Nel tempo attuale, specialmente in Italia, siamo diventati tutti scrittori. Scriviamo su tutto, arricchendo le biblioteche familiari che spesso servono soltanto a completare l’arredamento casalingo.
Tra tante parole scritte e declamate, una voce si è distinta tra le altre, quella di un magico Roberto Benigni che è riuscita ad inchiodare un gran numero di ascoltatori davanti alla tv. Soggetto: il quinto Canto dell’Inferno, della Divina Commedia di Dante.
Un attore, Benigni, dotato di una voce sciolta ed ipnotica fino a trasformarla in commosso sussurro. Così Benigni si è confermato divulgatore dell’Alighieri. Perché ricordiamo che in questa occasione Dante è l’attore principale del quale viene la voglia di scoprire la personalità.
Ciò che è più interessante in Dante sembra sfuggire agli storici. La sua vita interiore, il contrasto tra il mondo esteriore in cui visse e il mondo interiore in cui creava. Infatti, considerando l’Alighieri nel contesto della storia fiorentina e italiana dei suoi tempi, non troviamo i segni della sua ispirazione e della sua grandezza universale. Anche la sua vita affettiva è oscura, quasi enigmatica.
Nella personalità di Dante c’è il mistero e un dualismo che riesce ad incuriosirci tra la vita esteriore e la sua vita interiore.
Si cerca un equilibrio ingigantendo la sua posizione di uomo d’azione, del cittadino, dell’incitatore dei Bianchi e dell’esule presso le corti dei “signori” del suo tempo, cercando di disegnare la sua figura politica che non lascia traccia nella storia del popolo italiano.
Dante non è attore principale in grandi avvenimenti storici, anzi, fuori delle mura della sua città si smarrisce tra i suoi viaggi per l’Italia, dove stentiamo a seguirlo. Se lo troviamo lo perdiamo nuovamente come se si nascondesse.
Poco si sa della vita nelle corti e poco di ospitalità umilianti con incarichi che non corrispondono al valore dell’uomo, come se i suoi contemporanei non si accorgessero del suo valore. Eppure sotto un’apparente esistenza mediocre, matura quel “Dante eterno” che dominerà il suo tempo, una figura gigantesca che conquisterà senza armi il regno dello spirito.
Dalla sua vita misteriosa nasce un poeta, un profeta, un giudice di vivi e di morti, che crede nella missione della Chiesa dell’umanità. I suoi rapporti con Dio non li nasconde. Il suo smarrimento in una selva oscura e selvaggia del peccato e la sua conversione non restano chiusi nella sua anima.
Dante si presenta come protagonista e con la fantasia crea un universo fuori del mondo per risolvere i suoi problemi interiori. Sprofonda nelle viscere della terra, innalza dal mare la montagna del Purgatorio, sale attraverso le stelle e la luce fino a raggiungere l’Empireo davanti a tutta l’umanità, che chiama a testimonio di una immortalità nei secoli.
Attraverso questo viaggio, che porterà Dante dagli inferi al Paradiso, si riconoscono i volti umani e voci che parlano, sono voci di amici, di nemici, di poeti, donne, imperatori, papi e santi che chiedono, soffrono e cantano. Un mondo di ombre dove Dante conversa con cristiani e pagani.
Resta il mistero come la sua opera sia avvenuta in solitudine, permettendo la soluzione di un grande dramma spirituale che ispirò la sua poesia. Nel settembre del 1321, forse nel giorno 13 o 14, Dante rendeva “al suo Creatore il faticato spirito”. Nell’or della morte non si conoscono parole pronunciate e tramandate per i posteri che ci avrebbero aiutato a sentire la solennità della morte di un uomo vissuto nella ricerca dei misteri dell’aldilà.
Dal termine del poema alla morte di Dante erano trascorse poche settimane.
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