In Spagna la bambola
con la sindrome di down
va a ruba. E piace anche in Italia.
A pochi giorni dalla sua nascita fa già parlare di sé. Si chiama Baby Down ed è la prima bambola con i tratti somatici di un bambino affetto dalla sindrome di down, disponibile nella versione maschile e femminile. Costa 25 euro, tre dei quali vanno alla “Fundaciòn Down Espagña”, un’associazione non governativa che riunisce le istituzioni spagnole impegnate a migliorare la qualità di vita delle persone con Trisomia 21. Nata dalla sinergia di questa ong e la casa produttrice di giocattoli “Super Juguete”, la bambola ha subito incontrato il favore dei consumatori, tanto che le 3000 bambole della prima serie sono già state tutte prenotate. Scopo dell’operazione, oltre ad incrementare i fondi della fondazione, sarebbe quello di favorire l’integrazione nella società delle persone affette da questa alterazione cromosomica. Il bambolotto, in realtà, non ha niente di particolare; sono appena percettibili alcuni tratti caratteristici di un neonato affetto da questa sindrome, come le dita leggermente separate e la lingua un po’ all’infuori. Affinché i più piccoli conoscano le necessità delle persone con Trisomia 21, la bambola è accompagnata da un libretto informativo che spiega in maniera semplificata le attività per lo sviluppo di questi bambini. Baby Down, infatti, non è concepita solo per i piccoli affetti dalla sindrome, che possono giocare con una bambola che somiglia loro, ma soprattutto per tutti gli altri bambini, che conoscono questo problema e ne hanno paura. In un comunicato diramato dall’Azienda produttrice si legge che Baby Down è una bambola molto speciale, perché necessita delle cure del suo piccolo proprietario, che giocandoci imparerà a considerare i suoi coetanei con la sindrome di Down uguali a lui. In tal modo, si mira alla normalizzazione dell’idea della malattia, perché i bambini di oggi, che sono gli adulti di domani, possano costruire una società più giusta e senza pregiudizi nei confronti della diversità.
La Baby Down non ha conquistato solo il mercato spagnolo, ma anche numerose associazioni italiane, che con maggiore o minore entusiasmo considerano l’iniziativa un efficace strumento di conoscenza. E’ piaciuta a Letizia Pini, presidente dell’Associazione Genitori e Persone Down (Agpd), che riconosce l’importanza del gioco nella formazione dei bambini e nella sensibilizzazione di una società che vede considera la Sindrome di Down qualcosa di brutto da evitare attraverso la diagnosi prenatale. La bambola, inoltre, può aiutare i genitori di bambini con Trisomia 21 ad accettare la condizione dei propri figli. Per di più, può essere utile nella prevenzione di fenomeni come il bullismo; del resto, qualcosa di simile era accaduto con l’introduzione di bambole nere per favorire la multietnicità. Meno entusiasta è l’Associazione italiana persone down (Aipd), che considera la bambola solo un primo passo verso l’integrazione, non la panacea di tutti mali; la bambola da sola non risolve il problema, perché la vera integrazione passa per l’incontro tra nel persone, nei banchi di scuola, nelle piscine e nei parchi. Positiva la reazione dell’Associazione genitori bambini down, che considera l’iniziativa utile per una corretta informazione; questa è alla base dell’inserimento nella vita sociale di queste persone, che hanno doti e aspettative che vanno tutelate attraverso il riconoscimento di diritti fondamentali come quello dello studio, dello sport e del divertimento. Anche Edoardo Censi, presidente dell’Associazione Vividown, si dichiara soddisfatto di questa trovata, a costo, però, che si scongiuri ogni forma di pietismo, come era accaduto anni fa per uno spot dell’Otto per Mille, che l’associazione aveva fatto ritirare perché faceva apparire i ragazzi disabili eterni bambini. La speranza è che questa iniziativa spagnola non contribuisca a mostrare i ragazzi down come eterni bambolotti.
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