Ridere è un’efficace medicina in grado
di stimolare il sistema immunitario
e potenziare il naturale processo
di autoguarigione. Le esperienze in Italia e all’estero
Negli anni 80 il caso di Norman Cousins fece scalpore. Colpito da spondilite anchilosante, un’infiammazione cronica alla colonna vertebrale che porta progressivamente alla paralisi e alla morte, il noto giornalista scientifico, da sempre scettico della medicina convenzionale, decise di curarsi in un modo piuttosto insolito. Bombardandosi con la folle comicità dei fratelli Marx per tre-quattro ore al giorno e facendosi iniettare quotidianamente 25 g di vitamina C. Al di là di ogni previsione, nell’arco di un anno il giornalista guarì completamente.
L’odissea terapeutica di Cousins, resa pubblica grazie al libro testimonianza Anatomia di una malattia, fu decisiva per lo sviluppo delle ricerche nel campo della psiconeuroendocrinoimmunologia, una branca della medicina che studia gli effetti delle emozioni sul sistema immunitario, e della gelotologia, lo studio della risata in relazione alle sue potenzialità terapeutiche. Fondamentale fu anche l’esperienza del Dottor Hunter Patch Adams, fondatore dell’istituto Gesundheit, una clinica del West Virginia dove sono state curate gratuitamente più di 15000 persone con l’aiuto complementare della terapia del sorriso.
Fin dall’inizio, i risultati delle esperienze ospedaliere di comicoterapia sono stati estremamente incoraggianti. Una ricerca condotta dal New York Presbiterian Hospital dimostra che, grazie alla terapia della risata, è possibile dimezzare la degenza ospedaliera e ridurre di circa il 20% l’uso di anestetici. In termini più strettamente scientifici, la risata incrementa la secrezione di sostanze come le catecolamine e le betaendorfine, analgesici naturali che apportano sensazioni di benessere generale al corpo. Il buon umore, inoltre, contribuisce alla diminuzione del cortisolo, migliora il sistema immunitario e influisce positivamente su numerosi problemi cardiovascolari e respiratori, poiché aumenta l’ossigenazione nel sangue e riduce l’aria residua nei polmoni. In pazienti ammalati di cancro si è rilevato un aumento delle cellule T e delle Natural Killer (NK), importantissime per contrastare non solo tale patologia, ma anche le infezioni virali in genere.
Il potere curativo della risata non è una scoperta così recente, ma è solo a partire dagli anni Sessanta che sono cominciati i primi studi sistematici sulle sue virtù terapeutiche, soprattutto negli Stati Uniti. Sulla scia dell’esperienza di Patch Adams, molti ospedali si sono muniti di medici-clown e “infermieri del sorriso” addestrati a raccontare barzellette e a portare il buonumore in corsia. Alla Stanford University School of Medicin di San Francisco è da tempo attivo un Istituto Gelotologico, mentre presso il St. Joseph Hospital di Houston gli ammalati sono accuditi da suore umoriste. Esiste anche un periodico internazionale, lo Humor International- Journal of humor research, specializzato sulla humor terapy. In Italia, medici-clown operano presso il San Raffaele di Milano e il Bambin Gesù di Roma; anche l’ospedale pediatrico Gaslini di Genova si sta attrezzando per accogliere nei propri reparti animatori e “dottori del sorriso”. Al Mayer di Firenze è stato addirittura varato un progetto finanziato dalla Regione Toscana e dalla Comunità Europea per la loro formazione e per il loro inserimento nelle strutture ospedaliere.
A quanto pare, il detto popolare “ridi che ti passa” sembra trovare conferme dal mondo scientifico.
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Ridere fa bene a tutti
Se gli interventi dei clown nei reparti di pediatria hanno incontrato subito il favore dei piccoli pazienti, più difficile è stata l’applicazione della comicoterapia attiva per gli adulti. Anche in questo caso, però, non mancano gli esempi. Presso l’ospedale per mielolesi CPO di Roma-Ostia è in corso da anni un progetto per la realizzazione del primo reparto di comicoterapia per adulti: ogni giovedì mattina i pazienti vengono coinvolti in giochi ed esercizi di fantasia come l’autolavaggio, attraverso il quale si entra in contatto con il proprio corpo e quello dei compagni costretti in carrozzina, privati dell’uso degli arti inferiori e talvolta di quelli superiori; ogni anno, inoltre, viene allestito uno spettacolo per il quale i pazienti dipingono interamente le scenografie.
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