Nella primavera di 45 anni fa, nei pressi di via
Veneto, venne uccisa Christa Wanninger, una
avvenente giovane tedesca. L’autore
del delitto fu individuato dai giudici in un pittore
“incapace di intendere e volere”. Ma era lui
veramente l’omicida?
Nei classici gialli, la domanda di rito è sempre quella: “Chi è stato?” Roma, maggio 1963: cinque o sei minuti sono passati dal momento che la portinaia di via Emilia 81 (a pochi metri da via Veneto) aveva veduto entrare nell’androne quella bella giovane tedesca.
Non più di una manciata di minuti da quando la ragazza era entrata e da quando alcune persone, richiamate dalle sue urla, erano salite di corsa al quarto piano, avevano incrociato un giovane vestito di blu, con una mano in tasca che si affrettava verso l’uscita.
Sul pianerottolo giaceva, fra la porta dell’ascensore aperta e quella dell’appartamento antistante (chiusa) Christa Wanninger che abitava, con l’amica Gerda Hoppert proprio nell’appartamento al quarto piano.
Quando la Polizia, chiamata dagli inquilini, cercò di farsi aprire dalla Hoppert, dovette pazientare per parecchio: la ragazza disse con estrema tranquillità che stava dormendo e non aveva sentito nulla.
Triste fine, quella di Christa, 23 anni, crivellata da colpi di coltello.
Fu interrogato il fidanzato della vittima, un giovane fiorentino il quale dichiarò di aver passato la notte con la ragazza e di averla poi riaccompagnata, verso le dieci del mattino, in via Emilia.
Christa era figlia di un grosso commerciante di tabacchi tedesco. Morta la mamma va a vivere da sola e inizia a lavorare come impiegata in una società cinematografica. Le sue passioni? Il jazz e la fotografia. Poi “scompare” da Monaco e vi ricompare dopo un soggiorno a Roma, dove ritornerà dopo breve tempo.
Mentre le indagini della Polizia vanno avanti, ecco il colpo di scena: l’amica Hoppert (quella stessa che dormiva mentre Christa veniva uccisa) dopo un estenuante interrogatorio, viene carcerata per “reticenza”.
Di ipotesi, allora, se ne fecero tante: omicidio a pagamento? Implicata nel giro della tratta delle bianche (come allora si usava dire)?
Un cronista “rivela” un altro scenario: forse Christa era ben diversa dalla ragazza che si pensa; in realtà poteva essere una collaboratrice della organizzazione viennese di Wisenthal che dà la caccia ai criminali nazisti. E il famigerato “uomo in blu”, visto sulle scale di via Emilia, sarebbe, egli stesso, un criminale nazista, ricattato dalla ragazza e per questo uccisa.
Dieci mesi di indagini ma gli inquirenti non riescono a venire a capo di nulla. Ecco, però, che un cronista del quotidiano romano Momento Sera, Maurizio Mengoni, riceve una telefonata da uno sconosciuto che asserisce di essere in possesso di clamorose notizie sull’omicidio di Christa. In cambio chiede cinque milioni di lire. A telefonare era un pittore, Guido Pierri che, su segnalazione del giornalista viene fermato e accusato di tentata estorsione.
Durante la perquisizione del suo appartamento gli investigatori trovano un diario nel quale era descritto il delitto molto simile a quello della giovane tedesca. Pierri, però, viene processato e condannato solo per il tentativo di estorsione.
Passano gli anni e dell’assassimo di Christa nessuna traccia, e nessuna traccia nemmeno del misterioso uomo in blu. Chi ha ucciso la ragazza che sognava di diventare famosa e perché?
Passarono ancora tre anni ed un ufficiale dei Carabinieeri, dimessosi dall’Arma proprio per indagare sul caso in questione, denunciò il pittore come omicida, asserendo di aver raccolto prove schiaccianti contro di lui.
Naturalmente il Pierri rispose che quello non era un detective ma un visionario al quale dare poca importanza! Intervenne, a questo punto, il “destino”, che fece morire in un incidente stradale l’ufficiale in questione e dissolse le sue certezze.
Improvvisamente ecco un colpo di scena: qualcuno scopre che l’ex ufficiale dei Carabinieri era stato nientemeno l’addetto stampa del generale Di Lorenzo e pertanto poteva essere a conoscenza di segreti di Stato. Venne alla luce, inoltre, che il nome di Christa Wanninger risultava in alcuni documenti acquisiti dalla magistratura nel corso dell’attentato alla Banca dell’Agricoltura di Milano, nel dicembre 1969 e che l’Interpol aveva, a suo tempo, sospettato “gli amici di Christa” di traffico d’armi, di monete d’oro, di segreti industriali e di Stato.
Guido Pierri viene arrestato con l’accusa di essere l’autore dell’omicidio e processato. Il verdetto, con sentenza del 1978, lo assolve per insufficienza di prove. Nel novembre del 1985, dopo 22 anni dall’omicidio, Pierri viene processato in Appello.
Il processo si conclude il 15 novembre 1985 con una dichiarazione di non punibilità. Secondo i magistrati era lui il responsabile dell’omicidio, ma “era incapace di intendere e volere al momento del fatto”. Sentenza confermata il 15 marzo del 1988 dalla Corte di Cassazione.
A questo punto giornali ed opinione pubblica si disinteressano del caso Christa Wanninger: la ragazza tedesca e il misterioso “uomo in blu” non interessano più a nessuno.
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