Ogni capitolo è aperto da un brano: come hai selezionato questa compilation?
In realtà ogni capitolo racchiude più canzoni, una specie di playlist.
Il mio intento era quello di raccontare ogni situazione con una canzone che la introducesse e che, a seconda dei casi, potesse essere interpretata in tre modi diversi. Ovvero:
- cinematograficamente, come la colonna sonora più adatta per quella scena (nel capitolo tre: Brothers in Arms);
- letterariamente: il testo della canzone descrive in qualche modo la scena (capitolo due: Murder on the dance floor);
- evocativamente: il titolo della canzone richiama il contenuto della scena (capitolo quattro: Bruci la città).
Quanto c’è di Roversi in Radeschi?
In Radeschi c’è sicuramente molto di me. Inevitabilmente credo: in ogni personaggio c’è molto del suo creatore. E non parlo solo del sottoscritto, naturalmente. Questo vale sia per i personaggi positivi che per quelli negativi. Magari ci si ispira a qualcuno che si conosce, che si è incontrato e che ci è rimasto impresso.
Detto questo, posso dire che anch’io come Radeschi ho fatto il giornalista freelance ed ho una (in) sana passione per il computer. Le analogie più macroscopiche, comunque, sono che anche Roversi, proprio come Radeschi, possiede una Vespa gialla del 1974 ed entrambi sono nati in una borgo rurale affacciato sul Po.
Il nome di Radeschi rimanda a un certo generale Radetzky di cui Milano non conserva un ottimo ricordo. E’ solo una casualità?
I nomi che scelgo per i miei personaggi non sono mai casuali. Cerco di metterci sempre un secondo livello di lettura.
Il cane del protagonista, ad esempio, di chiama Buk in onore di uno dei miei miti letterari Charles Bukowski. Il vice dell'altro protagonista della vicenda, il vicequestore Loris Sebastiani, si chiama Mascaranti, proprio come il vice di Duca Lamberti, l'eroe creato dal maestro di tutti noi giallisti, Giorgio Scerbanenco. Il nome Radetzky è nato sia per il motivo che dici tu sia per assonanza.
Volevo un eroe umano, uno che a un certo punto si potesse canzonare per il suo nome. E, in effetti, in tutti i romanzi in cui compare c'è sempre qualche buontempone che gli domanda se è per caso parente del famoso feldmaresciallo...
Cominciamo dal titolo. Perché "Niente baci alla francese"?
Tutti i titoli dei miei romanzi descrivono una situazione, un momento preciso della vicenda raccontata. Spesso svelano anche molto, proprio come in questo caso. Posso solo dire che il romanzo è ambientato tra Milano e Parigi, e che la Francia entra prepotentemente nell'indagine condotta dal giornalista-hacker Enrico Radeschi. La questione dei baci, però, non posso proprio rivelarla altrimenti toglierei il gusto della sorpresa al lettore...
Anche quando descrivi le situazioni più drammatiche e violente, il tuo lettore ha sempre l'impressione di un sorriso nascosto, di uno sguardo ironico, di leggerezza insomma. Come mai questa scelta?
La mia è letteratura d'intrattenimento. Non voglio far venire ai miei lettori il patema d'animo, piuttosto li voglio far divertire, sorridere. Riflettere anche, ma mai angosciarli. Il mio metro stilistico ormai è questo: raccontare storie con leggerezza cercando di non scadere mai nella banalità o nella superficialità.
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