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Gennaio/2008 - Articoli e Inchieste
Strategie
Human intelligence il fattore umano che supera le tecnologie
di Marco Cannavicci - Psichiatra militare

Non tutti gli agenti operativi possono
essere in grado di svolgere compiti
per i quali sono necessarie competenze
di base, che presuppongono attitudine
a interagire con naturalezza
con il prossimo, e, se necessario, capacità
di mimetizzarsi e calarsi completamente
nella forma mentis dell’avversario


L’Intelligence viene comunemente definita come quella branca delle scienze strategiche che studia le intenzioni del nemico, dell’avversario, dell’altro con cui si è costretti ad interagire e confrontarsi. Il termine è anglosassone, ma la sua origine è latina e deriva dalla definizione della capacità di “intus legere”, vale a dire della capacità di comprendere e capire ciò che è nascosto “tra le righe” o di prevedere i significati di realtà e di situazioni non ancora evidenti. I modi per acquisire le informazioni sull’avversario sono molteplici e se in antichità le fonti potevano essere solo umane, oggi si hanno a disposizione ausili tecnologici molto potenti come i satelliti (per il Sigint e l’Imint), le intercettazioni delle radiofrequenze e delle emissioni radioattive (come il Masint), fonti aperte come le riviste e le pubblicazioni (per l’Osint), solo per citarne alcune. Tuttavia le evoluzioni attuali degli scenari mondiali di crisi e di conflitto, la loro multipolarità, la loro asimmetria e la forte connotazione culturale e religiosa hanno riproposto l’attualità e la preminenza della componente umana dell’intelligence: lo Humint.
Per ogni stratega, militare, politico o dirigente d’azienda che sia, il punto di partenza delle sue riflessioni è di cercare di ragionare come l’avversario, pensare come lui ed anticiparlo nelle mosse e nelle decisioni. E per cercare di ragionare come lui è necessario conoscerlo, parlarci, interagire con lui. Per ottenere questo non serve andare a frugare nei suoi cassetti, violare la sua cassaforte o la sua corrispondenza: è richiesto un contatto diretto, visivo e colloquiale con lui. Per l’operatore humint è necessario prendere un appuntamento, andarlo a trovare, porgli delle domande generiche o specifiche, osservarlo e tirar fuori da questa interazione un profilo psicologico che indichi il suo modo di pensare, la sua personalità e come potrebbe reagire e cosa decidere in caso di conflitto od in situazioni critiche.
Lo human intelligence è dunque quella parte dell’intelligence che basa le proprie analisi ed interpretazioni sulla scorta delle informazioni ottenute attraverso le proprie risorse umane in interazione con le risorse umane del nemico o dell’avversario. E’ una tecnica che non usa tecnologie quindi, ma solo le capacità relazionali di riuscire a far parlare l’altra persona sugli argomenti di interesse e di estrapolare da questi dei significati e delle interpretazioni utili per la propria sicurezza.
Gli uomini dello Humint – le risorse umane cui affidare il compito di acquisire informazioni attraverso le relazioni interpersonali possono essere degli agenti operativi, ovviamente in azione sotto copertura, oppure degli infiltrati nelle organizzazioni e negli ambiti di interesse strategico od operativo. Non tutti gli agenti operativi possono essere in grado di svolgere questo compito poiché è necessario possedere un bagaglio di competenze di base che presuppone l’attitudine alle relazioni umane, ad interagire con naturalezza con il prossimo e di stimolarlo ad esprimersi sugli argomenti rilevanti guidando opportunamente la conversazione. Per gli agenti invece da inserire nei contesti avversari come infiltrati sono necessarie rispetto agli altri delle competenze in più. Competenze che possano consentire loro il mimetizzarsi e calarsi completamente nella forma mentis dell’avversario. Per infiltrarsi deve quindi acquisire modi, linguaggi e mentalità simili a quelli dell’avversario e sostenere il peso emotivo della “recita” senza logorarsi psicologicamente e sopportando marcati livelli di stress.
Gli agenti operativi sotto copertura devono muoversi liberamente nel territorio dell’avversario ed avvicinare persone che possono assumere il ruolo di fonti, cioè di informatori reclutati, vale a dire delle persone che, adeguatamente ricompensate, forniscono periodicamente le informazioni necessarie. Una fonte reclutata è una persona del campo avversario consapevole del ruolo che svolge e delle regole di sicurezza che devono essere osservate per non far correre rischi né all’agente operativo che lo ha reclutato né a se stesso. Oltre alle fonti regolarmente reclutate possono esserci delle altre persone, delle fonti occasionali, che possono fornire delle informazioni utili senza essere consapevoli della realtà della persona con cui stanno parlando e della finalità degli argomenti che nella conversazione più o meno occasionale vengono affrontati.
Un discorso a parte merita lo Humint militare che può arrivare a comprendere anche l’interrogatorio del prigioniero militare o di persone catturate a vario titolo e varia motivazione e che non hanno lo status di militari (quindi non protette dalle Convenzioni di Ginevra), come ad esempio gli “insorgenti” o i terroristi. Prigionieri da cui è importante acquisire delle informazioni o capire che cosa sanno a proposito degli argomenti di interesse militare o legate alla sicurezza in ambito criminale.
Gli obiettivi dello Humint – l’obiettivo del contatto o dell’interazione con le fonti umane dell’avversario è acquisire informazioni sia su quello che loro sanno, o possono venire a sapere dai loro contatti o dalle loro amicizie, che sul loro profilo psicologico. Il possibile profilo psicologico che emerge dall’interazione verrà poi valutato dagli analisti, i quali indicheranno come trattarlo e che cosa ci si può aspettare dall’interazione con lui. Vengono richieste quindi all’agente operativo anche delle capacità psicologiche come quelle dell’osservazione e dell’ascolto per estrapolare dalla mimica, dalla gestualità, dalla postura e dalle risposte della fonte anche l’ulteriore informazione dell’attendibilità di quello che sta dicendo. Non è facile creare una rete di contatti in grado di assicurare un flusso costante di informazioni, sono richiesti non solo abilità psicologiche ma anche pazienza, perseveranza, costanza e l’ulteriore abilità di gestire i possibili conflitti con la fonte e di riuscire a manipolarla senza rendere evidente il condizionamento.
Gli ambiti applicativi – gli ambiti di interesse dello Humint possono essere tutti quegli ambiti in cui l’acquisizione delle informazioni è essenziale per la sicurezza e per assumere delle decisioni efficaci nei campi strategici ed operativi connessi con la protezione degli interessi istituzionali. E questo vale sia in ambito militare che economico, scientifico, politico, aziendale e sociale. Lo Humint viene praticato quindi sia in ambito intelligence istituzionale (come le attività delle Agenzie per l’Informazione e la Sicurezza Interna ed Estera) che in ambito economico (come la businnes intelligence), aziendale (come la competitive intelligence), sociale (come l’intelligence investigativa) e scientifica (come la medical intelligence).
I metodi – i metodi messi in atto dal personale dello Humint per raggiungere il loro scopo possono andare da quelli “soft” come l’attaccare bottone con una persona del campo avversario e parlare inizialmente del tempo, poi del più e del meno, per poi scivolare gradualmente e naturalmente verso gli argomenti che rappresentano l’obiettivo informativo, fino a quelli più “hard” come gli interrogatori, anche con l’applicazione di manipolative pressioni psicologiche o “fastidi” fisici. Anche nel campo degli interrogatori militari le attuali conoscenze impongono l’utilizzo di tecniche psicologiche di suggestione e persuasione alla collaborazione in luogo di qualsivoglia pressione fisica o violenza. I “fastidi” possono al massimo creargli dei bisogni fisiologici che l’interrogante può utilizzare per indurlo alla collaborazione.
La formazione del personale Humint – non tutto il personale in servizio è in grado di mettere in atto i metodi richiesti senza una specifica formazione ad hoc. La formazione prevede un iniziale obiettivo formativo rappresentato dall’acquisizione di conoscenze sulla psicologia della comunicazione, in modo particolare delle tecniche della Pnl, cioè della Programmazione neuro linguistica, per poi passare all’obiettivo formativo del saper essere e del saper fare, realizzato attraverso ore ed ore di interpretazione di ruoli e personaggi in simulazioni di situazioni interpersonali, come ad esempio il “role playing” .
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Il “Role playing nella formazione
del personale Hunimt

Il Role playing (letteralmente “giocare un ruolo”) è uno strumento di formazione in cui si crea la simulazione di una situazione, di un evento, di una messa in scena. Coinvolge i partecipanti ad immedesimarsi in una persona, a vestirne i panni ed ipotizzare soluzioni. I concetti di base di questa tecnica formativa sono i seguenti:
a.gli obiettivi – gli obiettivi del Role playing sono quello di pervenire all’acquisizione di un comportamento finalizzato al raggiungimento dell’obiettivo. Non basta sapere che cosa è necessario fare, bisogna saperlo fare e saper interpretare il ruolo giusto. Per le attività connesse con lo Humint il Role playing svolge diverse funzioni: addestrare – dare istruzioni su come condurre una interrelazione asimmetrica; selezionare – le modalità comportamentali più efficaci nei possibili scenari di impiego; formare – sviluppare nella persona le potenzialità della creatività e dell’improvvisazione.
b.le fasi – l’addestramento pratico al Role playing viene effettuato in quattro fasi: “warming up” – fase iniziale in cui i partecipanti vengono scaldati attraverso la presentazione di sé o il coinvolgimento in una scena improvvisata; azione – simulazione di scenari e situazioni oggetto della formazione e dell’addestramento; “cooling off” – fase di raffreddamento in cui viene chiesto alla persona di spiegare ed analizzare quanto ha prodotto e messo in atto nell’azione; analisi – fase in cui viene chiesto ai partecipanti un commento o una valutazione critica su quanto ha osservato e compreso.
c. saper fare – saper essere - permette l’apprendimento attivo di competenze professionali fondate sul contatto interpersonale, sulla conduzione di colloqui più o meno informali e sulla gestione delle diversità culturali ed antropologiche con l’interlocutore. Viene simulata un’esperienza a scopo formativo ed addestrativo, lasciando ai partecipanti un ampio margine di libertà nella scelta dei comportamenti da assumere.
d. “come se” – durante il Role playing si sviluppa una dimensione protetta del “come se”. Si sperimentano le proprie capacità senza temere le conseguenze di eventuali errori. Si apprendono nuove competenze e si identificano gli aspetti personali che influenzano le dinamiche relazionali.
e. agire in gruppo - attraverso l’agire insieme ed il confronto tra i partecipanti si accresce la consapevolezza sia su di sé che sulle dinamiche relazionali di gruppo. Si migliorano le proprie capacità di interazione e di comunicazione. Le conoscenze sono prodotte attraverso l’esperienza diretta e permangono nella memoria del partecipante.
Ogni partecipante, interpretando diversi ruoli all’interno del gruppo, comprende meglio il proprio modo di relazionarsi, amplificando i possibili ruoli da interpretare. Comprende meglio le dinamiche di gruppo ed amplifica il range delle possibili risposte agli stimoli esterni. Ogni partecipante quindi, attraverso l’esperienza diretta, non dimentica quello che apprende.

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