Il Mahatma Gandhi, padre dell’Ondia indipendente, fu ucciso, da un estremista indù (che gli rimproverava la spartizione del Pakistan) il 30 gennaio 1948: sessant’anni dopo, è stato celebrato per la seconda volta il suo funerale, con la dispersione di una parte delle sue ceneri nelle acque dell’Oceano Indiano, dalla spiaggia di Mumbai. La cerimonia è stata voluta dai discendenti di Harilal, il primogenito di Gandhi, che a questo scopo hanno chiesto la restituzione dell’urna con le ceneri del mahatma conservata nel museo Mani Bhavan di Mumbai: questo allo scopo di “riconciliare” l’anima di Harilal con quella del padre.
In effetti si sa che fra i due i rapporti erano tutt’altro che buoni, e che in questa situazione il Mahatma aveva la sua parte di responsabilità. Quando il giovane Harilal aveva manifestato l’intenzione di studiare legge, il padre (pur essendo egli stesso avvocato) glielo aveva vietato, esigendo che il figlio si dedicasse interamente alla causa della lotta non violenta per l’indipendenza indiana. Per reazione Harilal si convertì all’Islam, questa volta senza suscitare la contrarietà del padre, che era indifferente alle diversità religiose, e poi tornò all’induismo. Comunque, le polemiche familiari lo condussero alla depressione e all’alcolismo, tanto che non potette partecipare – e accendere la ira funebre, in quanto figlio maggiore – ai funerali del padre, che sei mesi dopo seguì nella morte.
La vicenda del dissidio tra i due Gandhi è stata il soggetto di alcuni libri, e di un film, “Gandhi My Father”, uscito lo scorso anno in India.
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