C olleghi, sono un poliziotto di 24 anni, non iscritto al Siulp e per altro ben contento e convinto di non esserlo.
Come anche il collega dell’Ufficio Scorte di Palermo, Giuseppe Scaletta, che nella sua “lettera aperta” segnala il suo disappunto e la sua presa di distanza dal sindacato Siulp, vorrei anche io portare a conoscenza voi tutti (perché è giusto che si sappia) del travaglio che deve passare un poliziotto il cui fratello (poliziotto) è stato ferito gravemente con colpi d’arma da fuoco in una recente sparatoria, nel tentativo di compiere il proprio dovere, e che recatosi alla Segreteria nazionale del Siulp, dopo aver aspettato che i segretari consumassero il loro lauto pasto al ristorante, per chiedere informazioni e consigli sui diritti assistenziali che la nostra Amministrazione fornisce in questi casi, veniva ascoltato sommariamente e liquidato con un classico “le faremo sapere”.
Ebbene, a distanza di mesi non sono mai stato più contattato da nessuno, soltanto per avere delle delucidazioni.
La mia domanda è questa: se un sindacato non supporta i diritti di colleghi che hanno preso un colpo d’arma da fuoco addosso e che hanno visto la morte in faccia, in quali casi ci si può aspettare aiuto e solidarietà da loro?
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