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Aprile/2008 - Interviste
Intervista all'Iman Yahya Sergio Pallavicini
"La mia fede è integrale ma non sono integralista"
di a cura di Leandro Abeille

Il fondamentalismo
contraddice le radici coerenti
dell’Islam, dice Yahia Pallavicini, vicepresidente
della Comunità Relisiosa Islamica italiana. I terroristi, come
Osama bin Laden, sono criminali millantatori. Ma nella Comunità
islamica internazionale si ha una profonda crisi
d’intentità e di valori, e un diffile rapporto
con la modernità



Yahya Pallavicini è un giovane Imam, colto e dai modi affabili è la persona giusta per far pace con l’Islam, dopo tutti gli allarmi che ci arrivano da tutte le parti.

L’avrei voluta chiamare Sheikh, ma credo lei sia piuttosto giovane…
Ho 43 anni, in effetti sono giovane per essere chiamato sheikh, come invece viene chiamato mio padre riconoscendo la sua saggezza tradizionale.

Però lei è un Imam, ha studiato per diventarlo?
Bisogna avere una competenza della dottrina e della lingua sacra, bisogna lavorare molto per assimilare gli insegnamenti dei maestri e far maturare una sensibilità in grado di ritrasmettere la conoscenza della natura spirituale della religione ai fedeli. Ho studiato sia in Italia sia all'estero, nel mondo islamico.

L’Islam non ha un clero nel senso cattolico, immagino lei non sia pagato per fare l’Imam… ha un altro lavoro?
Insieme ad alcuni amici ho fondato una società di intermediazione immobiliare, ma da anni non me ne posso occupare a tempo pieno, sono impegnato con pubblicazioni, lezioni, consulenze.
Quello che doveva essere un’attività di volontariato e testimonianza sta diventando la mia occupazione principale. Per fortuna la mia famiglia mi sostiene generosamente.

Sono un po’ perplesso quando si accostano i termini Islam e moderato, ma lei ha fama di essere un moderato.
Condivido le sue perplessità e spesso mi considerano un moderato quando mi confrontano ad un’estremista, ad una persona violenta, arrogante o addirittura a un terrorista: rispetto a questi sono assolutamente un moderato. Tuttavia non mi identifico come un moderato nella fede.
Certe volte la fede può essere vissuta con moderazione, ma non è il mio caso, vivo la mia fede in totale integrità, senza per questo diventare integralista. L’appartenenza religiosa può essere vissuta con una sensibilità moderata o con una sensibilità piena, senza per questo risultare, bigotti o intransigenti.
Un musulmano può cambiare religione?
Un musulmano nella società contemporanea può cambiare religione, viviamo in una società dove le regole e le leggi sono regolate da un sistema secolare, laico, dove i diritti umani e la libertà di coscienza costituiscono il principio su cui basare il rapporto responsabile tra le persone anche con la propria vita religiosa.
Nel caso invece dovessimo parlare in linea di principio o di rispetto di un ordine spirituale, il discorso si fa più complesso. Sono dell’idea che la religione è una dimensione intima con cui si nasce, per cui rimango perplesso su ogni tipo di conversione, perché la religione non può essere ritenuta come un partito politico che può essere cambiato come una qualunque idea; è qualcosa che ha a che fare con la fede in Dio, non con il sentimento per una persona o l'emozione per una squadra di calcio. Cambiare religione deve comportare delle speciali motivazioni da seguire che devono trovare necessariamente delle corrispondenze eccezionali e armoniose con la fede di nascita.
Nell’Islam la regola per il musulmano è quella di credere nella profezia dell’ultimo messaggero Muhammad, e di rispettare la sacralità di tutti le rivelazioni precedenti, in particolar modo le altre due comunità del monoteismo abramico, il cristianesimo e l'ebraismo.

Viviamo in tempi e luoghi in cui vige il rispetto dei diritti umani e della democrazia, proviamo a traslare questi luoghi in altri posti, come ad esempio l’Arabia Saudita. Reputa accettabile le punizioni per apostasia comminate a chi cambia religione?
Io sono contrario a qualsiasi tipo di omologazione culturale, parto dal principio che qualcosa che può essere un bene per un Paese non necessariamente possa essere esportato altrove. Sono convinto che la democrazia sia il miglior sistema per la convivenza dei popoli nella società contemporanea, ma non sono un fanatico della democrazia. La democrazia “per tutti” rappresenta un falso storico, la democrazia è applicata e gestita in maniera differente anche tra la Francia e l’Italia.
Detto questo, io sono molto critico sul modo di condannare gli apostati da parte della dinastia Saudita, non riconosco l’ideologia wahabita come una interpretazione ortodossa della religione islamica, e di conseguenza non trova per me nessuna corrispondenza tradizionale, di sensibilità spirituale, di coerenza religiosa, il fatto di costringere degli uomini e delle donne a delle applicazioni della legge “islamica” basata su una interpretazione puritana e ideologica che, secondo me, non corrisponde alla reale natura della dottrina islamica. Questo il mio giudizio da religioso, una difesa dell’autenticità dello spirito religioso rispetto alla politica Saudita.

A volte la ragione democratica si scontra con quella teocratica come nel caso dell’Iran…
Ho seguito con molta attenzione l’Iran del riformatore Khatami, ed è interessante come gli iraniani hanno cercato di trovare un artificio giuridico in una cosiddetta Repubblica islamica, dove c’è una specie di Repubblica democratica con un presidente eletto, ed un consiglio degli Ayatollah che rappresenta una componente di saggezza e garanzia.
E’ un tentativo interessante, finché ci sono leader illuminati, come appunto Khatami, può avere un equilibrio; quando invece c’è un leader come Ahmadinejad, pur rispettando la dottrina che enfatizza le attese messianiche ed escatologiche che sono dietro alla sua politica, devo dire che le sue posizioni sono lontane dalla scienza di un “buon governo”, sia in campo internazionale, sia nel rispetto delle diversità culturali e religiose, e spesso anche molto distanti dalla religione islamica.

Per fortuna non tutti i Paesi islamici sono come Iran o Arabia Saudita…
No, infatti può rappresentare un esempio il Regno del Marocco, che ho avuto la fortuna di osservare da vicino ai tempi in cui era governato da Sua Maestà Hassan II, un re realmente illuminato che ha nominato al suo interno ministri anche di religione ebraica, ha sempre garantito la libertà di culto ad ebrei e cristiani. Una monarchia aperta al rinnovamento sociale e politico che garantisce il pluralismo religioso e culturale.
Per carità, nessun governo è perfetto ma quello marocchino è sicuramente un esempio interessante, come può esserlo in altri aspetti la Tunisia o l’Egitto.

Bin Laden accusa di apostasia tutti quei religiosi islamici che non sono schierati per la lotta. I sapienti islamici accusati da bin Laden non hanno mai replicato a queste accuse.
Credo sia successo, anche se poco enfatizzato. C’è stato un incontro ad Amman nel 2004, poco dopo gli attentati di Madrid, un incontro intrareligioso dove ho partecipato, in cui si sono trovati d’accordo sunniti, sciiti, rappresentati delle scuole teologiche, giuridiche, mullah, imam, ulama intellettuali, in un documento “The Message of Amman” in cui si chiarisce in maniera inequivocabile la totale estraneità di questa deviazione perversa che è il fondamentalismo islamista, dalle radici coerenti della nostra fede.
Siamo consapevoli che quello che dice bin Laden oggi non è una cosa nuova, l’inizio del fondamentalismo e dei Fratelli Musulmani in Egitto aveva come principale obiettivo di colpire i sapienti musulmani, poiché rappresentavano il solo ostacolo per cercare di rivendicare pretestuosamente e con violenza la loro autorevolezza. La vera autorità dell’Islam e nell’Islam.
I falsi sapienti sono i fondamentalisti, per dirla giornalisticamente, “talebani”, che vorrebbero, sulla base di cosiddette scuole coraniche, seppellire le donne sotto un burka, tenere i figli nell’ignoranza e legittimare la violenza verbale e militare nei confronti dell’Occidente, degli ebrei e dei cristiani. Questo non ha nulla a che fare con la storia, il patrimonio e le basi della cultura islamica.

Sì, ma nessuno oltre a riferimenti generici si è mai preso la responsabilità di denunciare l’eresia di bin Laden o del mullah Omar.
Questo è vero, legittimo, ma è un’interpretazione riduttiva delle attività dei grandi sapienti islamici. Personalmente dibatto e critico Yusef al Qaradawi (telepredicatore islamico in onda su al-Jazeera), noi non vogliamo prestarci alla logica dei fondamentalisti e costruire tribunali islamici, noi dobbiamo chiarire questioni di fede, come religiosi noi non siamo rappresentanti istituzionali, sono i governi, magari sulla base del consiglio dei sapienti islamici, che devono cercare le leggi per regolamentare ed isolare frange o singoli fondamentalisti.
Ogni volta che c’è un attentato non possiamo giustificare l’Islam, in realtà certe violenze che siano dialettiche o fisiche, sono fatte da criminali, non c’è nessuna legittimità che può giustificarle, tantomeno la dottrina Islamica. Ad esempio il recente attentato alla scuola rabbinica è quanto di più contrario al buon senso, al buon gusto ed al rispetto della vita umana, dal punto di vista religioso attaccare una scuola sapienziale di uomini e donne che si dedicano alla conoscenza della scienza sacra è qualcosa che il Profeta stesso avrebbe condannato con grande rigore.
Dobbiamo far sì che tutti sappiano che non c’è spazio per la strumentalizzazione della religione per dei sceicchi alla bin Laden che invece vogliono costruire su queste basi la loro utopia, come fecero Stalin o Lenin in altri tempi.

Il fondamentalismo si nutre di rivendicazioni, una di queste è il conflitto Israelo-Palestinese. Tutti auspicano una pace, ma fino adesso poche proposte concrete. Dove dovrebbero, secondo lei, arretrare gli uni e gli altri per arrivare alla pace?
Purtroppo per quello che conosco non vedo presupposti alla pace; supporto tutte le iniziative internazionali perché guai se dovessero interrompersi i negoziati. Il problema grosso è che non ci sono i presupposti di base perché questa pace possa realizzarsi in tempi brevi. Soprattutto manca la società civile tra i palestinesi , il che impedisce di poter costruire una governabilità ed una rappresentanza democratica credibili, perché tra i corrotti di Fatah ed i criminali di Hamas, non c’è nessuna possibilità di buon governo.
Dall’altra parte gli israeliani hanno confezionato uno Stato legato alla dottrina ebraica, con uno Stato che deve avere delle radici ed una maggioranza di ebrei; questo presuppone che Israele non possa aprirsi ad una cittadinanza multiculturale e multiconfessionale, questa potrebbe essere una soluzione.
E’ molto impopolare per un musulmano non essere un sostenitore dei due Stati, ma avere due Stati presuppone che ogni Stato sappia gestire il proprio sulle basi di una buona governabilità e di rispetto della sicurezza nazionale. Questo non è invece possibile per la difficoltà di far maturare una classe politica palestinese che non sia corrotta o formata da agitatori di popolo.
Finché i giovani palestinesi, magari con l’aiuto dell’Europa, non prenderanno in mano le sorti del proprio destino uscendo dal duopolio che li sta attualmente governando, la pace tarderà ad arrivare.

Il muro di difesa israeliano… si o no?
No.
Perché?
Sono una persona di religione e di apertura culturale, spero che i muri siano abbattuti piuttosto che costruiti; certo quello sul muro di difesa è un no con tanti ma.

La guerra civile scoppiata in Iraq ha provocato migliaia di vittime tra i musulmani e non per mano degli americani ma per lotte intestine. C’è una qualche legittimità religiosa a tanta crudeltà?
Non c’è nessuna legittimità per la violazione fisica dell’incolumità di un’altra persona. La violenza è un errore e non può trovare una legittimazione. La violenza tra musulmani è ancora più paradossale.

L’intervento americano in Iraq. Un errore?
L’intervento americano in Iraq e sovietico in Afghanistan sono stati i più grandi errori politici mai fatti dalle superpotenze, con conseguenze gravi dal punto di vista economico e militare, non avendo neanche successo rispetto agli obiettivi delle azioni militari che fossero la sicurezza internazionale o il controllo di certe aree.

In Iraq e in Palestina più di ogni altro posto al mondo è stato fatto uso di kamikaze. Il suicidio non è ammesso dall’Islam, anche se secondo una certa dottrina lo shahid non è un suicida, poiché la vita e la morte sono già preordinate da Dio. Come si può controbattere a questo assioma che invece giustifica gli uomini-bomba?
Il fatto che sia oggettivamente difficile poter smontare questa costruzione artificiosa è un segno evidente della decadenza e dell’ignoranza del popolo musulmano, in riferimento alla natura della propria religione.
Il termine shahid vuol dire testimone, viene tradotto come “martire” nel senso di colui che dedica la sua vita alla fede, a tal punto che rinuncia alla vita stessa. Tutto questo non mette in discussione la sacralità della vita altrui e l’errore di attentare alla propria vita legittimando anche l’omicidio di altri. Dal punto di vista religioso si commette un doppio peccato. Ogni persona dotata di buon senso, può certamente capire che l’artificio creato ad arte dagli ideologi del terrore non può essere vero; invece, la crisi identitaria, l’emotività, l’irrazionalità, le psicosi collettive, giocano un ruolo fondamentale nella concezione del testimone traviato a tal punto da legittimare i cosiddetti martiri.
Il vero martirio, secondo i sapienti di questi ultimi secoli, prevede come unica forma di realizzazione il martirio intellettuale. La necessità di trovare le risorse per far prevalere nella propria anima quelle possibilità positive, rispetto alla crisi tradizionale che sta devastando le certezze della fede nell’Islam. Un discorso questo che vale per tutte le religioni.

Tanti religiosi fondamentalisti hanno scritto delle fatwa pro-attentati o pro-shahid, e non mi pare che i sapienti e gli intellettuali musulmani che lei spesso cita abbiano però fatto il contrario. Come mai?
Tradizionalmente i sapienti si sono distinti per cercare di orientare il popolo per trovare delle risposte anche giuridiche per delle esigenze di carattere spirituale.
La prova dell’eterodossia dei falsi sapienti filo-fondamentalisti è quella invece di legiferare in termini moralistici con un puritanesimo che però crea delle pseudo-regole di comportamento o di disgregazione delle regole di convivenza civile dell’Occidente o dell’Oriente. Creano mediante tribunali islamici una società parallela e su questa base legiferano, cercando di gestire un potere e stravolgendo l’ordine attuale.

Tanti italiani si stanno convertendo all’Islam. Lei ha il polso della situazione?
Su oltre un milione di musulmani residenti in Italia più del 95% sono di origine immigratoria, i restanti sono italiani musulmani tra convertiti e naturalizzati.
Le conversioni sono prevalentemente per ragioni sentimentali, in caso di matrimonio misto l’uomo per poter sposare una musulmana è spesso invitato a convertirsi, mentre non è richiesto alle donne che sposano un musulmano. In altri casi ci sono delle conversioni per motivi di fede, soprattutto legati al movimento più interiore del sufismo.

E’ vero che i convertiti occidentali, quelli che non abbracciano l’Islam per motivi di amore o convenienza, sono sempre un poco più fondamentalisti rispetto a chi nasce musulmano?
Non generalizzerei, ma sia in Europa sia in Italia, effettivamente esiste una minoranza di convertiti, non per fede o per amore, che sono passati all’Islam perché delusi da esperienze di comunismo o fascismo, e vivono il loro essere musulmani come una terza posizione per risolvere i problemi dell’umanità con un nuovo ordine mondiale.
Hanno sposato questa loro ideologica interpretazione dell’Islam facendone una base di una loro militanza rivoluzionaria.

Un aggettivo per… Osama bin Laden
Un millantatore dell’Islam, un idealista malato.

Nasrallah (leader degli Hezbollah libanesi)?
Non ho nessuna simpatia per la persona e non riconosco legittimità al suo gruppo.

Yassin (l’ex leader di Hamas)?
Un ideologo nostalgico…

Arafat?
Una persona incapace di gestire la responsabilità che si era assunto.

Ahmadinejad e il suo programma nucleare?
Libero di governare come crede, è inaccettabile la sua politica internazionale e la mancanza di rispetto verso altri Stati o altri popoli.

Bush?
… meglio Obama…

Sharon?
Un generale che alla fine della sua vita ha cercato di lavorare per il dialogo, senza successo.

Quante persone nell’Islam attuale condividono quanto lei ha detto per quanto riguarda l’apostasia, il fondamentalismo o alcuni musulmani - diciamo - “in vista”?
Sicuramente una minoranza. Però questo fatto va spiegato. C’è una profonda decadenza nella comunità islamica internazionale e una profonda crisi d’identità in termini di confusione tra identità spirituale, appartenenza nazionale ed apertura intellettuale rispetto al dialogo fra le culture e le civiltà. Tutto questo è aggravato da un rapporto con l’Occidente post-coloniale e da un rapporto con la modernità che non è stato digerito. Quindi c’è una crisi di valori, di sistemi, di giurisprudenze, di sensibilità e priorità dei valori della vita. In tutto questo caos figure di riferimento preparate e consapevoli, capaci di mettere ordine in questa decadenza, sono poche, ma assolutamente in grado di ri-orientare i fedeli verso i veri valori dell’Islam.
Detto questo, occorre sottolineare che la maggioranza dei musulmani non è in preda all’odio o all’eversione, ma si trova in una situazione di crisi di mancanza di riferimenti che se non trova le risposte positive, potrebbe perdere la propria identità o sposare i nuovi travestimenti identitari che i fondamentalisti vogliono promuovere.

Veniamo alle cose di casa nostra…Veltroni o Berlusconi?
Casini.

Finale dei mondiali di calcio: Italia contro il resto della Umma (comunità dei credenti musulmani), lei per chi giocherebbe?
Sarei un giocatore dell’Italia, di fede musulmana, ovviamente.

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