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Aprile/2008 - SOLO ON LINE SU POLIZIA E DEMOCRAZIA
Quella certa età
di Veronica Rodorigo

Parlando del “Senso della vita”, il noto giornalista e scrittore Massimo Fini, in una trasmissione televisiva ha stabilito l’età in cui l’uomo deve considerarsi “vecchio”: sessanta anni. Un argomento che interessa tutti, indistintamente, poiché sappiamo di non essere eterni e che, augurandoci il più tardi possibile, dovremo lasciare “tutto” per entrare in una destinazione ignota.
La geriatria, scienza medica che si occupa degli aspetti fisiopatologici e chimici dell’uomo che invecchia, cerca di studiare e correggere i fenomeni della senescenza, nel contesto della società umana. Fin dai tempi antichi, l’invecchiamento e i suoi problemi hanno stimolato l’interesse di medici e biologi.
Le emozioni suscitate nel considerare l’uomo che invecchia si possono catalogare in due tempi: l’ammirazione e la venerazione, specie nei tempi in cui l’invecchiamento era cosa eccezionale; infatti, per secoli l’età media della vita umana era stata breve, ma ora c’è il terrore della vecchiaia stessa, poiché allungandosi l’età di vita l’uomo si convince che invecchiare significa perdere i pregi, le gioie e la vitalità che restano prerogative dell’uomo giovane.
Aumentando la popolazione sul nostro pianeta, ai nostri giorni, aumentano anche anzioni e vecchi, questo ci porta a prendere in considerazione il problema dell’invecchiamento come un insieme di fatti negativi. La diminuzione dei valori psicofisici dell’uomo che invecchia ha stimolato il convincimento che lo studio geriatrico può frenare quei fatti involutivi tanto temuti.
Il fenomeno dell’invecchiamento nell’uomo dura tutta la vita: praticamente, fin dal concepimento, procede attraverso una fase evolutiva, poi maturativi e, infine, involutiva. Il ritmo non è costante: molto rapido nell’infanzia e nella fanciullezza, va gradatamente diminuendo nell’età adulta fino alla vecchiaia.
Il fenomeno della senescenza non si manifestà né cronologicamente né quantitativamente allo stesso modo. E’ un fenomeno complesso, causato da stimoli di varia natura: tossica, infettiva, endocrina, che colpisce l’organismo umano.
Studiando tessuti animali, coltivati in liquido nutriente in condizione costante, si può constatare che le cellule non invecchiano. Cioè la cellula si rinnova continuamente e non presenta fenomeni degenerativi. In questi tessuti coltivati in vitro la cellula si rinnova senza presentare fenomeni degenerativi e producendo un aumento di peso del tessuto.
La geriatria interviene per aiutare il vecchio al trapasso finale nel miglior modo possibile, cioè ha lo scopo di prolungare l’esistenza modificando, per quanto possibile, le anormalità della senescenza e di controllare le affezioni morbose cronico-evolutive della vecchiaia. Questo per dare all’uomo il miglior stato di salute che gli permetta il massimo rendimento nel lavoro e nelle relazioni umane nella società in cui vive.
Se vogliamo stabilire una parabola discendente, arriviamo dai 60 ai 75 anni come “tarda maturità e dai 75 in poi come “senescenza” che sfocerà nella “senilità”. Nel periodo della senescenza si presentano le affezioni degenerative ad andamento cronico e progressivo che si possono classificare come: malattie vascolari, ipertensione, arteriosclerosi e cardiopatie, artropatie, neoplasie e tumori, neuropsicopatie senili. In ogni individuo tali malattie possono essere di varia intensità e progressione diversa. La loro causa principale non si conosce e quindi il loro inizio non è controllabile.
Negli ultimi 30 anni è in forte aumento la popolazione senescente in tutti i Paesi e comporta problemi di grande portata: dall’assistenza a carattere sociale, alle possibilità di impiego sociale del soggetto anziano, sfruttandone l’esperienza, fino al possibile impiego del tempo libero.
La paura della vecchiaia deriva dalla sensazione di estromissione forzata dalla società legata al pensionamento. La società odierna tronca i suoi rapporti con l’individuo senza concedergli di riallacciarne altri. La società patriarcale e artigianale di un tempo nobilitava il lavoratore vecchio, dandogli funzioni didattiche per i giovani. Aggiungendo poi l’allontanamento del vecchio dal mondo familiare si favorisce l’impossibilità di comunicare con i giovani e l’isolamento che rende labile l’equilibrio psico-fisico del vecchio.
Stimoliamo negli anziani l’interesse alla socialità e ridiamogli la sensazione di una pienezza di vita.

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