Il “made in Italy” alimentare gode notoriamente di un grande prestigio internazionale, e va piuttosto bene, ma quello falso, che si avvale abusivamente della sua fama, va ancora meglio: in cifre, 16,7 miliardi di euro il primo, più di 5 miliardi il secondo. Questo inganno globale è stato denunciato da Sergio Marini, presidente della Coldiretti, al Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione di Cernobbio, nell’ottobre scorso. “Le esportazioni di prodotti agroalimentari italiani potrebbero quadruplicare – dice una nota della Coldiretti – se venisse un stopo alla contraffazione alimentare internazionale che è causa di danni economici ma anche di immagine. Il rischio reale è che si radichi nelle tavole internazionali un falso “made in Italy” che toglie spazio di mercato a quello autentico, e banalizza le specialità nostrane frutto di tecniche, tradizioni e territori unici e inimitabili”.
Per evidenziare questo fenomeno, la Coldiretti ha allestito una mostra con più di cento prodotti “italiani” falsi. Si va dal formaggio “Parma”, che nulla ha in comune con il Parmigiano Reggiano, venduto in Spagna, al “Romano”, un sedicente pecorino prodotto con latte di mucca nell’Illinois. E ancora: la “Fontina” danese e svedese; l’“Asiago” e il “Gorgonzola” statunitensi; il “Cambozola” tedesco; la pancetta, la coppa e il prosciutto “Busseto” californiani; i salami “Toscano” e “Milano”; la soppressata “Calabrese”. Tra i simboli della “dieta mediterranea” taroccati troviamo gli oli extravergini di oliva, come il “Pompeian olive oil”, prodotto nel Maryland, e il “Romulo” spagnolo, la pasta (spaghetti “Napoletana”, pasta “Milanesa”, tagliatelle “Milaneza”, dal Portogallo, linguine “Ronzoni”, risotto “Tuscan”, dagli Usa, fusilli tricolore “Di Peppino”, dall’Austria), e i condimenti (“San Marzano”, dagli Usa, “Pomodorini di collina”, dalla Cina, “Salsa bolognese” dall’Australia.
Nell’elenco dei prodotti taroccati si inseriscono anche il “Chianti” della Napa Valley, California, il germanico “Amaretto Venezia”, che nella bottiglia imita quello originale di Saronno, il caffé “Trieste italian roast”, californiano, i biscotti “Stella d’oro”, prodotti nello Stato di New York ma contenuti in un’ingannevole confezione tricolore.
Effettuando un’analisi dei mercati, la Coldiretti ha verificato che negli Stati Uniti, in Australia e in Nuova Zelanda solo il 2% dei consumi di formaggi di tipo italiano sono coperti da prodotti veramente “made in Italy”, per il resto si tratta di imitazioni e falsificazioni. E in Cina i falsi sono arrivati prima dei prodotti autentici.
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