ora sta organizzando un gruppo di attivisti verdi per lanciare un chilo e mezzo di semi di girasole con le “granate inseminatrici”.
Il movimento, giunto in Italia solo da pochi anni, affonda le sue radici negli Stati Uniti, dove è nato negli anni ’70. Proprio ai guerrilla gardeners americani si deve il progetto della granata inseminatrice, capace di diffondere i semi anche in luoghi irraggiungibili come le discariche. Con la pubblicazione del libro “Guerrilla gardening” di John F. Adams, nel 1984, si incoraggiavano gli amanti del giardinaggio a creare nuove varietà vegetali, diverse da quelle prodotte dalle grandi aziende. Poi, negli anni 90, il termine ha assunto il significato odierno, fino ad essere codificato in un manifesto noto come “A Manualfesto”, nel quale David Tracey definisce le linee guida per un corretto giardinaggio politico.
Non mancano gli scettici, che dubitano dell’effettivo impatto di queste azioni sulla cura e la conservazione dell’ambiente. Ma, come dice il chirurgo Angelo Ventura, «fare un guardino sotto casa non sarà una cosa estrema alla Greenpeace, ma è comunque incisiva».
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