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Febbraio-Marzo/2008 - SOLO ON LINE SU POLIZIA E DEMOCRAZIA
Leggere un libro può salvare la vita
di Eleonora Fedeli

Secondo il filosofo Tzvetan Todorov un romanzo
può essere meglio del prozac. E ne sono convinti
anche i medici inglesi, che sempre più spesso consigliano
una buona lettura per i disagi psichici.


Talvolta, per sentirsi meglio, non occorre aprire l’armadietto delle medicine. Sfogliare un buon libro è più che sufficiente. Leggere, infatti, non è solamente un passatempo, ma uno strumento efficace per reinventare il nostro mondo interiore e per conoscere meglio quello che ci circonda. Addirittura, leggere può salvarci la vita. Ne è convinto il filosofo bulgaro-francese Tzvetan Todorov, autore di un libro uscito lo scorso febbraio, dal titolo “La letteratura in pericolo”. Così, si può trovare un rimedio per la depressione nei poemi di Wordsworth, recuperare quella gioia interiore che scaturisce dalla contemplazione delle bellezze della natura nelle pagine di John Stuart Mill, amare come Paolo e Francesca o impazzire di gelosia come Otello.
La parola, del resto, ha sempre avuto un’efficace funzione consolatoria. Todorov cita il caso di Charlotte Delbo, una deportata di Auschwitz, che fingeva di trovarsi in cella con Fabrizio Del Dongo, protagonista della Certosa di Parma di Stendal. Primo Levi, inoltre, raccontava di essere sopravvissuto ad Auschwitz anche grazie ai riusciti tentativi di ripetere a memoria il canto di Ulisse. Il potere della parola non risiede, però, solo nella sua capacità di risollevare gli animi. La letteratura, secondo Todorov, è necessaria per vivere bene. Certo, non è indispensabile, ma, una volta che ci si è abituati alla ricchezza (come noi europei, eredi di una lunga tradizione scritta) è difficile tornare indietro. Un buon libro, quindi, non dovrebbe essere un lusso per un’esigua elite colta, ma uno strumento alla portata di tutti, utile a studiare e a capire il mondo, a comprendere meglio gli altri e noi stessi.
Talvolta, i personaggi di un romanzo riescono ad essere più eloquenti delle persone in carne ed ossa. Lo scrittore, infatti, ci dà la possibilità di leggere nei loro pensieri, di immedesimarci nelle loro emozioni e questo ci aiuta a decifrare e a nominare le nostre.
Purtroppo, questo prezioso strumento è oggi in pericolo, a causa della spietata concorrenza della televisione e di internet. Todorov, però, tende a precisare che i nuovi mezzi di comunicazione non vanno demonizzati, ma usati con cautela ed intelligenza. E’ chiaro, davanti al testo si è soli, senza alcuna mediazione, e si è liberi di immaginare luoghi e persone affidandosi esclusivamente alla propria fantasia. Lo stesso non si può dire per le fiction che rielaborano libri fortunati. Per chi non ha letto i romanzi di Camilleri prima della trasposizione televisiva, sarà difficile immaginare il commissario Montalbano con un volto diverso da quello di Luca Zingaretti.
A mettere in crisi la lettura, però, non è solo il confronto con i nuovi mass media, ma anche la pericolosa convinzione che sia un’attività desueta e inutile. «Potremo avere migliori programmi per i computer e fare migliori affari», afferma il filosofo bulgaro-francese, «ma avremo rinunciato a formare esseri sociali destinati a vivere con altri esseri, che è il senso stesso del nostro passaggio sulla Terra».
Della funzione salvifica della letteratura sembra persino convinta gran parte della comunità scientifica. Lo testimonia il boom di gruppi di lettura che imperversano nei Paesi anglosassoni. Decine di persone si riuniscono ogni settimana per leggere insieme, ognuno il suo brano, aspettando il proprio turno. Quello che le accomuna non è solo l’amore per la lettura; anzi, come spiega Kate McDonnell, una delle fondatrici e organizzatrici dell'iniziativa Get into Reading (Mettiamoci a leggere), «molti tra i partecipanti non avevano mai letto prima una poesia; guardavano questi testi come fossero problemi algebrici, estranei, del tutto incomprensibili». Ad accomunarli, invece, sono il disagio psicologico e talvolta fisico, il desiderio di guarire o di trovare conforto. A giudicare dal successo di queste iniziative, la lettura è davvero un prezioso sostegno per coloro che hanno problemi di salute mentale. Non stupisce, quindi, che in molti casi i medici inglesi prescrivano, al posto degli psicofarmaci, delle sedute di lettura. Soprattutto per i pazienti affetti da depressione, malattia che si caratterizza spesso per una mancanza d’interesse per il mondo, ricominciare a leggere può essere un passo importante verso la guarigione. Talvolta, inoltre, sono proprio i brani più drammatici ad esercitare una funzione catartica, permettendo di affrontare sofferenze legate alla morte, alla malattia e alle proprie paure non parlando di sé, ma dei protagonisti dei romanzi. Proprio grazie all’uso della terza persona è possibile guadagnare quella distanza che permette di raccontarsi senza sentirsi mai esposti al patetico o al ridicolo.
Anche Umberta Telfener, psicologa clinica, docente alla Scuola di Specializzazione in Psicologia della Salute dell’ Università di Roma La Sapienza, è convinta del potere taumaturgico della lettura, che considera in alcuni casi una forma sostitutiva della psicoterapia. Certo, in Italia il fenomeno dei gruppi di lettura non ha ancora preso piede come in Gran Bretagna, ma esistono alcune iniziative che utilizzano la lettura e la scrittura con finalità terapeutiche. “Le storie che curano”, ad esempio, è un progetto realizzato da Natalia Piana, pedagogista dell’Università degli Studi Milano-Bicocca, che ha dato alle donne colpite da tumore la possibilità di raccontare di sé e delle loro vite interrotte dalla malattia, del loro dolore e della rabbia. Attraverso la parola scritta, infatti, si ridisegna la propria identità e si va alla ricerca di un nuovo senso di sé.


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