La riduzione del traffico pesante sulle nostre strade deve essere un obiettivo prioritario da seguire nel più breve tempo possibile, sia per questioni ambientali che di sicurezza stradale, per gli utenti e per chi svolge quotidianamente il proprio operato, quali i lavoratori delle Forze di polizia.
La notevole crescita del traffico pesante sulle autostrade crea, oltre a comprensibili problemi di traffico ed alla viabilità (utilizzati per giustificare nuove corsie autostradali), anche un peggioramento della capacità d’incidere nel controllo da parte delle Forze di Polizia.
1) Ridurre il traffico pesante permette di migliorare l’incisività dei controlli. Uno dei temi più rilevanti, su cui da subito bisogna intervenire, è il controllo delle merci pericolose che transitano sulle nostre strade e autostrade. In un contesto di continuo incremento di traffico pesante su strada, è improcrastinabile applicare la normativa europea relativa alla tassazione del traffico pesante nelle aree sensibili, altrimenti assisteremo ad un continuo, inarrestabile incremento dei camion sulle nostre strade.
Bisogna inoltre saper cogliere le opportunità legate all’eliminazione dei controlli di frontiera. Infatti, uno degli effetti positivi dell’apertura dei confini sta nel fatto che una quantità significativa di Forze di Polizia di Stato non sarà più impiegata nei controlli alle frontiere e, per ottenere da subito un miglioramento sui controlli del traffico pesante e ferroviario, dovrebbe essere destinata prevalentemente ad attività di Polizia Stradale e Ferroviaria, nonché, per la parte restante, di rinforzo alle questure per le diverse problematiche nella nostra Regione.
2) Partecipazione democratica ai progetti. Oramai da molti anni il territorio regionale del Friuli-Venezia Giulia è interessato a progetti di Alta velocità e all’Alta capacità ferroviaria riferiti al Corridoio V, progetto prioritario n. 6. Questo progetto ricade nelle disposizioni della legge obiettivo n. 443/01, come stabilito dall’accordo Stato-Regione del 20 settembre 2002, ed è presentato come strumento per trasferire le merci dalla strada alla ferrovia.
La contestazione e l’opposizione da parte di molti cittadini ed Amministrazioni comunali fa però comprendere che, in assenza di una reale e non fittizia partecipazione alle scelte politiche e progettuali, delle comunità interessate dal percorso dell’Alta velocità e all’Alta capacità, si andrà incontro, nel migliore dei casi, a forti contrasti con la popolazione.
E’ del tutto evidente che l’unico modo di procedere è la partecipazione democratica da parte di tutti i soggetti interessati, come previsto dalla Convenzione di Aarhus, ratificata dall’Italia con legge 16 marzo 2001, n. 108.
3) Situazione regionale dell’Alta velocità/Alta capacità. Mancando una gestione partecipativa e pertando democratica dell’intera partita Av-Ac, bisogna immaginare e valutare anche la situazione che potrebbe venire a crearsi al momento dell’apertura dei cantieri della Tav prevista nel 2010. Questa ipotesi, e la sua realizzazione, presentano elementi di preoccupazione, poiché finora il rapporto con i cittadini è stato carente. Ci sono inoltre molte analogie (e alcune differenze) con quanto successo in Val di Susa nel 2005. In Friuli Venezia Giulia come in Piemonte si prevede di costruire una galleria esplorativa (progetto Ronchi-Trieste del 2003) di diverse decine di km, in un contesto gravato già da altre infrastrutture ed ampiamente sconsigliato dalla complessa ed ancora poco conosciuta idrogeologia del territorio carsico.
Nel corso degli anni sono state organizzate molte assemblee pubbliche da parte di cittadini, associazioni e comitati; sono stati elaborati documenti, formulate richieste di chiarimenti, proposte di collaborazione per trovare soluzioni alternative.
A tutto ciò non si sono mai date risposte certe, nè sul quadro progettuale, nè sugli impatti ed i presunti benefici dell’opera.
4) Risoluzione della questione Tav. E’ nostra opinione che la questione relativa alla Tav sia essenzialmente un problema di politica dei trasporti e un problema tecnico, che non debba riguardare l’ordine pubblico. Si tratta sostanzialmente di elaborare una scelta che, se non all’unanimità, raccolga comunque un vasto consenso sulle scelte tecniche e progettuali da perseguire.
Se questo non avverrà, ognuno dovrà assumersi le proprie responsabilità, senza cercare ripieghi con soluzioni incerte e pericolose, pensando che le Forze dell’ordine possano risolvere le controversie al posto di una politica incapace di dialogare con la gente e con i suoi rappresentanti a livello locale.
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