La competenza del minore a rendere
testimonianza dipende dallo sviluppo
di alcune funzioni mentali. Nell’età infantile
e pre-scolare, l’organizzazione delle funzioni
mentali è ancora immatura, e non consente
di distinguere tra reale e immaginario
Nei casi di abuso sessuale effettuato ai danni di un bambino, il raccogliere la sua testimonianza risulta essere la prova decisiva ai fini di un adeguato svolgimento dell’iter processuale. La testimonianza, nel nostro sistema processuale, è essenziale per poter ricostruire i fatti in modo logico, storico ed oggettivo. Nei casi di abuso sessuale in genere l’unico testimone è il bambino ed è necessario effettuare nei suoi confronti una condotta dell’interrogatorio in modo da non condizionare, suggestionare ed influenzare le sue risposte per ottenere una storia il più possibile spontanea e veritiera.
Prima di valutare in senso giuridico le dichiarazioni di un minore è necessario valutare l’attitudine del bambino a testimoniare ed il grado di attendibilità delle sue affermazioni. L’attitudine a testimoniare viene intesa come quella capacità di richiamare le informazioni dalla memoria in modo logico e rapportarle tra loro in modo coerente. Circa la credibilità, questa viene intesa come quella capacità di rielaborare i ricordi senza lasciarsi influenzare dalle suggestioni, dai pensieri, dalle fantasie e dai giudizi personali. Attitudine a testimoniare e credibilità del bambino, sono questi gli scogli dove ultimamente si ritrovano a fermarsi e discutere in modo interminabile tutti gli addetti ai lavori nei casi di sospetto abuso sessuale di un minore.
Gli eventi di cronaca di questi ultimi anni ci hanno proposto molteplici esempi di come si possa abusare sessualmente un bambino e di come si possa facilmente sospettare che questo sia realmente avvenuto anche all’interno delle mura domestiche o scolastiche del bambino. Diversi investigatori e magistrati hanno avuto, in questi casi, come primo compito investigativo quello di valutare l’attendibilità delle testimonianze dei minori. A dirimere il dubbio e confermare o meno il sospetto di abuso sessuale, sono chiamati ad intervenire degli psicologi infantili, i quali devono valutare l’attitudine del bambino a rendere testimonianza ed esprimersi sul grado della sua credibilità. Lo psicologo, attraverso i specifici accertamenti e l’ascolto protetto del bambino, deve escludere la presenza di processi psichici che ostacolino nel bambino la capacità di ricordare i fatti accaduti senza alterarli da meccanismi personali legati alle percezioni ed alla memoria. Il bambino deve poter differenziare i suoi pensieri ed i suoi sentimenti soggettivi dai dati reali, non mescolare cioè le sue fantasie e le sue immaginazioni con i dati oggettivi della realtà. Secondo gli studiosi della materia, il bambino può essere considerato competente a rendere testimonianza solo se in grado di soddisfare quattro criteri: la capacità di percepire accuratamente i fatti; la capacità di trattenerli nella mente e di richiamarli in modo corretto; la capacità di comprendere il significato del giuramento (distinguere il vero dalla bugia, comprendere il valore del dire la verità); la capacità di comunicare basata sulla conoscenza personale dei fatti.
La competenza del minore a rendere testimonianza dipende quindi dallo sviluppo di alcune funzioni mentali e presuppone quindi una certa maturazione cognitiva, normalmente raggiungibile solo a partire da una certa età.
Nell’età infantile pre-scolare, ad esempio, l’organizzazione delle funzioni mentali del bambino è ancora immatura per cui è incapace di distinguere tra reale ed immaginario, tra mondo psicologico interiore e mondo psicologico esterno. Tra i due ed i sei anni, il bambino non solo non riesce a distinguere tra il vero e la sua fantasia, non distingue neanche i suoi pensieri da quelli dell’altra persona ed omette e trascura di dire o riferire molte cose poiché pensa che così come sono nella sua mente sono anche nella mente dell’altra persona. Nell’età scolare dai 7 ai 12 anni i pensieri del bambino sono più finalizzati verso scopi ben precisi, tuttavia i meccanismi della memoria, ancora immaturi, deteriorano ben presto i ricordi nella mente, arricchendoli di suggestioni personali, di confabulazioni e fantasie successive all’evento al punto che più aumenta la distanza di tempo dai fatti avvenuti alla sua rievocazione e maggiormente si incrementa la distorsione confabulatoria dei fatti. Solo a partire dai 14 anni il bambino inizia a manifestare quelle capacità che lo rendono giuridicamente competente a rendere testimonianza.
Tale competenza dipende inoltre anche dallo sviluppo delle capacità linguistiche e dalle condizioni emotive ed affettive. Non è sufficiente ricordare, è necessario anche poterlo verbalizzare in modo adeguato e con una corretta attribuzione di significato al termine utilizzato. L’esperienza evidenzia che ad ogni racconto il bambino arricchisce la sua storia con sempre maggiori informazioni e suggestioni che nulla hanno a vedere con gli eventi ma solo con le sue fantasie e confabulazioni in riferimento alle condizioni emotive. Per verbalizzare un ricordo in modo adeguato quindi non ci devono essere condizionamenti emotivi ed affettivi. Gli stati di tensione emotiva ed un forte coinvolgimento affettivo confondono i ricordi del bambino contribuendo ad alterarli anche nella sequenza logica e temporale al punto da non riuscire a distinguere un prima ed un dopo, né a collocare gli eventi nei vari ambiti spaziali in cui sono avvenuti. Solo a partire dagli 8 anni è possibile ottenere una narrazione coerente in quanto solo a partire da quell’età il bambino è in grado di interiorizzare lo schema dell’evento. E solo a partire dagli 8 anni il bambino è in grado di collegare, in modo autonomo, gli eventi con le sue emozioni, come la paura, l’angoscia o l’ansia.
Per stabilire le capacità del bambino di distinguere il vero dal falso, è importante verificare in quale stadio evolutivo egli si trovi. La capacità di distinguere la realtà dall’immaginazione viene detta reality monitoring. La capacità di riconoscere la fonte dei propri ricordi, se dalla memoria o dalla fantasia, viene definita source monitoring. Le suggestioni, ad esempio, possono originare dei falsi ricordi dalla fantasia del bambino e ripetendoli di volta in volta assumono sempre di più la veste di veri ricordi. Succede anche agli adulti di abbellire un ricordo con impressioni personali. E dopo qualche ripetizione anche l’adulto, in buona fede, afferma che quelle impressioni personali rappresentano dei ricordi reali. Se poi si afferma che i tipici requisiti dell’attendibilità di un teste sono rappresentati dalla chiarezza, celerità, sicurezza e coerenza del resoconto fornito, nei bambini sotto i 12-14 anni non si riscontrano tali requisiti.
Può essere considerato credibile il racconto di un minore quanto più questo è caratterizzato da una modalità spontanea e coerente dei fatti, vale a dire una corrispondenza tra dichiarazioni rese in tempi diversi. La valutazione della credibilità del racconto di un bambino deve prendere in esame: la modalità di esposizione dei fatti; l’elaborazione personale dell’accaduto; la qualità della relazione del nucleo familiare; il valore attribuito da tutti i componenti della famiglia alla testimonianza resa dal minore; la presenza dei familiari nel corso dell’audizione. (tabella I)
Il racconto del bambino deve essere quindi valutato anche alla luce della più potente delle manipolazioni mentali che si possono verificare tenendo conto delle dinamiche psicologiche che si sviluppano nel corso del suo ascolto: la potenza della suggestionabilità.
Quando al bambino viene posta più volte la stessa domanda, da parte di un adulto con una veste di autorità, il bambino ad ogni risposta, sforzandosi di essere “più bravo” e compiacente, arricchisce la sua risposta di particolari e contenuti prodotti dalla sua fantasia ed immaginazione. Tende, cioè, ad arricchire il ricordo nelle parti oscure, vuote, non coerenti, con elementi personali legati alla compiacenza. Il bambino, di fronte ad un adulto con autorità, non dice “non so, non ricordo”, tende a dire comunque qualcosa, cercando di dire “quello che l’adulto si aspetta”.
Questo fenomeno, detto referent power, è un meccanismo presente anche negli adulti quando, ad esempio, alcuni testimoni con immaturità psichica, nel riferire gli eventi di un crimine adeguano il loro racconto a quello degli altri testimoni, soprattutto se questi sono dotati di carisma personale.
La suggestionabilità dei bambini non si ferma alla modifica dei tempi e dei luoghi della scena del delitto, è possibile indurre i bambini, attraverso specifiche tipologie di domande, a ricordare eventi che non sono mai accaduti. Una domanda con un contenuto di oggetti, gesti, luoghi, eventi, già nel suo interno, obbliga il bambino a rispondere solo con un sì o con un no, tuttavia il contenuto della domanda passa nella mente del bambino che lo acquisisce come proprio. Le buone regole di interrogatorio vogliono che non si pongano mai domande chiuse (sì/no) e che non si citino nomi, oggetti, fatti o luoghi che non siano stati già citati dal testimone. Dunque il fattore suggestione è l’elemento di maggior peso nell’inquinare il risultato dell’ascolto di un minore, soprattutto se ha meno di 8 anni.
Di fronte alla testimonianza di un minore, vittima di abuso sessuale, è necessario distinguere il contenuto delle sue affermazioni dal giudizio complessivo sulla credibilità delle stesse. Per effettuare questa distinzione il perito psicologo deve adottare alcune tecniche specifiche di analisi, come ad esempio le techiche del:
- Cbca – criteria-based content analysis (analisi del contenuto basata su determinati criteri)
- Sva – statement validity assessment (esame della validità della deposizione).
Il Cbca si riferisce all’analisi della deposizione del minore ed utilizza una serie di criteri predefiniti, mentre lo Sva si riferisce alla completa procedura diagnostica, che include anche i risultati del Cbca.
Lo Sva è una tecnica ideata negli anni ’50 per trovare uno strumento di valutazione utile per giudicare le sempre crescenti accuse di abuso sessuale che si registravano sia negli Stati Uniti che in Europa, in modo particolare in Germania. Il concetto di fondo di questa tecnica è registrare, nei racconti trascritti degli abusati, quelle caratteristiche sia qualitative che quantitative che differiscono tra una storia realmente vissuta ed una soltanto immaginata. Lo Sva prevede una precedente raccolta e studio, da parte del perito, di tutti gli elementi del fascicolo in modo da avere delle ipotesi di lavoro da cui partire per raccogliere le ulteriori informazioni. Poi si passa all’ascolto libero del minore in modo da valutare le sue capacità linguistiche e comunicative, e per avviare una relazione con il bambino in un clima disteso e di fiducia. La rievocazione libera offre una visione sicuramente incompleta dei fatti, tuttavia offre dei dati corretti, originali, e non condizionati dalle domande del perito. Le domande, per i chiarimenti e le specificazioni, avvengono in un secondo momento, stando ben attenti a non introdurre elementi, nomi, fatti o circostanze che non siano già stati citati dal bambino nel suo racconto.
Lo Sva opera una valutazione delle affermazioni del bambino, non della sua generica credibilità, e la effettua attraverso tre componenti:
- una intervista strutturata (con un resoconto scritto);
- una analisi del contenuto scritto basata sui criteri;
- una lista di controllo della validità.
L’integrazione delle tre componenti dello Sva produce una completa valutazione della probabile validità delle dichiarazioni.
Infine si opera una procedura conclusiva, che prende il nome di validation, con lo scopo di accertare la credibilità della denuncia di abuso sessuale. Questa procedura, con i classici strumenti della indagine psicologica (colloquio, test proiettivi, …), individua la presenza o meno degli indicatori dell’abuso sessuale che permettono di formulare un giudizio di compatibilità tra il racconto del minore con tutti gli altri dati raccolti. Si confrontano poi questi indicatori e gli altri elementi emersi con gli elementi epidemiologici raccolti sul fenomeno in generale per verificare la conferma o lo scostamento con l’andamento tipico del fenomeno.
L’obiettivo di tutta questa complessa procedura, scientificamente attendibile, non riguarda solo l’accertamento della veridicità delle affermazioni del minore, ma anche la sua consapevolezza con la realtà ed il significato dell’abuso sessuale. E’ una procedura che si pone quindi anche come contesto per una elaborazione precoce dell’esperienza traumatica, utile dal punto di vista psicologico per i suoi risvolti terapeutici.
(cannavicci@iol.it)
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Tabella I
Le valutazioni del perito psicologo
Il perito psicologo, incaricato di valutare il racconto del bambino in caso di abuso sessuale, deve prendere in considerazione tutte le possibilità:
- che quanto raccontato sia realmente accaduto
- che vi sia stata una suggestione da parte del genitore
- che vi sia una interpretazione sbagliata di una evidenza fisica
- che il genitore abbia un disturbo di personalità di tipo paranoide
- che vi sia stato un indottrinamento da parte del genitore
- che vi sia una suggestione da parte dell’intervistatore
- che il bambino abbia confuso la realtà con la fantasia
- che vi sia stata una erronea interpretazione da parte del bambino
- che vi sia stata una incomprensione verbale del bambino alle domande dell’adulto
- che il bambino possa presentare delle confabulazioni
- che non vi siano menzogne innocenti (tipiche dei bambini di 4-5 anni)
- che il minore possa mentire per un vantaggio personale (dagli 8 anni in poi)
- che possa esservi una sovrastimolazione per comportamenti seduttivi di un genitore
- che non vi sia stato un contagio di gruppo (epidemia isterica tra adulti e bambini)
Solo adottando una tecnica che esplori tutte le possibilità, sottoponendole ad una rigorosa prova di coerenza e credibilità, è possibile vincere l’equivocità delle situazioni di abuso sessuale infantile.
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