L’episodio della signora Giovanna Reggiani, seviziata e massacrata sino alla morte a Roma, suscita orrore e sdegno. Il sangue, il dolore, la paura degli italiani facciano riflettere anche chi ha gestito in questi ultimi otto anni il “sistema sicurezza”.
Hanno disperso con arrogante approssimazione i valori professionali, democratici e civili della legge 121/81 nata dal coinvolgimento nei tremendi anni dell’aggressione terroristica di tutte le forze sociali, politiche, sindacali, senza distinzione di ideologia. I nuovi Ministro dell’Interno e Capo della Polizia stanno evidenziando la carenza di personale e di fondi in cui operano le Forze dell’ordine. Ma il problema non è di oggi. A nessuno poteva sfuggire la problematica “globalizzazione” con gli inevitabili riflessi sociali, culturali, antropologici e anche criminogeni per il nostro Paese più esposto di altri a massicci e variegati flussi migratori. Perché allora e da chi in questi anni é stato indebolito con una gestione ben più attenta a cordate, ambizioni, malintesa competizione tra le Forze di polizia, proprio il “settore della sicurezza” con provvedimenti contraddittori ignorati dall’opinione pubblica?
Esempio: un recente decreto legislativo ha messo in “pensione anticipata obbligatoria” (si badi bene, non a domanda) centinaia di funzionari di Polizia con un prezioso bagaglio di esperienze nella lotta a terrorismo, criminalità diffusa e organizzata a livello nazionale e internazionale, traffici sull’emigrazione clandestina, droga, riciclaggio. Non solo ma ne ha ridotto strutturalmente per sempre l’organico per il futuro. Ciò in assurda controtendenza con quanto sta avvenendo nel mondo del lavoro e mentre tanto si discute di “scalone” per aumentare l’età pensionabile! Ed oggi paradossalmente si chiedono più tutori dell’ordine; ovviamente da formare! Inoltre il “sistema sicurezza” ha dovuto rinunciare alle migliaia di poliziotti e carabinieri “ausiliari” su cui si contava per coadiuvare gli effettivi già scarsi. E così, le “Volanti” sono diminuite dovunque (a Roma addirittura dimezzate), la manutenzione dei mezzi è ardua, la benzina scarseggia, diversi commissariati (es. quello di S. Antimo, dove un tabaccaio è stato recentemente ucciso) e stazioni dei Carabinieri sono stati chiusi o rischiano di esserlo. Comunque tutti funzionano con organico e orari ridotti ed è un miracolo vedere i decantati “poliziotti di quartiere”.
Il cosiddetto pacchetto sicurezza è un lento ripensamento importante ma rischia di essere solo un alibi di facciata; in queste condizioni persino un aggravamento della macchina operativa se non si interviene in maniera coordinata a livello globale, a 360 gradi, sul delicato e complesso circuito “controllo del territorio-applicazione della legge - certezza della pena - giustizia - vivibilità sociale”. In questo quadro occorre individuare con serietà e coraggio le cause e responsabilità a tutti i livelli di tanta approssimazione nel curare il “bene-sicurezza” come servizio di democrazia effettiva. Chi ha seguito ad esempio i negoziati di allargamento comunitario alla Romania senza porre precise condizioni, non criminalizzanti ma di saggia cautela, circa il problema dei “rom” e dell’emigrazione selvaggia? Chi doveva seguire e curare la vivibilità della fatiscente e buia stazione ferroviaria di Tor di Quinto a Roma? Chi doveva controllare lo squallido ed esplosivo accampamento di rom in quella zona priva di ogni servizio? Ma quante altre zone sono in questa stessa situazione in tante città d’Italia? Quanta gente vive atterrita in silenzio?
I proclami tardivi, le risposte retoriche, le alzate di spalle, gli scaricabarile “destra-sinistra” non bastano più.
Per quel che riguarda la Polizia l’opinione pubblica sappia del sottile processo di controriforma che ha svilito la riforma democratica voluta dalla legge 121/81. In queste condizioni è ancora più grande il ringraziamento verso tutti i “tutori dell’ordine”, a qualsiasi Corpo appartengano, per il quotidiano difficile impegno svolto nell’interesse delle Istituzioni democratiche e della collettività.
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