Periodicamente, anche se non molto frequentemente, si sente parlare di “riforma” della contrattazione pubblica, cioè del sistema che in Italia è in vigore dal luglio 1993, a seguito dell’accordo che si può definire il pilastro della “concertazione” stipulato dal governo presieduto da Carlo Azeglio Ciampi con i sindacati. Il febbraio del 2008, pur in assenza del governo dimessosi da poco, ha visto un significativo incontro tra Confindustria e sindacati per proseguire il dialogo in vista di future modifiche. Ovviamente esistono varie opinioni sulle possibili linee di una riforma; tra queste si evidenziano due linee di tendenza riassumibili in questi termini: 1) valorizzare l’elemento “produttività” quale indice per qualificare le differenze salariali; 2) rendere più cogente il cosiddetto “secondo livello”, cioè la contrattazione a livello locale. Cgil, Cisl e Uil hanno evidenziato più volte la necessità di adeguare il modello del settore pubblico a quello del privato; per realizzare ciò viene proposta, tra l’altro, la via della delegificazione per ambedue i livelli di contrattazione.
Non è possibile prevedere in quale direzione si evolverà il dibattito, ma fin da questo momento si può affermare che la questione appare ben più complessa di quanto possa esprimere il semplice livello contrattuale se continuerà a riferirsi in via esclusiva ad aspetti economici, per altro non ancora definiti con chiarezza. Infatti, in primo luogo continua ad essere snaturato l’istituto della vacanza contrattuale, tuttora ritenuto quasi unanimemente un vero e proprio “anticipo” rispetto agli aumenti da definirsi nel corso della contrattazione vera e propria: la questione è oggetto di vari ricorsi per i quali si attende il giudizio della Suprema Corte.
C’è da chiedersi se sia opportuna una revisione della materia che tenda a capovolgere l’attuale orientamento che nega l’aspetto sanzionatorio dell’indennità, riconoscendo di fatto ad essa un carattere anticipatorio rispetto agli aumenti, tanto che essa viene effettivamente riassorbita una volta definito il contratto. Appare piuttosto originale che questa prassi sia stata rispettata nelle ultime tornate contrattuali per due contratti siglati a partire dall’autunno 2007 per il quadriennio normativo 2006-2009 e biennio economico 2006-2007, ovvero il Ccnl dei Ministeri e quello degli Enti pubblici economici mentre in quello della Scuola non se ne ha traccia.
In altra prospettiva cresce il valore delle risorse intellettuali e di relazione nel sistema dell’economia della conoscenza. Ciò determina molteplici difficoltà nella definizione del lavoro, per cui il modello taylorista per calcolare il valore del lavoro (fondato su professionalità intesa come esperienza e formazione) si dimostra del tutto inadeguato. Qui si innesta il problema della valutazione nel settore pubblico, con una serie di rischi che vanno dall’eccessivo rilievo tuttora riservato al criterio della “presenza” fino all’indefinito margine di discrezionalità del dirigente preposto all’ufficio.
Sembra progressivamente riconosciuta l’esigenza di mutare per la Pubblica amministrazione alcune tendenze del settore privato ed in particolare la cosiddetta “retribuzione di risultato” che va a premiare i migliori risultati conseguiti dall’azienda e non quelli del singolo lavoratore.
La considerazione che motiva questo tipo di incentivo risiede nella considerazione che l’incentivo individuale implica, quasi inevitabilmente, un’eccessiva competizione sul luogo di lavoro riducendo quindi il valore della squadra. A questo proposito occorre però soffermarsi sull’esigenza di vari aspetti che vanno a comporre la “professionalità” di ogni lavoratore, e chiedersi quanto possano incidere nel lavoro, dall’attività quotidiana al risultato nel medio periodo nonché quanto incidano sulla singola performance. Per esempio risulterà difficile valutare, nel complesso della professionalità di un poliziotto, quanto possa essere rilevante il portato della sua esperienza e cultura personale nel momento in cui riesce a dissuadere una persona dal suicidio o quando svolge una mediazione in una situazione di pericolo: ma sicuramente sarà ancor più improbabile che di questo sapere si trovi una traccia nella busta paga, anche in considerazione di quanto sia inafferrabile il confine tra la preparazione professionale e la multiforme flessibilità richiesta oggi in ogni settore lavorativo.
Forse risiede proprio nella complessità del lavoro contemporaneo una delle principali difficoltà per il superamento dei modelli sin qui adottati; se ciò rispondesse a verità sarebbe opportuno rivedere, insieme alla parte contrattuale, anche alcune modalità organizzative e gestionali che hanno origini ancor più lontane degli stessi accordi del luglio 1993.
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