Da parecchio tempo, sicuramente troppo, assistiamo alla pessima gestione di un Ufficio della questura di Enna che, data la delicata materia che tratta, è uno dei più sensibili e determinanti: l’Ufficio Immigrazione.
L’elencazione delle incongruenze, dalla mancanza di chiare disposizioni ad un insufficiente coordinamento, da una irrazionale gestione delle risorse sia economiche (leggi straordinario) che organiche (leggi personale addetto) ad una precaria sistemazione logistica, richiederebbe uno spazio che non potrebbe rimanere costretto nelle poche pagine di un comunicato sindacale. Per questo motivo, almeno in questa circostanza, ci vediamo quasi obbligati a circoscrivere, ma nello stesso tempo a rendere il più possibile comprensibile ed esauriente, quanto appresso elencato.
Se è vero che la provincia di Enna costituisce uno dei più piccoli serbatoi di “immigrati” in rapporto al resto delle province d’Italia, è anche vero che il personale addetto all’Ufficio Immigrazione è un po’ risicato; un dirigente, un ispettore, due sovrintendenti e due assistenti, sicuramente, testimoniano in tal senso. Se, poi, a questo si aggiunge una pessima gestione dell’Ufficio, allora si rischia il corto circuito, cosa che sembra avvenire sempre più di frequente negli ultimi mesi.
Volendo elencare i problemi, avvertiamo il dovere di dare spazio al più importante, e cioè a quello che attiene ai rapporti tra gli addetti. E’ obbligo denunciare a chi legge la quasi totale incomprensione col dirigente; il quale, il giorno successivo ad ogni incontro con i suoi collaboratori, riesce a dimenticare o a far finta di nulla o, peggio, disporre il contrario di quanto egli stesso aveva promesso. E sollecitato, per quello che è dato sapere, il signor questore non riesce neanche a stilare le indispensabili disposizioni interne chiare e comprensibili in modo che si possa seguire una linea di lavoro logica e razionale. Dice di capire e prende atto delle obiezioni sottopostegli, per poi fare nulla.
Per non parlare del capo ufficio, un ispettore, la cui smemoratezza lo porta alle amnesie tipiche del suo dirigente, inducendolo a cambiare quanto superiormente disposto; aggiungendo inoltre “qualcosa” di suo (alla faccia della deontologia sindacale), vale a dire comportamenti che prendono a schiaffi una certa formalità, ma anche e soprattutto la buona educazione nei confronti dei suoi addetti, tanto che nonostante la presenza di pubblico, rimprovera e “strapazza” i poliziotti e gli utenti stessi, colpevoli di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato; i quali utenti, poi, mortificati, lamentano siffatti trattamenti. Il tutto, spesso, per fatti inesistenti e/o irrilevanti.
Vorremmo sapere allora, qual è il reale motivo di tale comportamento! Se di fronte alle osservazioni fattegli dagli addetti a fronte di sue illogiche o improbabili o controverse disposizioni, la sua risposta è quella che “se non gli va bene può andarsene via dall’Ufficio”, diteci voi, che tipo di funzione di coordinamento dell’Ufficio lo stesso sta espletando!
E siccome i nostri sono veramente diabolici, riescono a rovinare quel poco di buono che c’è. Dopo rimostranze e pressioni provenienti dagli addetti alla 2^ Sezione dell’Ufficio in questione, e cioè la branca che si occupa dei permessi di soggiorno, finalmente si era riusciti ad occupare una stanza con due scrivanie che, anche se limitata nello spazio, era strutturata ed annessa ad un’altra ancora più piccola che serviva ad accogliere gli utenti in maniera decente e sicura; difatti lo sportello munito di vetri per evitare contatti diretti con gli utenti, era dotato di computer in numero sufficiente, assemblati secondo le norme sulla sicurezza e prevenzione nei luoghi di lavoro (legge 626). La stanza comunicante doveva servire agli addetti, a svolgere il lavoro, ovvero la trattazione delle pratiche fino alla loro consegna.
Bene, anzi male. Abbiamo ragione ad aver scritto tutto coniugando i verbi al passato, in quanto lo stato attuale è quello che ora ci apprestiamo a descrivere: un computer è stato prelevato arbitrariamente (senza il consenso di chi è tenuto a prestarlo con competenza in merito, ovvero l’Ufficio Informatico), per essere montato nella stanza attigua (per chi, e per quale motivo, potrebbe essere addirittura grottesco indicarlo); i cavi elettrici e di rete non sono più occulati secondo le norme, ma giacciono sul piano di lavoro; gli utenti entrano nella stanza interna perché i due “generali di Corpo d’Armata”, dirigente e ispettore, vi hanno aggiunto anche un terzo addetto il quale, occupandosi di cittadinanze italiane, deve per forza di cose “intervistare” gli utenti, facendoli quindi entrare. Attività vietata nell’Ufficio dell’ispettore responsabile, tanto che, una mattina, “intervistatore” e “intervistati” sono stati letteralmente cacciati via dal responsabile dell’Ufficio.
Come se il monolocale del piano superiore, di circa 40 metri quadri, sia insufficiente ad accogliere il terzo “incomodo”! Monolocale che occupa al suo interno tre delle due scrivanie necessarie e altrettanti sistemi informatici; ma anche mobili e suppellettili vari adatti anche ad un archivio che, per mole, potrebbe essere quello che necessiterebbe alla Sezione che si occupa del rilascio dei permessi di soggiorno e non delle poche pratiche di espulsioni, che da qualche anno risultano più che dimezzate.
Orario di lavoro e straordinario: qui è la Caporetto della gestione. A parte gli equivoci che sorgono sempre più spesso sulla gestione di queste “voci” (equivoci “interessati” ed in assoluta cattiva fede); in tal caso quanto disposto dal dirigente, viene capito all’incontrario dall’ispettore, e/o quanto disposto spesso oralmente il giorno prima, viene disconosciuto il giorno dopo.
Ma andiamo con ordine, per dare una minima idea di ciò che sta avvenendo: gli addetti alle espulsioni ed alla Segreteria d’Ufficio, di media effettuano il triplo dello straordinario che viene consumato dagli addetti ai permessi di soggiorno. Non solo, sfacciataggine o allegra gestione vuole che i primi assorbono anche lo straordinario che viene destinato direttamente e straordinariamente dal Ministero esclusivamente agli Uffici che trattano i permessi di soggiorno, a discapito degli addetti che effettivamente svolgono tale attività.
E’ successo che allorquando all’orario di fine servizio (ore 14) erano presenti alcuni utenti, al personale che si era offerto di rimanere un’ora allo scopo di smaltire le incombenti pratiche, è stata negata la prosecuzione dell’orario, rimandando a casa gli utenti che in precedenza erano stati invitati a recarsi in Ufficio e che ivi erano in attesa dalle ore 9 della mattina. E’ stato fatto rientrare a casa il personale che si era recato nel pomeriggio per smaltire pratiche arretrate, regolarmente autorizzato dal dirigente attingendo lo straordinario ministeriale per poi, dopo aver riflettuto su tale parzialità, invitarlo a “rientrare” il giorno dopo. In poche parole, si è consumato l’ennesimo ridicolo, inopportuno (ed illegale?) evento: sono stati mandati a casa utenti che aspettavano il loro turno da ore e non si è “spesa” l’ora di straordinario, invece assegnata o distratta come tante su altri “canali”.
Cosa ne penserebbe la stampa e l’opinione pubblica di tale miserabile evento? Cosa ne penserebbe del via-vai del pubblico dovuto agli scorbutici inviti dell’ispettore ad andare via e ritornare nei giorni seguenti?
A proposito del pellegrinaggio che effettuano gli utenti della provincia a questo centro, perché non si provvede a sbloccare strumenti e mezzi affinché varie pratiche si trattino, come previsto dalla legge, anche dai commissariati? E ancora, come mai, visto che la maggior parte delle già poche espulsioni vengono adottate nei confronti di carcerati, dei quali si conosce in congruo anticipo la data della scarcerazione, non ci si prepara all’evento predisponendo i relativi atti in modo tale da rendere più celere la relativa procedura, in modo da non sacrificare, invece, per interminabili ore personale e straordinario? E, infine, perché l’espulsione nei giorni superfestivi viene curata da una “nota personalità”, mentre nei giorni feriali tali incombenze vengono svolte da più persone o addirittura “delegate” a chi non spetta?
Dulcis in fundo, agli inizi del decorso anno, il prode ispettore ed il sovrintendente, entrambi desiderosi di nuovi attestati professionali da farsi annotare nei rispettivi fogli matricolari, hanno deciso di frequentare un corso, articolato in più periodi di formazione, per apprendere le procedure informatiche di inserimento dei permessi di soggiorno ai terminali, a discapito degli operatori effettivamente preposti a tale mansione. Al termine del suddetto corso, non si sono però sognati di “riversare” quanto appreso ai malcapitati colleghi, tant’è che questi ultimi sono stati costretti a contattare il Ministero quasi quotidianamente per chiedere lumi su tali procedure. Una sorta di “fai-da-te”!
I due luminari, però, pretendono pure che i succitati colleghi tramandino oralmente quel nulla che hanno “imparato”, all’altro sovrintendente, piuttosto perplesso per il nuovo incarico che si appresta ad assumere. E’ bene che si sappia che, per ciascuna pratica inerente il rilascio di un permesso di soggiorno, l’utente si sobbarca un costo di circa 90 euro e che un errore commesso durante la procedura di inserimento della pratica in argomento, comporta l’annullamento della stessa. In questo caso chi paga? Pantaleone?
Si potrebbe continuare per un bel po’ con questa litania, ma sappiamo che i romanzi o le sceneggiature vengono lette a fatica, e siccome scopo di queste organizzazioni sindacali è quello di risolvere il problema a vantaggio dei colleghi poliziotti che sembrano essere trattati peggio degli immigrati (anche in questo caso sarebbe doveroso aprire una parentesi...), vogliamo ancora una volta invitare il signor questore ad intervenire fermamente e seriamente, perché ha strumenti ed esperienza, oltre che a nostro avviso il dovere di farlo! Sia nei confronti dei suoi poliziotti, che in quello dei cittadini.
Da quando abbiamo segnalato tali problematiche, nulla si è notato di positivo, anzi, la situazione sembra essere ancora degenerata; chiediamo quindi fatti, non parole! In caso contrario, per questa specifica vicenda, ci vedremo costretti ad aprire una dura vertenza.
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