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Febbraio-Marzo/2008 - Articoli e Inchieste
Storia
Nel nome del Führer, la Notte dei lunghi coltelli
di Emilio Belfiore

Le Sturmabteilung (SA), squadre d’assalto
del partito nazista, avevano aperta a Hitler
con la loro violenza omicida la strada verso il potere; ma una volta
diventato cancelliere, il Führer aveva ritenuto necessario stroncarle per
rafforzare la sua alleanza con la casta militare e la grande industria,
in vista del suo progetto di egemonia continentale. Un libro di Sergio
De Santis offre una rilettura di questa vicenda, la cui “logica”
avrebbe poi sconvolto la Germania, e il resto del mondo



“Sabato 30 giugno 1934, alle 4 del mattino, nell’aeroporto Oberwiesenfeld di Monaco atterra un bimotore Junker. A bordo c’è Adolf Hitler, accompagnato dal suo aiutante di campo Wilhelm Bruckner e da un ristrettissimo gruppo di collaboratori, fra cui spicca il ministro della Propaganda Joseph Goebbels. Per le SA, le Squadre d’assalto del movimento nazista, sta per aver inizio la “purga” sanguinosa che passerà alla storia con il nome di Nacht der Langen Messer, vale a dire Notte dei lunghi coltelli. Ma come si è arrivati - e perché? – a quel drammatico regolamento di conti all’interno del regime hitleriano?”.
A questo interrogativo, Sergio De Santis, giornalista e autore di varie opere sulla storia e i protagonisti del secolo scorso, risponde con il suo ultimo libro, “La notte dei lunghi coltelli – la vera storia delle SA”(Avverbi edizioni – pagg.206 - ? 14), una ricostruzione accurata dell’ascesa al potere assoluto dell’“imbianchino austriaco”, accompagnata da un’analisi originale, a tratti “illuminante”, degli eventi che l’hanno scandita, delle motivazioni palesi e nascoste, degli intrighi a diversi livelli, delle astuzie e dei tradimenti reciproci.
“La storia delle SA – scrive ancora De Santis nella premessa del suo libro – e del loro ruolo durante i dieci anni di marcia nazista verso il potere (ma soprattutto nella fase finale del processo, prima della nascita ufficiale del ‘Reich millenario’), è fondamentale per tentare di comprendere il significato non solo di quella notte insanguinata, ma anche dello stesso movimento nazista nel suo tumultuoso e spesso contraddittorio divenire… In effetti la propaganda goebbelsiana ha avuto buon giuoco nel presentare le SA come una sorta di ascesso purulento che doveva essere ‘cauterizzato fino a bruciare la carne viva’ – per citare Hitler – al fine di garantire al Terzo Reich il rispetto ‘della legge e dell’ordine’ dopo la conquista rivoluzionaria del potere… Come è stato possibile che gli aspetti innegabilmente teppistici del fenomeno SA e la sgradevolezza persino fisica dei principali personaggi coinvolti nella vicenda – a partire dallo stesso comandante del corpo, il ripugnante capitano Ernst Röhm – abbiano potuto far accantonare l’esigenza di approfondire l’analisi sociologica e politica di un movimento che al momento della “purga” era arrivato a inquadrare parecchi milioni di tedeschi? Tutti teppisti, omosessuali o tagliagole? Per rispondere a questo interrogativo è necessario cominciare da una rilettura del movimento nazista, sia nella fase iniziale della marcia verso il potere sia in quella del consolidamento del regime…”.
E la storia del nazismo comincia dalla sconfitta nel 1918 della Germania imperiale, dalla nascita della (debolissima) repubblica di Weimar, dall’esplosione delle rivolte “spartakiste” represse a fatica da quello che rimaneva dell’Esercito, e dai Freikorps, i “corpi franchi” formati in gran parte da ufficiali rimasti senza lavoro. Questi ultimi, in un primo tempo molto apprezzati dal governo centrale, saranno oggetto di decreti di scioglimento solo parzialmente resi esecutivi, e molti di loro si concentreranno nel Land della Baviera, cattolico, conservatore e monarchico. Monaco diventa la loro capitale.
E’ a Monaco che nel 1920 si incontrano il capitano Ernst Röhm e il caporale Adolf Hitler, è a Monaco che viene fondato il Partito nazionalsocialista tedesco dei lavoratori (Nsdap), con un programma che unisce tesi ultranazionaliste, totalitarie, antisemite, antimarxiste, alla richiesta della confisca dei profitti di guerra, della nazionalizzazione dei monopoli, della riforma agraria. Una volta assunto il controllo del piccolo partito, Hitler incarica Röhm di organizzare, arruolando anzitutto un primo nucleo di veterani dei Freikorps, una formazione paramilitare, chiamata Squadra d’assalto (Sturmabteilung), gente pronta a usare la violenza fino agli estremi dell’omicidio: sono le SA, la cui consistenza numerica in un paio d’anni arriverà a circa ventimila uomini, raccogliendo reclute provenienti dalla malavita, dal sottoproletariato, da lavoratori disoccupati, da giovani borghesi declassati a causa della crisi economica. In un primo tempo la guida di questa armata sarà affidata a Hermann Göring, ex asso dell’aviazione, che da lì inizia la sua fastosa carriera.
Il fallito “putch della birreria” del 1923, promosso dal generale Erich Ludendorff (una farsesca disavventura durata poche ore), la condanna e i sei mesi di detenzione di Hitler (da lui occupati nella stesura del Mein Kampf), e il suo forzato ritiro dall’attività politica, portano alla ribalta del Nsdap un nuovo protagonista, Gregor Strasser, eletto deputato al Reichstag in una lista creata per l’occasione da Ludendorff. “Trentadue anni, farmacista, massiccio ed estroverso, amante della buona tavola e forte bevitore, Gregor Strasser è un bavarese tipico che differisce in modo stridente sia nel fisico che nel temperamento, da Hitler, freddo, nevrotico, ipocondriaco, astemio, introverso”. Strasser, nominato Gauleiter (responsabile) del partito per la Bassa Baviera, apprezza le doti politiche di Hitler, ma non si considera un suo subordinato: gli rifiuta l’appellativo di Führer, limitandosi a chiamarlo Herr Hitler. Per il resto, manifesta un antisemitismo basato sullidentificazione sommaria tra ebrei e alta finanza, ma rifiuta il razzismo biologico prevalente nel movimento nazista, e, benché anti-marxista, nutre qualche ammirazione per l’Unione Sovietica. Insomma, un personaggio abbastanza anormale, per essere un nazista.
Una volta fuori dal carcere, il 20 dicembre 1924, Hitler riprende le redini del partito. “Nel corso dei mesi di detenzione ha avuto ampio modo di riflettere e dalla dura lezione del fallimento ha tratto non pochi insegnamenti. Primo: è sempre meglio procedere da soli, perché tutti gli altri sono per loro natura infidi. Secondo: bisogna evitare ad ogni costo uno scontro frontale con la Reichswehr. Terzo: la strada verso la conquista del potere passa per lo sfruttamento spregiudicato di tutte le opportunità legali offerte dal sistema, naturalmente senza rinunciare all’uso della maniera forte ogniqualvolta ciò si renda conveniente”. Hitler vuole essere l’unico al comando: per realizzare questo obiettivo comincia a emarginare Ludendorff, che gode di eccessivo prestigio, e rompe l’alleanza tra Gregor Strasser e Ernst Röhn, che nel frattempo ha riorganizzato e rafforzato le SA, costringendo il secondo a dimettersi dalla sua carica: l’ex capitano prima farà il piazzista di libri, poi andrà in Bolivia come istruttore militare. Ma ritornerà, per sua sfortuna. Quanto a Strasser, “Herr Hitler” ha ancora bisogno delle sue capacità di organizzatore che hanno permesso al Nsdap di impiantarsi al di fuori della Baviera, e di quelle del fratello Otto, che ha tra i suoi collaboratori due militanti ancora poco noti ma molto attivi: Heinrich Himmler e Joseph Goebbels. Ed è Goebbels, il futuro bardo dell’hitlerismo, a spingere il “sinistrismo” degli Strasser su posizioni rivoluzionarie. Nel suo diario scrive: “In ultima analisi, sarebbe meglio finire la nostra esistenza sotto il bolscevismo, piuttosto che sopportare ancora la schiavitù del capitalismo”. E ancora: “E’ probabilmente da escludere che il giudeo capitalista e il giudeo bolscevico siano tutt’uno”. Come in Gregor Strasser, il tarlo dell’antisemitismo è presente, ma con una differenza di tono rispetto al razzismo paranoico del “Mein Kampf” inaccettabile per Hitler. Tanto più che gli Strasser e Goebbels insistono a chiedere nazionalizzazioni, riforme agrarie, e l’esproprio delle case regnanti tedesche decadute con l’avvento della repubblica. E Adolf Hitler ha ormai deciso di non entrare in rotta di collisione né con il capitale, finanziario e industriale, né con la casta militare, in maggioranza filomonarchica.
Così, nel febbraio 1926, al primo congresso del Nsdap, Hitler – con un discorso di cinque ore - riprende la tesi del “buon capitalismo produttivo tedesco” contrapposto al “cattivo capitalismo internazionale ed ebraico”, riafferma la priorità ideale e strategica della lotta contro “la cospirazione giudaica, disinvoltamente accusata di essere alla base sia del bolscevismo sia della demo-plutocrazia finanziaria internazionale”. Al Führer non interessano le idee degli altri, e chiede “una fede cieca”. Il programma nazista, proclama un delegato “può e deve riassumersi in due sole parole: Adolf Hitler”. Gregor Strasser è sconfitto, ma Hitler lo promuove “proconsole” della Germania settentrionale: Otto Strasser, il fratello di Gregor, scivola verso l’opposizione (e emigrerà per salvare la vita), mentre Joseph Goebbels, folgorato dal “carisma” di Hitler, rinnega le sue posizioni “rivoluzionarie” e passa subito al suo servizio.
Mentre prosegue la ristrutturazione delle SA, guidate dal capitano Franz Pfeffer von Salomon, al loro interno viene costituita una guardia speciale del Führer, chiamata Squadra di difesa, Schutzstaffel, ovvero le SS.
Anche se continua a restare inquadrata nelle SA (con effettivi che per alcuni anni si aggirano sui 300 uomini) la guardia del corpo di Hitler comincia presto a distinguersi dalla truppa degli scherani in camicia bruna: l’arruolamento privilegia i rampolli della borghesia e dell’aristocrazia (magari decaduta), e l’uniforme dal bruno (originariamente mutuato dalle divise usate nelle colonie, ormai perdute) passa, pezzo per pezzo, al nero, il colore che diverrà emblematico delle SS. Con l’aggiunta sul berretto di un teschio d’argento, il segno distintivo degli Ussari. E le Schutzstaffel faranno un significativo “salto di qualità” con l’arrivo alla loro testa di Heinrich Himmler, che – al pari di Goebbels – ha ritenuto saggio staccarsi dagli Strasser ed entrare tra i fedelissimi di Hitler.
Ma per i momento Hitler deve appoggiarsi alla forza d’urto delle SA, “preziose come strumento di aggressione contro gli avversari e di intimidazione nei confronti della gente comune”. Certo, spesso le camicie brune prestano orecchio alle idee “rivoluzionarie” che i fratelli Strasser continuano ad agitare, predicando la confisca dei latifondi, e appoggiando nel 1930 gli operai in sciopero in Sassonia, un Land “rosso”. Otto Strasser rinfaccia a Hitler il programma del Nsdap che contempla la socializzazione dei mezzi di produzione, e chiede la “liberazione” del proletariato tedesco: a Hitler non importa nulla dei programmi, per lui non esistono classi ma “razze sociali”, e gli operai (i “poveri”, li chiama) devono lavorare per la grandezza del Reich. Risponde a Otto chiamandolo “bolscevico da salotto” e “puro letamaio di idee marx-liberal-comuniste”: poi, con la sua usuale astuzia strisciante, gli offre il posto di capo ufficio stampa della Braunes Haus, la Casa Bruna, nuova sede del partito costruita a Monaco con i contributi degli industriali, che apprezzano i comportamenti ambigui del Führer. Otto Strasser rifiuta e si dimette dal partito nazista.
Nel gennaio del 1931, Ernest Röhm, richiamato da Hitler (che pur diffidandone, ne apprezza le maniere sbrigative) torna alla guida delle SA, mentre le SS acquisiscono una loro autonomia di fatto, diventando la Polizia interna del partito. Alle elezioni del settembre 1931 il Nsdap diventa il secondo partito a livello nazionale, e il generale Kurt von Schleicher organizza un incontro tra il vecchio maresciallo Hindenburg, presidente del Reich, e Adolf Hitler. Il capo nazista fa una pessima impressione al maresciallo (“Al massimo può fare il ministro delle Poste”, commenta con von Schleicher), ma Hitler sa di avere buone carte: l’anno seguente, in occasione delle elezioni presidenziali di marzo, mobilita 400.000 SA e SS, che occupano Berlino. Una prova di forza concordata con von Schleicher, che provoca la crisi parlamentare e nuove elezioni in luglio. “Chi controlla la strada controlla il Paese”, proclama Röhm, e le SA non chiedono di meglio. Sono loro a coniare l’espressione, come allusione alla resa dei conti finale con i “rossi”, Nacht der Langen Messer, Notte dei lunghi coltelli. Non immaginano quanto questa allegoria li riguarderà personalmente nel giro di due anni. Ormai il primo atto della saga hitleriana sta per concludersi, preludio del successivo trionfo. Nelle elezioni che si succedono fino al 1932 il Nsdap passa al primo posto, ma Hitler deve ancora superare gli ostacoli e le manovre frapposti da alleati diffidenti, come von Schleicher e il cattolico Franz von Papen, e camerati riottosi, come Gregor Strasser e il nuovamente turbolento Ernest Röhm.
Li supererà, perché fra tanti furbi è il più astuto di tutti, sa come dosare le blandizie e le minacce (in questo le SA gli sono ancora indispensabili), e, al di là delle menzogne che sa abilmente trasformare in ideologia, l’unico obiettivo che si prefigge è la sua dittatura personale. Hindenburg, che continua a disprezzarlo (ora lo chiama, per il suo aspetto fisico, “il caporale boemo”), lo nomina cancelliere, e il 30 maggio 1933 Adolf Hitlr si insedia nella Cancelleria del Reich. Fiaccolate e marce delle SA nel centro di Berlino salutano l’inizio della nuova era.
“La Repubblica di Weimar agonizza e il Terzo Reich è ormai alle porte. Hitler ha vinto, ma i travagli del 1932 non saranno dimenticati e di lì a poco tutti i protagonisti di quell’anno convulso saranno votati alla morte: da von Schleicher a Gregor Strasser a Röhm. Con l’unica eccezione di von Papen, al quale soltanto la fortuna – probabilmente accompagnata anche da qualcosa d’altro, come vedremo – risparmierà analoga fine violenta”.

FOTO: 13 Luglio 1934: il Reichstag saluta Hitler al termine del discorso in cui giustificava
l’epurazione condotta contro Rohm e altri

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